"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

13 luglio 2009

Aggiornamenti da Baghdad (2)

By Baghdadhope

L’interpretazione su ciò che succederà dopo gli ultimi attentati alle chiese di Baghdad e Mosul è uninanime: molti fuggiranno.
A dichiararlo è
Mons. Shleimun Warduni da Baghdad che ammette che gli episodi spaventeranno i cristiani che avranno paura di frequentare le funzioni e che forse lasceranno il paese, ed anche Mons. Louis Sako da Kirkuk che interpreta gli attacchi come un messaggio rivolto anche ai cristiani che il paese lo hanno già lasciato: non farvi ritorno.
La situazione intanto va normalizzandosi nella provincia di Mosul dove alle 14.00 ora irachena il
divieto di entrata ed uscita in auto dai paesi a maggioranza cristiana vicini alla città è stato revocato

Baghdad updates (2)

By Baghdadhope

The interpretation of what will happen after the recent attacks on the churches in Baghdad and Mosul is uninanimous: many of them will flee. To say this is
Msgr. Shleimun Warduni from Baghdad who admits that the episodes will frighten the Christians who will fear attending the functions and perhaps will leave the country, and Msgr. Louis Sako from Kirkuk, who reads the attacks as a message addressed to the Christians who already left the country: do not come back.
Meanwhile the situation is bettering in the province of Mosul, where at 14:00 Iraqi time the
car ban to and from the villages inhabited by a Christian majority near the city has been lifted.

Aggiornamenti da Baghdad

By Baghdadhope

Secondo
una fonte di Baghdadhope a Baghdad tutte le chiese sono attualmente circondate dalle forze di polizia che impedisce alla stampa a visitare i siti degli attentati e, di conseguenza, la copertura delle notizie. Confermato l'incendio della chiesa caldea di Saint Jacob in Dora già attaccata nel 2004 e nel 2007, e l'uso di dinamite e benzina per l'attacco alla chiesa caldea di San Giovanni nello stesso distretto.

Baghdad updates

By Baghdadhope

According to a source of Baghdadhope in Baghdad all the churches are presently surrounded by the police forces who prevent the press to visit the sites of the attacks and consequently the covering of the news.
Confirmed the burning of Saint Jacob Chaldean church in Dora already attacked in 2004 and 2007, and the use of dynamite and gasoline for the attack at Saint John Chaldean church in the same district.

Photos of the Virgin Mary Chaldean church. Baghdad



Church of the Virgin Mary in Baghdad. Palestine Street.


Photo by Fr. Douglas Al Bazi for Baghdadhope



Forse la chiesa a Mosul colpita per errore

By Baghdadhope

Secondo quanto riferito a Baghdadhope da Mons. Philip Najim l'attacco alla chiesa di Mosul potrebbe essere il frutto in realtà di un attacco alla vicina moschea.
Secondo quanto Padre Amer Youkhanna, sacerdote dell'Arcidocesi di Mosul attualmente a Roma che ha parlato con una fonte di Mosul, ha riferito a Baghdadhope la bomba è stata intenzionalmente posta tra la chiesa siro cattolica e la vicina moschea sciita per colpire entrambi gli edifici senza lasciare tracce di quale dei due fosse il vero bersaglio. Padre Youkhanna ha anche riferito che le forze di polizia di Mosul hanno avvertito le chiese, i monasteri ed i conventi della città di alzare la guardia in vista di possibili attacchi.
L'altalenare delle notizie dimostra come la situazione sia ancora molto tesa.

Maybe the church in Mosul hit by mistake

By Baghdadhope

According to what referred to Baghdadhope by Msgr. Philip Najim the attack to the church in Mosul could be the result of an attack to the nearby mosque.
According to what Father Amer Youkhanna, priest of the Archdiocese of Mosul presently in Rome who talked to a source in Mosul, told to Baghdadhope, the bomb was placed intentionally between the Syriac Catholic church and the Shia mosque to damage both the buildings without leaving precise traces of which of the two was the target. He referred too that the Iraqi police forces in Mosul warned the churches ,monasteries and convents of the city to be careful due to the danger of attacks.
The swing of the news shows how the situation is still very tense.

Gli attacchi alle chiese di Baghdad sono iniziati già sabato. Una chiesa colpita anche a Mosul.

By Baghdadhope

"La chiesa caldea di Saint George, nel quartiere di Ghadeer, è stata attaccata sabato con una granata stordente, una bomba sonora che non produce danni ma un fortissimo spavento causato dall'enorme rumore prodotto. Gli altri attacchi sono avvenuti invece ieri."
Così Padre Douglas Al Bazi ha spiegato a Baghdadhope un conto che non tornava
Secondo le agenzie di stampa le chiese attaccate sono 6 ma ad un confronto tra Padre Douglas e Baghdadhope risultavano essere 9, per la precisione 6 chiese caldee e tre siro ortodosse tra Baghdad e Mosul:
Saint George (Ghadeer)
Saint Joseph Patron of Labourers (Nafaq al-Shorta)
Saint Jacob (Hay al-Asia - Dora)
Sacred Hearth of Jesus (Garage Amane)
Virgin Mary (Palestine St.)
Saint John (Dora)
Saints Peter and Paul (Al Sinaa St.)
Saint Matti (Ghadeer)
Chiesa siro ortodossa a Mosul

Il fatto che il primo attacco sia avvenuto sabato non fa che rendere la situazione ancora più grave. Non importa che tipo di ordigno sia stato usato. In questi casi come in altri quando, ad esempio, le chiese furono attaccate durante la notte, lo scopo non è uccidere quando diffondere il terrore. I morti sono, e dispiace dirlo, "effetti collaterali" di un piano che non mirava specificatamente alla loro vita ma alla sopravvivenza della comunità.
L'ultimo bilancio comunque è di tre morti, due giovani cristiani ed una bambina musulmana, colpiti nell'attacco alla chiesa di Palestine St. e di circa 20 persone ferite nella stesso attacco. Per quanto riguarda le altre chiese non sono riferite perdite ma danni ancora da valutare mentre non ci sono altre notizie sulla chiesa di Mosul.
Il Patriarca della chiesa caldea, Mar Emmanuel III Delly, al momento degli attacchi era ad Amman per poi volare ad Erbil nel Kurdistan iracheno. In varie interviste a televisioni irachene come Al Iraqiya ed Al Sharqiya ha deplorato gli avvenimenti appellandosi alla tolleranza del popolo iracheno verso i fratelli cristiani, cittadini dello stesso stato.
Baghdadhope si terrà in contatto con l'Iraq per riferire notizie più dettagliate.
Per quanto riguarda la chiesa attaccata a Mosul Padre Rayan P. Atto, parroco della chiesa di Mar Qardagh ad Erbil, ha riferito a Baghdadhope che si tratta di una chiesa siro cattolica dedicata alla Vergine di Fatima, che ci sono stati solo danni materiali, ma anche che è difficile confermare la notizia perché è per ora impossibile contattare i sacerdoti a Mosul, e perché il paese di Qaraqosh, vicino a Mosul, dove la maggioranza della popolazione è siro cattolica è stato chiuso a contatti esterni per ragioni di sicurezza.

Attacks to the churches in Baghdad began on Saturday. A church attacked also in Mosul.

By Baghdadhope

"The Chaldean church of Saint George, in the district of Ghadeer, was attacked on Saturday by a stunning grenade, a sound bomb that did not cause victims but spread the panic caused by the huge noise produced. The other attacks occurred yesterday."
So Father Douglas Al Bazi explained to Baghdadhope an incongruity in the reports of the attacked churches. According to many news agencies the churches are 6 but a comparison beteween Father Douglas and Baghdadhope reached the number of 9 between Chaldean (6) and Syriac Orthodox (3) in Baghdad and Mosul:
Saint George (Ghadeer)
Saint Joseph Patron of Laborers (Nafaq al-Shorta)
Saint Jacob (Hay al-Asia - Dora)
Sacred Heart of Jesus (Garage Amane)
Virgin Mary (Palestine St.)
Saint John (Dora)
Saints Peter and Paul (Al-Sinaa St.)
Saint Matti (Ghadeer)
An unknown Syriac Orthodox church in Mosul
The fact that the first attack happened on Saturday worsens the situation. No matter what type of bomb was used. In these cases as in others, for example when the churches were attacked during the night, the purpose is not to kill but to spread terror. The deaths are, sorry to say, "collateral effects" of a plan not intended specifically to take their lives but to the survival of the community. The last news, however, is of three killed, two young Christian boys and a Muslim girl, and about 20 wounded in the attack to the church of Palestine St.
As for the other churches in Baghdad are not reported killed or wounded persons but damages still to be assessed while there are no other news about the church in Mosul.
The Patriarch of the Chaldean church, Mar Emmanuel III Delly, at the time of the attacks was in Amman before flying to Erbil in Iraqi Kurdistan. In several interviews with Iraqi television such as Al Iraqiya and Al Sharqiya he regretted the events appealing to the tolerance of the Iraqi people toward the Christian brothers, citizens of the same state.
Baghdadhope will keep in contact with Iraq to report more detailed news. As for the church attacked in Mosul Father Rayan P. Atto, parish priest of Mar Qardagh church in Erbil, told to Baghdadhope that it is a Syriac Catholic church dedicated to the Virgin Fatima, that there have been only material damages but also that it is difficult to confirm the piece of news because it is by now impossible to contact the priests in Mosul and because the village of Qaraqosh, near to Mosul, where the majority of the population is Syriac Catholic has been closed to external contacts for security reasons.

Msgr. Najim (Rome): "They aim to make Christians disappear from Iraq"

By Baghdadhope

"There are no doubts, this is an attack aiming to make Christians disappear from Iraq."
These are the words with which Msgr. Philip Najim, Procurator of the Chaldean Church to the Holy See, described the series of attacks that yesterday hit 6 churches in Baghdad, causing two deaths and dozens of wounded according to the first unofficial reports.
In a statement issued to Baghdadhope Msgr. Najim said that "hitting the places of worship after the celebrations on Sunday afternoon proves that whoever is the culprit is someone who has no God, someone who does not respect the human being as a creature of God, the God of all religions."
Monsignor Najim, why? Why attacking the churches following the same pattern used other times as in the attack of August 1, 2004? Combined attacks on Sunday and after the functions?
"It is clear that these attacks are not related to episodes of resistance against an invader, but to a violent process aiming to slow the development of the country, its peace. They want a weak and underdeveloped Iraq that with the disappearance of its Christian component looses an important part of the society to which Christians always contributed by their knowledge and their stabilizing function."
Who wants such a weak Iraq?
"I repeat once again and I am sure. These are dark forces coming from outside the country. It is not the work of Iraqis. These forces, hitting the places of worship, attacked the religion itself, and not only the Christian one. They want to destroy the tolerance in the country bringing a climate of mutual suspicion and they also want to destroy the image of Iraq in international public opinion."
Is another flight of Christians from Baghdad expected as it was in 2004?
"Absolutely. It will begin very soon."
And where will they go? The international community will not be able or willing to accept them all, escaping to neighboring countries has shown over the years to be nothing but a flight toward the slow agony of waiting for a visa to the West that in most cases will never arrive. Maybe many will flee to Kurdistan .. "
"Maybe. In any case, the ideal solution is not Kurdistan. It's true, new villages have been built to accommodate the Christian refugees, but they are nothing more than houses in the middle of anything. There are no infrastructures - no schools, no hospitals, no economy - there was not an organic plan to welcome and integrate them. Iraqi Christians who lived their entire lives in the cities were suddenly turned into peasants without knowing that job."
And then? What would be the solution?
"In a democracy citizens must be protected by the state. The Iraqi Christian is vulnerable because it is not protected. We don't need other empty promises by the government that is unable to guarantee the security without which democracy is just a beautiful word. And this is applied to all ethnic and religious componentes of the country."
Monsignor Najim, the premise that the government has a duty to protect all its citizens is right. The events of recent weeks in Baghdad, Kirkuk, Tell Afar shows a serious flaw in the "system Iraq" but in this case, targeted and concerted attacks not attributable to suicide actions, against a now small minority what should the government do to make it feel less vulnerable?
"I recall that even as part of a minority the Iraqi Christians are in fact citizens of the country. At this point it is necessary for the government to create and make operational a system of intelligence capable of discovering the perpetrators of these criminal and inhuman acts and bring them to justice. Only in this way the Christian community, but in reality the Iraqi in general, will be aware of the government existance and will gain confidence in it. I repeat, there is no democracy without security."

The conviction of Monsignor Najim on the guilt of external forces in case of the attacks is not shared by all. According to a source of Baghdadhope who asked - for obvious reasons related to security - to maintain anonymity, another plot can be read.
As in the case of the terrorist attacks of 2004 that gave way to the flight of Christians to benefit from it would be the Kurdish Regional Government. (KRG) On June 24 the parliament of the KRG overwhelmingly approved the draft constitution that had to be approved by referendum on July 25 in conjunction with the parliamentary and presidential elections. A constitution that has found a fair contrast among the MPs of the central government who object the Kurdish attempts to annex some areas of still disputed areas among which there are some villages in the Nineveh Plain. The Kurdish constitution, for the disposal of the Independence High Electoral Commission will not be voted on by referendum on July 25, and the Kurdish parliament on July 9 agreed to postpone it to a date to be decided. Yet sooner or later the constitution will be approved.
According to the theory exposed to Baghdadhope if thousands of Christians should again flee to Kurdistan, and one day be called to approve or repeal the constitution, the gratitude toward who offered them hospitality in the moment of maximum danger could lead to the annexation of the disputed territory of the Nineveh Plain to Kurdistan. If it is true - as Msgr.Najim said- that life in Kurdistan is not a paradise, it might be equally true that among the Iraqi Christians called to vote not political but practical reasons related to their personal safety could prevail.
Not to mention that many Christians would again become cheap labour forces in the explosive economy of the 'other Iraq' as Kurdistan defines itsself, and that the Kurdish hospitality copuld "refresh" the image of Kurdistan as a land of tolerance and generosity, so precious towards the outside but undermined by accusations of disrespect for human rights, rampant corruption and absolutism.

12 luglio 2009

Mons. Najim (Roma): "Mirano a far sparire i cristiani dall'Iraq"

By Baghdadhope

"Non c'è dubbio, questo è un attentato che mira a far sparire i cristiani dall'Iraq."
Sono queste le parole con le quali Mons. Philip Najim, Procuratore della Chiesa Caldea presso la Santa Sede, ha descritto la serie di attentati che ieri hanno colpito 6 chiese a Baghdad causando due morti e decine di feriti secondo le prime stime non ufficiali.
In una dichiarazione rilasciata a Baghdadhope Mons. Najim ha sottolineato come "il colpire i luoghi di culto dopo le celebrazioni della domenica pomeriggio è prova del fatto che chiunque sia stato è un senza Dio, qualcuno che non rispetta l'essere umano in quanto creatura di Dio, il Dio di tutte le religioni."
Perchè Mons. Najim? Perchè attaccare le chiese con uno schema identico a quello usato già altre volte come negli attacchi del 1 agosto 2004? Attacchi combinati, di domenica e dopo le funzioni?
"E' chiaro che non si tratta di episodi legati alla resistenza contro un invasore ma di un processo violento che mira a rallentare lo sviluppo del paese, la sua pacificazione. Si vuole un Iraq debole, sotosviluppato, che con la scomparsa della sua componente cristiana perderebbe una parte importante della società cui sempre i cristiani hanno contribuito con il loro sapere e la loro funzione stabilizzatrice."
Chi vuole un Iraq così?
"Lo ripeto ancora una volta e ne sono certo. Si tratta di forze oscure esterne al paese. Non è opera di iracheni. Queste forze, colpendo i luoghi di culto, hanno per prima cosa attaccato la religione in sè, e non solo quella cristiana. Hanno mirato a distruggere la tolleranza riportando nel paese un clima di reciproco sospetto ed hanno anche mirato a distruggere l'immagine dell'Iraq presso l'opinione pubblica internazionale."
Come nel 2004 è prevedibile un'ennesima fuga dei cristiani da Baghdad?
"Certamente. Inizierà domani mattina."
E dove andranno? La comunità internazionale non potrà ne vorrà accoglierli tutti e la fuga nei paesi limitrofi ha dimostrato in questi anni di essere null'altro che una fuga verso la lenta agonia dell'attesa di un visto verso l'occidente che nella maggior parte dei casi non arriverà mai. Forse molti fuggiranno in Kurdistan..
"Forse. In ogni caso anche la soluzione Kurdistan non è ideale. E' vero, sono stati costruiti nuovi villaggi per accogliere i profughi cristiani ma sono solo case in mezzo al nulla. Non ci sono infrastrutture - niente scuole, niente ospedali, niente economia - non è stato elaborato un progetto organico per accoglierli ed integrarli. Iracheni cristiani che hanno vissuto tutta la propria vita professionale nelle città si sono ritrovati improvvisamente trasformati in contadini senza saperlo fare."
Ed allora? Quale sarebbe la soluzione?
"In una democrazia i cittadini devono essere protetti dallo stato. L'iracheno cristiano è vulnerabile perchè non è protetto. Non ci bastano più le promesse del governo che è incapace di garantire la sicurezza senza la quale la democrazia è solo una bella parola. E questo vale anche per tutte le componenti del paese, etniche e religiose."
Mons. Najim, la premessa che il governo abbia il dovere di proteggere tutti i suoi cittadini è giusta. Gli attentati delle ultime settimane a Baghdad, Kirkuk, Tell Afar dimostrano una falla gravissima nel sistema Iraq ma in questo caso, attentati mirati e concertati non attribuibili ad azioni suicide, contro una ormai esigua minoranza cosa dovrebbe fare il governo per farla sentire meno vulnerabile?
"Voglio ricordare che per quanto minoranza gli iracheni cristiani sono a tutti gli effetti cittadini del paese. A questo punto è necessario che il governo crei e renda effettivamente operativo un sistema di intelligence in grado di scoprire i colpevoli di questi atti criminosi ed inumani ed assicurali alla giustizia. Solo così la comunità cristiana, ma in realtà l'iracheno in genere, saprà che un governo esiste e potrà acquistare fiducia in esso. Lo ripeto, non c'è democrazia senza sicurezza."

La convinzione di Mons. Najim sulla colpevolezza di forze esterne al paese nel caso degli attentati non è però condivisa da tutti. Secondo una fonte di Baghdadhope dall'Iraq che ha chiesto - per ovvie ragioni legate alla sicurezza - di mantenere l'anonimato, un'altra trama sarebbe intravedibile. Come nel caso degli attentati del 2004 che diedero il via alla fuga dei cristiani anche questa volta a beneficiarne potrebbe essere il governo regionale curdo. (KRG)
Lo scorso 24 giugno il parlamento del KRG ha approvato a schiacciante maggioranza la bozza di costituzione che avrebbe dovuto essere approvata per referendum il prossimo 25 luglio in concomitanza con le elezioni parlamentari e presidenziali. Una costituzione che ha trovato una fiera opposizione tra i parlamentari del governo centrale che si oppongono al tentativo curdo di annettere alcune zone geografiche contese tra le quali ci sono alcuni villaggi della Piana di Ninive. La costituzione curda, per disposizione dell'Indipendent High Electoral Commission non sarà votata per referendum il 25 luglio e lo stesso parlamento curdo riunito in sessione straordinaria il 9 di luglio ha accettato obtorto collo di posporla a data da destinarsi.
Eppure prima o poi quella costituzione dovrà essere approvata.
Secondo la teoria esposta a Baghdadhope se migliaia di cristiani dovessero nuovamente affluire in Kurdistan, e venissero un giorno chiamati ad approvarla o ad abrogarla, la gratitudine verso chi ha offerto loro ospitalità nel momento di massimo pericolo potrebbe favorire l'annessione del territorio conteso della Piana di Ninive al Kurdistan. Se è vero - come ha dichiarato anche Mons. Najim - che la vita in Kurdistan non è un paradiso potrebbe essere altrettanto vero che gli iracheni cristiani potrebbero far prevalere al momento del voto non considerazioni politiche ma quelle più pratiche legate alla sicurezza personale.
Senza contare che nuovamente molti cristiani diventerebbero comoda forza lavoro a buon mercato nell'esplosiva economia dell'"altro Iraq" come il Kurdistan definisce se stesso, e che la loro accoglienza "rinfrescherebbe" l'immagine del Kurdistan terra di tolleranza e generosità tanto preziosa nei confronti dell'estero ma minata da accuse di non rispetto dei diritti umani, di corruzione dilagante ed assolutismo.

9 luglio 2009

La Costituzione dell’Iraq e le minoranze non islamiche: il caso della comunità cristiana


Tratto dal numero 2/2009 della "Rivista di Studi Politici" dell'Istituto di Studi Politici "S.PioV°" (Roma)

di Fausto Fasciani

Arabi e curdi al momento della caduta di Saddam Hussein
La caduta di Saddam Hussein, avvenuta nel 2003, provoca una situazione di forte rivolgimento: molti leader rientrano in patria dall'esilio e nascono nuove formazioni politiche nelle quali l'elemento religioso è preponderante. Il tutto sotto lo sguardo e con l'aiuto interessato dei paesi confinanti, in primis l'Iran che più ha potuto giovare delle conseguenze dell'invasione anglo-americana dell'Iraq. Il vero elemento di novità è costituito dall'irrompere sulla scena politica della maggioranza sciita (63% della popolazione) al cui interno spicca da subito la figura dell'anziano leader l'ayatollah Ali Al Sistani che sotto il regime di Saddam ha passato lunghi anni agli arresti. Al Sistani rispetta la separazione tra religione e politica e, da subito, adotta una posizione conciliante nei confronti della colazione anglo-americana attirandosi così la dura contestazione dei leader radicali come il giovane Moqtada Al Sadr. Gli sciiti, vessati da Saddam, costituiscono la parte della popolazione più povera e sono concentrati nelle periferie cittadine (come Sadr City a Baghdad) e nelle zone agricole del Sud. Dal canto suo la comunità sunnita, la stessa dalla quale proveniva il Raìs, rappresenta un terzo della popolazione. I sunniti, la "borghesia" irachena, hanno formato l'ossatura politico-amministrativa del regime baathista e per questo si trovano nella difficile condizione di dover affrontare la rabbiosa rivalsa sciita. All'interno dei sunniti spiccano il Partito Islamico dell'Iraq che si ispira all'ideologia dei Fratelli Musulmani e l'Associazione del Clero sunnita che ha mantenuto i rapporti tra le forze anglo-americane e le organizzazioni terroristiche legate ad Al Qaeda che, in un primo momento, insieme ai gruppi radicali wahabiti, s'infiltra nella comunità sunnita per poi venirne espulsa dalla stessa. I rapporti tra le due grandi famiglie dell'Islam sono stati sempre conflittuali, ma, all'inizio, proprio sul terreno della contrarietà al permanere degli eserciti occidentali sul territorio nazionale e sull'introduzione della shari'a, la legge coranica si registra una saldatura tra i gruppi estremistici delle due comunità musulmane. I curdi, dal canto loro, si dividono al loro interno tra il Partito democratico del Kurdistan di Massoud Barzani e l'Unione Patriottica del Kurdistan guidato dall'attuale capo di Stato iracheno Jalal Talabani. Entrambe le formazioni sono d'impronta nazionalista ed hanno come programma l'autonomia, se non l'indipendenza, del Kurdistan. Al Qaeda è presente anche all'interno della componente curda tramite l'organizzazione Ansar al-Islam. Dal punto di vista religioso la stragrande maggioranza dei curdi è islamica sunnita, ma non mancano anche i cristiani ed alcune piccole comunità ebraiche. Comunque, il tratto comune a tutti gli iracheni è forte il sentimento nazionalista(1) che vuole una nazione indipendente.
Il processo di formazione della Costituzione
L'attuale Carta fondamentale dello Stato iracheno è stata preceduta dalla costituzione provvisoria(Transitional Administrative Law)(2) che, nata da un accordo consensuale tra gli anglo-americani e l'ayatollah Al Sistani, non ha goduto di largo consenso anche a causa di due nodi presenti anche nella Carta attuale: l'assetto amministrativo dell'Iraq per il quale si è scelta la forma federale e la libertà religiosa. Nel gennaio 2005 si tengono le elezioni nazionali per la costituzione di un governo provvisorio e dell'assemblea costituente. I lavori preparatori della commissione incaricata della stesura della Costituzione composta da circa settanta membri rappresentativi dei diversi gruppi parlamentari sono molto complessi e travagliati anche dall'uccisione di tre membri sunniti. All'avvio dei colloqui le diverse parti in causa si scontrano su una serie di problematiche quali lo status del Kurdistan iracheno, la ripartizione delle ricchezze petrolifere del paese e, di nuovo, i rapporti tra le religioni e lo Stato. In materia religiosa gli sciiti si dividono in due grandi gruppi: da una parte c'è chi, come il Consiglio superiore della Rivoluzione Islamica, sostiene l'idea di una "repubblica federale islamica" mentre dall'altra i leader come il premier Jafaari ed il suo predecessore Allawi, appoggiati da Al Sistani, ritengono dare uno spazio importante, ma non preminente all'Islam. Questi ultimi ritengono che l'islam sciita è compatibile la libertà religiosa a patto che siano garantiti alcuni valori islamici di carattere morale. L'altro grande gruppo religioso islamico, i sunniti, frammentato dal punto di vista politico, osteggia il federalismo in quanto ritiene che questo rafforzerebbe curdi e sciiti che, all'interno di zone autonome ricche di pozzi petroliferi come Kirkuk e Bassora, godrebbero degli introiti dell'oro nero e aprirebbe la strada alla repubblica islamica, ipotesi quest'ultima, contrastata anche dai cristiani. Il 2005 è un anno fondamentale per l'avvio del processo istituzionale iracheno. Il 30 gennaio, come già accennato, si svolgono le elezioni legislative che vedono la mancata partecipazione dei sunniti e la vittoria della lista sciita dell'ayatollah Al Sistani che conquista la maggioranza assoluta con 140 seggi su 275 seguita dall'alleanza dei partiti curdi con 75 seggi. I cristiani divisi in varie formazioni si assicurano solo sei seggi. Shlimoun Warduni, vescovo ausiliare caldeo di Baghdad così commenta il risultato elettorale "Le elezioni hanno mostrato la speranza degli iracheni in un Governo stabile e democratico, dotato di una Costituzione che garantisca i diritti di tutti". Il Parlamento il successivo 28 agosto approva il testo finale della Costituzione senza alcun dibattito a causa delle pressioni degli occupanti. Un mese prima Paul Wolfowitz, allora vicesegretario alla Difesa dell'amministrazione Bush era stato perentorio: "non vogliamo ritardi. Gli iracheni dovranno fare i compromessi necessari e farseli andare bene".(3) La Carta prevede che l'Iraq sia una repubblica parlamentare e federale. Il testo non ottiene l'appoggio della componente sunnita che, contraria al federalismo, non si reca il successivo 15 ottobre alle urne per il referendum di ratifica.
I principi costituzionali in materia di tutela delle minoranze e di libertà religiosa
Nel preambolo si fa riferimento all'eredità laica e religiosa della nazione, erede della Mesopotamia definita "patria degli apostoli e dei profeti, la dimora degli imam puri". Nell'art. 3 si afferma che l'Iraq "parte del mondo islamico" è molteplice per le sue nazionalità, religioni e confessioni. L'art. 4 definisce ampi diritti per le minoranze etniche, specialmente per i curdi. Sia l'idioma curdo che quella arabo diventano le lingue ufficiali e dovranno comparire sui documenti pubblici, banconote, francobolli e passaporti. I bambini delle minoranze turcomanna, assira ed armena potranno studiare le loro lingue nelle scuole pubbliche. L'articolo 122 aggiunge che la Costituzione garantisce i diritti amministrativi, politici culturali ed educativi delle stesse nazionalità. Per quanto attiene alla materia religiosa l'art. 2 istituisce l'Islam come religione ufficiale di Stato e fonte primaria della legislazione, ma non unica avvicinando così la Carta irachena a quella di paesi laici come Egitto, Tunisia e Siria. Il medesimo articolo, però, sancisce che nessuna legge può contraddire le "costanti dei precetti dell'Islam". Quindi se da una parte l'Islam non è considerato come unica fonte di diritto così come volevano gli sciiti radicali e i sunniti vicini ai circoli wahabiti, dall'altra si rinvia il problema della costituzionalità delle leggi ordinarie al Parlamento ed alla Corte Suprema che sarà formata da giudici ed esperti in "giurisprudenza islamica" (art. 90) ed il cui statuto viene fissato da una legge votata dai due terzi del Parlamento. Il rischio è che qualunque norma può essere interpretata secondo la sensibilità religiosa della comunità che in una dato momento gode di larga maggioranza parlamentare. Viene poi garantita la libertà di religione e di culto di cristiani, yazidi e sabei citati esplicitamente, e per la prima volta, nel testo costituzionale. Allo stesso tempo il medesimo articolo richiede che le leggi non contraddicano "i principi democratici, i diritti e le libertà basilari". L'articolo 21 assicura la libertà religiosa e le pratiche religiose "di tutti gli individui". L'articolo 39 sancisce in materia di statuto personale la libertà dei singoli di conformarsi alle regole delle rispettive religioni o dottrine senza però specificare su quale base giuridica si può risolvere un eventuale conflitto tra queste. Ogni individuo beneficia della libertà di pensiero, coscienza e dottrina (art. 40) mentre l'art. 41 dà libertà ai fedeli di praticare i loro culti religiosi,compresi i culti sciiti hussainiya (vietati sotto Saddam) e di gestire i loro beni ed istituzioni religiose.
La comunità cristiana: lineamenti storici
I cristiani iracheni sono parte integrante delle attuali popolazioni mesopotamiche (antichi sumeri, babilonesi, caldei ed assiri) e la maggior parte di loro oltre all'arabo parla il Suret, una lingua simile a quella parlata da Gesù. La "Plantatio Ecclesiae" risale alla predicazione dell'apostolo Tommaso. Su 22 milioni di iracheni i cristiani sono circa ottocentomila pari quindi al 3 per cento della popolazione anche se, secondo altre fonti, i cristiani sarebbero addirittura scesi ben al di sotto dell' 1 per cento. Diversi sono i riti: assiro-nestoriano, siro-cattolico, siro-ortodosso, armeno ortodosso e caldeo. Fino al IV secolo la chiesa irachena era detta "Chiesa di Persia" per poi divenire "Chiesa d'Oriente" al concilio di Efeso del 431 quando diviene autonoma per seguire l'eresia di Nestorio che teorizza le due nature, umana e divina, di Cristo. Nel corso del nostro medioevo la Chiesa d'Oriente conosce un grande sviluppo che la vede arrivare fino ai confini della Mongolia con ben 250 diocesi e centinaia di monasteri. I cristiani si distinguono nella scienza medica, nella filosofia e nell'amministrazione pubblica. E' Tamerlano nel XIV secolo a distruggere questa fiorente chiesa e a costringere i fedeli a rifugiarsi sulle montagne tra la Turchia e la Persia. Nel 1553 la Chiesa d'Oriente si divide in caldea ( in comunione con Roma) ed assira. Il genocidio degli armeni da parte dei Turchi coinvolgerà anche i cristiani iracheni e nel 1933 anche gli assiri, che avevano appoggiato le truppe inglesi attratti dalla possibilità di costituire un loro Stato indipendente, sono massacrati dalle truppe irachene. Sono gli anni dell'emigrazione: molti cristiani fuggono verso l'Europa e gli Usa mentre molti altri si rifugiano nei paesi confinanti. Durante il regime di Saddam Hussein i cristiani godono di una relativa libertà. La Costituzione del 1970 riconosce la personalità giuridica alle confessioni cristiane anche se a livello privato vige il regime della shari'a . Il regime sostiene il restauro e la costruzione di chiese e nelle scuole confessionali si insegna liberamente il catechismo. Pur costituendo insieme ai musulmani sunniti la base sociale sulla quale si fondano l'economia e l'amministrazione pubblica irachene, i cristiani vengono chiamati a svolgere il servizio militare e per "saggiare"la loro lealtà vengono impiegati nelle truppe più avanzate al fronte nella guerra contro l'Iran e coloro che finiscono nei campi di prigionìa khomeinisti subiscono vessazioni a motivo della loro fede. Inoltre, l'antico monastero di Mar Odisho e centinaia di villaggi cristiani del nord vengono poi distrutti dalle truppe irachene nelle operazioni contro i curdi e abbandonati dalla popolazione che si rifugia a Baghdad nel quartiere di Dora. La crisi economica derivante dall'embargo decretato dalle Nazioni Unite in seguito alla prima Guerra del Golfo e la conseguente politica del regime di Saddam tesa a favorire il fondamentalismo islamico in chiave anti-occidentale costringono circa 150mila cristiani ad emigrare all'estero. Nel marzo 2003 cade il regime baathista, a Luglio muore il patriarca caldeo Raphael Bidawid I ed al suo posto viene eletto a dicembre Mar Emmanuel III Delly che prevale su Antoine Audo e Sirhad Jammo vescovi rispettivamente di Aleppo in Siria e di San Diego in California. Se Bidawid non vedeva alcuna distinzione tra la fede e la nazionalità "araba", Delly, sensibile alle argomentazioni della diaspora, rivendica l'identità etnica dei cristiani. In una lettera indirizzata all'amministratore civile statunitense Paul Bremer i vescovi scrivono "che i caldei rappresentano la terza componente etnica dopo gli arabi e i curdi". Questa posizione crea delle frizioni tra caldei ed assiri: mentre i primi sono cittadini leali e legati all'universalismo romano i secondi, fedeli alle proprie tradizioni culturali e religiose, perseguono da tempo il progetto di una Chiesa - nazione assira. Nell'ottobre 2003 su questo tema si era svolto a Baghdad un congresso che si era concluso con un accordo sul termine unificatore assiro-caldeo. Poi il 20 agosto 2005 le lobbies dell'emigrazione caldeo- assiro-siriaca, facendo pressione sui deputati al Congresso Usa ottengono il riconoscimento degli assiri come popolo autoctono. Di conseguenza la Carta consacra i termini assiro e caldeo in maniera separata (4). Il primo attacco massiccio contro i cristiani avviene il 1° agosto 2004 quando quattro autobombe due a Baghdad e due a Mossul, esplodono vicino a delle chiese provocando dieci morti e cinquanta feriti. Nelle settimane successive, secondo cifre fornite dal governo iracheno, ben 40 mila cristiani abbandonano il paese. Il leader al Sistani lancia una fatwa, imponendo agli sciiti di non toccare i gruppi religiosi minoritari in Iraq in quanto sono parte del popolo iracheno. Malgrado ciò, i cristiani continuano ad essere nel mirino di organizzazioni terroristiche e malavitose. Si susseguono attacchi intensi e coordinati contro chiese, sedi episcopali che vengono chiusi per ragioni di sicurezza. Significativo, in tal senso, il caso del Babel College la facoltà di teologia di Baghdad che, insieme al seminario, maggiore sono chiusi e trasferiti nel più sicuro Kurdistan iracheno. L'edificio del Babel College è stato quindi occupato dall'esercito degli Stati Uniti che nel 2007 vi ha installato una propria base per poi restituirlo alla Chiesa solo nel novembre del 2008. A questo poi si aggiungono le violenze contro il clero e le famiglie cristiane quali il pagamento della jizya, una tassa imposta ai non musulmani pena la perdita della casa, i rapimenti a scopo di estorsione e le uccisioni di sacerdoti e diaconi tra le quali quelle eccellenti di padre Ganni e di mons. Paulos Faraj Rahho, arcivescovo di Mossul. Secondo i dati rilasciati dall'episcopato caldeo dal 2004 ad oggi, 750 cristiani hanno perso la vita in attentati mentre 200 mila hanno abbandonato le quattro grandi città di Bassora, Baghdad, Mossul e Kirkuk per emigrare verso i paesi limitrofi come Giordania, Siria, Turchia e Libano oppure verso il Kurdistan iracheno le cui autorità, al fine di attirare nell'area le competenze professionali dei cristiani, stanno investendo ingenti risorse nel restauro di chiese e villaggi. In più occasioni Benedetto XVI ed altri esponenti vaticani ad alto livello, quali il cardinale Leandro Sandri, prefetto per la Congregazione delle Chiese Orientali e l'arcivescovo Fernando Filoni, sostituto della Segreteria di Stato e già nunzio apostolico a Baghdad (ed unico diplomatico a non lasciare la città durante l'attacco anglo-americano del 2003), hanno espresso pubblicamente la loro preoccupazione per la grave situazione delle comunità cristiane dell'Iraq e dell'intero Vicino Oriente e non si esclude che su questa problematica possa essere convocato un Sinodo.
Il governo di Baghdad, che pure ha espresso comprensione alle gerarchie cristiane invitando i cristiani a non lasciare il paese è di fatto impotente di fronte all'escalation di violenza che, pur coinvolgendo tutti iracheni, vede i cristiani in una situazione resa più difficile dal fatto che si trovano in mezzo alla lotta, resa più aspra dall'esecuzione capitale di Saddam, che vede opposti i sunniti agli sciiti.
La comunità cristiana e la legislazione costituzionale ed elettorale
A) La Costituzione
La gerarchia cristiana già durante i lavori preparatori della Carta costituzionale ha suggerito l'introduzione in essa di tre principi base: cittadinanza, laicità ed unità della nazione. Il 13 agosto 2005 il comitato di redazione della Costituzione ha ascoltato i rappresentanti delle minoranze non islamiche. In quell'occasione il vescovo ausiliare di Baghdad Shlimoun Warduni ha dichiarato: "Quello che vogliamo è uno Stato democratico, civile, pluralista, federale che separi la religione e lo Stato". Questo intervento era stato preceduto da una petizione sulla libertà religiosa e i diritti della donna nella quale le Chiese giudicavano "molto grave" il tentativo di islamizzazione costituzionale del paese. I vescovi poi il 24 agosto, pochi giorni prima del voto finale, inviavano alle autorità una lettera aperta nella quale insistevano sul principio di "cittadinanza" e chiedevano il riconoscimento esplicito di tutte le lingue e le nazionalità, richiesta questa, che veniva accolta. A metà settembre, dopo la forzata approvazione del Parlamento, i vescovi iracheni criticano l'articolo 2 nella parte in cui sancisce il divieto di approvare una legge che contraddica i principi dell'Islam affermando che ciò "spalanchi le porte" alla discriminazione nei confronti dei non musulmani ed accettando il fatto che l'Islam fosse definito "religione di Stato". Va anche detto che i presuli non temono la politica del premier Nuri al Maliki che ha sempre espresso nei loro confronti e dei non musulmani buona volontà quanto il rischio di una eventuale futura intolleranza da parte di una confessione sulle altre (5). Nel 2005, lo stesso Benedetto XVI°, ricevendo in Vaticano il capo dello Stato Jalal Talabani, definiva il testo costituzionale "un progresso". In una recente intervista il Patriarca Delly ha comunque affermato: "ci sono tante questioni aperte riguardo alla Costituzione: la libertà religiosa, che, ad esempio, non c'è. La Costituzione si basa sul Corano, che non può essere contraddetto da nessuna legge, mentre le fonti del diritto potrebbero essere tante, perché esistono altre religioni".(6)
B) La legge elettorale
Il 31 gennaio scorso si sono tenute le elezioni provinciali che ha riguardato 14 delle 18 provincie del paese. Alla consultazione alla quale hanno partecipato più della metà dei 15 milioni di aventi diritto al voto si è svolta in maniera relativamente tranquilla ed i candidati hanno impostato la loro campagna sulla risoluzione dei problemi pratici della popolazione. La consultazione è stata preceduta nel novembre 2008 dall'approvazione da parte del Parlamento dell' articolo 50 che, modificando la precedente legge elettorale votata appena a luglio, ha ridotto da 13 a 6 il numero dei seggi destinati alle minoranze sollevando le loro rimostranze(7).
Ai cristiani spettano solo tre seggi a Baghdad, Bassora e Mossul. Anche il rappresentante dell'Onu, Staffan de Mistura ha affermato che se la nuova legge costituisce un indubbio progresso per la democrazia la questione delle minoranze è una "nuvola nera" (8). Dello stesso avviso la gerarchia cristiana che, per bocca di mons. Louis Sako, vescovo caldeo di Kirkuk afferma che "non sono stati rispettati i diritti di tutte le minoranze". Il risultato delle elezioni ha comunque visto la sconfitta delle formazioni fondamentaliste e ciò ha incoraggiato tanti cristiani esuli a rientrare in patria.
Conclusioni
L'Iraq versa nel caos più completo:il 50 per cento della popolazione è disoccupata, mancano luce, acqua ed alloggi ed il governo centrale, che sta cercando di attirare capitali esteri,è incapace di assicurare la sicurezza (dal 2005 ad oggi oltre 82mila iracheni hanno perso la vita in attentati). Il paese, che di fatto è passato sotto la sfera d'influenza dell'Iran e in misura minore di Israele che guarda al Kurdistan, rischia la guerra civile e la disgregazione. La stessa capitale Baghad è divisa in settori dominati dalle fazioni e per questo motivo la gerarchia cristiana ha espresso delle perplessità sulla decisione dell'amministrazione Obama di ritirare le truppe entro il prossimo anno. Anche il vago testo della Costituzione, frutto di un frettoloso compromesso tra sciiti, sunniti e curdi che hanno privilegiato non l'interesse della nazione, ma quello particolare di etnìa, rischia di favorire la "cantonizzazione" del paese. Solo l'esigua e divisa minoranza cristiana avrebbe le carte per favorire la pacificazione e la ricostruzione tout court dell'Iraq. I cristiani convivono da secoli con tutte le confessioni musulmane e con tutte le etnie irachene, specialmente con i curdi e con i turcomanni e possono essere il fattore unificante della nazione e, più in generale, di dialogo tra il mondo moderno e l'Islam. Per metterli al sicuro dalle violenze l'amministrazione Bush, anche su pressione della diaspora irachena e degli evangelici, aveva proposto di assegnare ai cristiani una regione autonoma "safe haven" nella Piana di Ninive che contiene circa venti villaggi cristiani abitati da almeno 120 mila persone circondati da villaggi curdi, arabi, yazidi e shabak. Ma pressioni in tal senso vengono anche dal governo curdo che è interessato a far rientrare nella sua sfera d'influenza o addirittura, in prospettiva, inglobare questo territorio in un Kurdistan non più autonomo, ma indipendente. In parallelo anche gli assiri vedono la possibilità di realizzarvi il loro antico sogno dello Stato indipendente. Barack Obama, che da candidato alla presidenza Usa, si era dimostrato sensibile alla causa dei cristiani iracheni, sembra favorevole a questo piano che, se realizzato, a nostro avviso darebbe il colpo definitivo all'unità nazionale e renderebbe vittoriosa la violenta politica di pulizia etnico-religiosa attuata dai radicali sciiti e sunniti nei confronti della minoranza cristiana. Al contrario, Louis Sako,vescovo caldeo di Kirkuk, tacitamente appoggiato dalla Santa Sede, ha dichiarato in merito all'istituzione di questa enclave cristiana che "Un ghetto per i cristiani porterebbe inevitabilmente con sé scontri settari, religiosi, politici senza fine; la nostra stessa libertà ne verrebbe diminuita. Noi cristiani siamo una componente fondamentale della storia e della cultura irachena[.....]Ciò che invece costituisce un bene per la comunità cristiana di questo paese è incoraggiare l'unità della nazione, la democrazia, la convivenza pacifica, la cultura pluralistica, la promozione del riconoscimento dell'altro come persona umana nel rispetto concreto della sua dignità, la collaborazione con tutti per la costruzione di una società migliore basata sul rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali sanciti dalla Costituzione nazionale e dal diritto internazionale"(9). Parole chiare quelle del vescovo caldeo che danno il senso dell'importante, ma per taluni scomodo ruolo di stabilizzazione dell'area svolto dalle millenarie Chiese del Vicino Oriente che sono a rischio estinzione a causa dei conflitti regionali, del fondamentalismo e della crisi economica nella compiacente indifferenza dei governi occidentali.

Note
1) Dossier Fides: Le religioni dell'Iraq (2006)
2) Roberto Aliboni "L'Iraq dopo la Costituzione Interinale" su http://www.iai.it/
3) Antonio Chiovenda"La Costituzione degli Iraq" Limes 6/2005
4) Gianni Valente "I cristiani nella Babele irachena" ibidem
5) Yoseph Yacoub "L'ombra della Costituzione sul futuro dell'Iraq" in http://www.oasiscenter.eu/
6) Intervista del Patriarca Delly al mensile "30 Giorni" ottobre 2008, a cura di Giovanni Cubeddu
7) Baghdadhope "reazioni al dimezzamento della rappresentatività politica delle minoranze in Iraq" 09 novembre 2008 http://baghdadhope.blogspot.com/2008/11/reazioni-al-dimezzamento-della.html
8) "L'Iraq approva la legge sulle elezioni provinciali" Su International Herald Tribune del 26/09/2008 riportato da http://www.medarabs.com/
9) "Piana di Ninive: un ghetto per i cristiani iracheni è un'illusione" di Louis Sako in http://www.asianews.it/ del 20/4/2009 e Agenzia "Sir" 21/04/2009
10) Sulla storia e sulle prospettive dei cristiani in Iraq e nel Vicino Oriente vedi Giovanni Sale sj "I cristiani in Iraq" settembre 2007 e Antoine Audo "Storia e prospettive dei cristiani in Iraq" aprile 2008 sulla rivista "Civiltà Cattolica". Vedi quindi il volume "I Cristiani d'Iraq" di Joseph Yacoub ed. Jaca Book 2005

Attacks are isolated episodes to destabilise a country on its way to rebirth, Iraqi bishops say

Source: Asianews

The situation in Iraq “seems to be improving” and this despite episodes of violence “by elements who do not want the country to stabilise,” said Mgr Louis Sako, Chaldean archbishop of Kirkuk, and Mgr Sleimon Warduni, auxiliary bishop of Baghdad, who will celebrate the First Communion of 19 children in the capital. For the two prelates, who spoke to AsiaNews, “people are in wait-and-see mode,” afraid that things might get worse, but also aware that the US pullout has not led to chaos as some feared.
A series of attacks took place this morning across Iraq in what is deadliest day since US combat troops withdrew from urban areas at the end of last month. A preliminary tally put the number of dead at around 40 with 80 injured.
Two suicide attacks in Tal Afar, a town not far from Mosul, killed 34 people and wounded 60.
In central Baghdad, one civilian was killed and five people were injured in a roadside bomb attack on the convoy of Central Bank Gov. Sinan al-Shibibi.

“The situation has improved. The number of attacks is down even though isolated episodes of violence are still occurring,”
Bishop Warduni said. In fact “everyone wants peace,” he said, but there “are foreign elements” linked to foreign powers who are trying to “destabilise the country.”
For the prelate “the situation is complicated” but “with everyone’s good will” it is possible to pursue the common goal of security. Sadly there are “ethnic, religious, confessional and political divisions that do not help and are the cause of problems.”
According to the auxiliary bishop of Baghdad attacks remain “isolated events” but are linked to “broader groups” that organise and sponsor them.
We want to reassert Iraq’s identity, which is the only way to achieve peace in the country.” And tomorrow’s celebration of first communions in Baghdad’s Holy Mary of the Sacred Heart Parish is a sign of this atmosphere of hope.
“Children and parishioners who will participate in this function will pray for peace,” said Mgr Warduni. But “Christians on the West should do the same, for the sake of the children and all Iraqis,” he added.

“An atmosphere of calm”
has developed, said Mgr Louis Sako, Chaldean archbishop of Kirkuk, but it is too soon to know “whether changes, if they are for real, are due to the withdrawal of US troops or not.”
Speaking about today’s attacks, the prelate said that such “episodes of violence are being politically used,” especially with regards to Mosul, an ethnically mixed city inhabited by Turkmen, Kurds, Arabs and Christians.
“This violence is only good to foster an atmosphere of fear; it is just an attempt to dominate others.”
The archbishop of Kirkuk acknowledges the government’s attempt “to show what it can do” following the withdrawal of US troops but he remains critical of decision-makers who show a lack of political maturity. Provincial elections are scheduled to take place in Kirkuk ion the near future, but candidates are just playing at propaganda rather than coming up with “good ideas and a clear political agenda or future plans for the people.” “Elections are a new experience for people but party-based ideologies still inform what politicians say and do,” the prelate explained. (DS)

Vescovi irakeni: attentati, episodi isolati per destabilizzare un Paese che rinasce

Fonte: Asianews

La situazione in Iraq “sembra migliorare”, anche se permangono episodi di violenza a opera di “elementi che non vogliono la stabilità del Paese”. Le persone vivono in “un clima di attesa”, con la paura che la situazione possa peggiorare; in ogni caso, il ritiro delle truppe americane non ha portato finora il caos temuto. È quanto affermano ad AsiaNews mons. Louis Sako, arcivescovo caldeo di Kirkuk, e mons. Sleimon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad, che domani celebra la prima comunione di 19 bambini della capitale.
Questa mattina una serie di attentati ha colpito l’Iraq, nell’attacco più sanguinoso dal ritiro delle truppe americane il 30 giugno scorso. Il primo bilancio parla di almeno 40 morti e 80 feriti. A Tal Afar, vicino a Mosul, 34 persone sono morte in un doppio attentato suicida in un quartiere residenziale. A Baghdad, in pieno centro città, gli attentatori volevano colpire il convoglio del governatore della Banca centrale irakena, Sinan al-Shibibi. L’ordigno è esploso al passaggio del corteo, uccidendo un passante e ferendo altre cinque persone.

“La situazione in generale è migliorata – afferma mons. Sleimon Warduniperché gli attentati sono diminuiti, anche se permangono episodi isolati di violenza”. Il prelato sottolinea “il desiderio comune di pace” ma restano degli “elementi esterni” legati a nazioni estere che mirano a “destabilizzare il Paese”. Il prelato parla di “situazione complicata” in cui è possibile perseguire l’obiettivo comune della sicurezza “con la buona volontà di tutti”; ma vi sono “divisioni etniche, religiose, confessionali e politiche che non aiutano e sono la causa dei problemi”.
Secondo il vescovo ausiliare di Baghdad gli attentati restano “fatti isolati”, però non mancano “contatti con realtà più grandi” che li organizzano e li promuovono. “Noi vogliamo riaffermare l’identità irakena – prosegue – che è l’unica strada attraverso la quale si può raggiungere la pace nel Paese”. A testimonianza di un clima di speranza vi è la celebrazione delle prime comunioni, in programma domani nella parrocchia di Santa Maria del Sacro Cuore a Baghdad. Mons. Warduni spiega che “i bambini e i fedeli che parteciperanno alla funzione pregheranno per la pace in Iraq” e chiede “ai cristiani dell’Occidente di fare lo stesso, per i bambini e per tutti gli irakeni”.

Mons. Louis Sako, arcivescovo caldeo di Kirkuk, conferma un “clima generale di tranquillità”, ma è presto per capire “se e quali cambiamenti vi siano stati con il ritiro delle truppe americane”. In riferimento agli attentati di oggi, il prelato parla di “casi di violenza strumentalizzati a livello politico” con un particolare riferimento a Mosul, zona mista in cui vi è una presenza di turkmeni, curdi, arabi e cristiani. “Le violenze – commenta – servono ad alimentare un clima di paura e sono un tentativo di dominare sugli altri”.
L’arcivescovo di Kirkuk sottolinea lo sforzo del governo per “dimostrare competenza” nel passaggio di consegne dall’esercito americano, ma non lesina critiche per una mancanza di maturità politica della classe dirigente. A Kirkuk si terranno le elezioni provinciali, ma i candidati “fanno propaganda” e non presentano “programmi chiari, una linea e un’agenda politica, piani futuri per la gente”. “Le elezioni rappresentano un’esperienza nuova per la gente – conclude il prelato – ma fra i politici domina l’ideologia legata al partito”.(DS)

8 luglio 2009

When the Word of God takes precedence over the “Occupation of Iraq”


During a visit to Aid to the Church in Need (ACN)’s head office, Father Pios Affas of the Syrian Catholic Church, also director of the Biblical Center of Mosul, was interviewed by Mario Bard. A fact to point out: in October 2007, Father Pios was abducted for nine days, and has described this as “a wonderful experience.”
Below you can find the interview with this warm, sensible man full of hope.
Q.: Father Pios, what is the current situation of the Iraqi people, notably the Iraqi Christians?
A.: First of all, we are in a very painful state of occupation, disastrous even, because it has disrupted all the structures of the country, on all levels. As a result, the entire population is suffering from this occupation that has lasted six years, and whose effects are very destructive for the people of all denominations. At the present, there is an improvement, but it is very slow. And every so often the bombings, attacks and abductions return. It doesn’t stop. We are living in a chaos that offers no way to have a security that is solid, reliable and stable.
Q.: And what is the situation for Christians?
A.: Like the other citizens, they suffer from this chaos. They may at times suffer a bit more because of the Islamic fundamentalist movements. Because they are more targeted, they are sometimes forced to leave the country, which has a damaging effect. Christians of all denominations have spread out in the world. The others await their turn. The people are always thinking about leaving [the country], to look for work and better security.
Q.: What is the work of your Center and how can it be useful to Iraq’s development?
A.:(Answers enthusiasticly) This is your best question! Really this Center brings a joy and a hope because we persevere. Despite all the tragic circumstances we have come to know since the fall of the regime [of Saddam Hussein], we did not want to stop. The number of students has decreased a bit, surely because many people have emigrated to the villages. Two years ago, instead of 140 students, we received only 40. But it continues anyway - with two years for the New Testament and two years for the Old. There are already eight cycles of students that have completed their four-year studies, for a total of 370 students who have received their final diploma. This gives some hope because it creates a foundation, people who really have a Biblical culture that can be used in catechesis, in the activities of the Church, everywhere - in Mosul and in the vicinity. In fact, normally we have students from all surrounding villages, but at the moment, it is no longer the case; it is only those from Mosul who come. (With regards to the publishing work of the Center): Since the year 2000, we have been translating and publishing the Dossiers de la Bible (Bible files) that are produced by Service Biblique Catholique Évangile et Vie. We are now at number 37, with four numbers per year. Little by little, this publication is seeing improvements: as much with the printing, the page set-up, the paper quality, the cover, etc. We have one thousand copies and there are 500 to 600 copies sold and this, at a very low price because it is supported [in part] by Aid to the Church in Need. It is really a work that gives hope for the Church of Iraq. In addition to this, we began publishing, also in 2000, books from the collection Recherches bibliques (Bible research). We have published its 14th number. Two years ago, when I was in Canada for the UCIP (International Catholic Union of the Press) congress, where we received the gold medal for our magazine Al fikr al Masih, I found, with great joy, a book from the collection Commentaires, commentaires du Nouveau Testament (Comments on the New Testament). It is specialists who write, but who write for the general public. Very simple, but very powerful, very solid. Our goal was to publish ten books from this collection. The first to be published was St. Matthew, and now St. John. In five years, the ten books will have been published and distributed in Mosul and in surrounding areas. At the moment, it is a bit unfortunate that there are not many readers, but the fact remains that these books are published and are available to people at a low price. I will give you an example: the one of Matthew (300 pages) that was published barely a year ago is sold for 3,000 dinars, which is the equivalent of $3.00 or less! That is unthinkable where you live! (Bursts into laughter.)
Q.: It is really exceptional that in these times of war, you were able to publish these books!
A.: It is the grace of God that gave us courage. I was abducted a year and a half ago, for nine days, and on the day following my release, I continued the courses at the Center. The courses and the publications were in no way stopped! That makes me happy! I was with a young student, a fellow priest, when we were abducted. We remained in the area [following the experience], in Mosul, and continued our apostolate and our activities. We did not flee! (Laughter.)
Q.: Indeed, Father Pios, as you just mentioned, you were abducted for nine days in October 2007. What did you take with you from that experience?
A.: It was a wonderful experience for me and for my fellow student! Because once we were kidnapped, we stared death in the face. And instead of being afraid, we were in peace, in confidence. We put ourselves in the hands of the Lord. “If you want us to continue our apostolate, you will help us get out, if not, that is your will.” We were able to speak in this way in our prayers, in the secrecy of our souls. When we were released, it was really a new life that opened for us. We felt a worldwide movement of solidarity with us: the prayers that were really able to contribute to our liberation and especially the plea from Pope Benedict XVI. Once freed, we said it in our testimonies, in our sermons, in taking the example of St. Peter, when he was rescued from prison and the chains fell from his wrists, and he said: “Now I know for certain that the Lord sent his angel.” We felt the same way. So, it is a new life that has opened up to us: we gave all our efforts to serve the Word of God and our people. We did not want to leave [Mosul] because we wanted to give courage to the Christians that remained. And it encourages them to stay. When they see their priests remaining, it gives them more courage and hope.
Q.: What does the Year for Priests that began on June 19, 2009 represent to you? A.: I was in Rome at the time and I assisted in the celebration of the Vespers presided by the Pope in St. Peter’s Basilica. I have really felt – and I have been a priest for 47 years – that the priesthood is first a service; being of service to the people to help them in their difficult walk, this walk of Faith. The priest must really be like a leader in this walk with the faithful. Together they will seek the ways of the Lord, to offer testimonies in this world that is losing its spiritual values. So I hope that this year will give a better drive to all priests in the world, to bear witness to Jesus Christ in the world.
Q.: What are your hopes for the future of Iraq?
A.: The great hope is the peace, security and stability of the country for all citizens, and of course for the Christians, because it is really a shame that they are constrained to leave. It is a loss. When there was the situation with Christians having had to leave Mosul (murders and death threats last October, forcing close to 10,000 Christians to flee the city), there was a declaration from the bishops of Mosul to say that we cannot at all renounce this [Christian] presence that is important to us. We have lived for centuries with our Muslim brothers; we absolutely do not want this presence to be hidden. I very much hope that those who stay will continue to bear witness to the presence of Christ in this country. This problem of the Christians in Mosul has also had a very positive effect, because the Muslims themselves have strongly valued our presence. In the mosques, they declared: “We are with our Christian brothers, they are natives of the country, they are authentic citizens of Iraq and therefore we want to always have them with us to build up this country together.” That is hope that there are no obstacles or hindrances to the very important conviviality in the country.

7 luglio 2009

Cronache da Kirkuk. Una Storia semplice

Di Alessandro Ciquera

07/07/2009, Kirkuk

Il periodo appena trascorso è stato probabilmente uno dei più strani di tutta la storia recente dell'Iraq, o perlomeno dei suoi ultimi dieci anni. Il Governo degli Stati Uniti ha annunciato ed effettuato la prima fase del ritiro delle truppe dalle principali citta' del Paese, da Mosul a Kirkuk, da Tikrit a Bassora, passando ovviamente per Baghdad. Gli Americani se ne stanno andando: proviamo, per esperimento, a congelare per un attimo questa immagine, andiamo oltre le immagini di parate festanti e di cambi della guardia trasmesse dalla Televisione in ogni angolo della Nazione, andiamo oltre, entriamo nella vita dei figli di questo Stato. Immedesimiamoci momentaneamente in Ebenezer Scrooge, l'anziano avaro che nel racconto "A Christmas Carol" di Charles Dickens viaggia nei Natali passati, presenti e futuri. Guardiamo col cuore, sinceramente: ciò che è stato, ciò che è e ciò che sarà il destino di queste terre Mediorientali. Prendiamo per mano un immaginario genio del Passato, e sorvoliamo i vari decenni dagli anni Settanta in poi, vedremo in azione un regime crudele, minoranze esiliate, perseguitate e assassinate. Vedremo le guerre civili tra fazioni opposte nel Kurdistan, sfruttate dal Governo di Saddam Hussein come occasione di nuove repressioni, vedremo politici di ogni etnia e religione sempre meno interessati alla povera gente, vedremo la rovina di Kirkuk, di Mosul, vedremo petrolio, sangue e morte, vedremo il massacro di Halabja.
Il tempo si ferma, ancora una volta, la nebbia si dirada ed ecco la Prima Guerra del Golfo, tra Iraq e Iran, seguita dalla Seconda, quella in cui intervennero gli USA di George Bush padre. Nel 1991 l'Iraq è un paese ancora una volta sull'orlo dello sbandamento, sul punto di esplodere. Entrano in azione giochi di potere, logiche di palazzo, Saddam viene dapprima finanziato, poi dichiarato un tiranno, poi gli viene mossa guerra, tutta la popolazione è chiamata alle armi, il ricco Kuwait viene preso di mira e porta l'Onu a inasprire ridicole sanzioni che causano la morte di migliaia e migliaia di innocenti, senza scalfire la credibilità interna del regime. Ad una manciata di chilometri da Baghdad tuttavia l'esercito Americano si ferma, e si ritira, ogni singola amministrazione al suo posto, la dittatura permane.
Lasciamoci alle spalle i libri di storia e con un immaginario Fantasma del Presente arriviamo alle guerre del post Undici Settembre 2001: l'Iraq del dopo Saddam; ci aggiriamo per le strade di una capitale divisa in zone rosse e verdi, i confini nazionali non sono stati chiusi nonostante le chiare minaccie di infiltrazioni terroristiche in assenza di un governo forte capace di fermarle, ed ora ogni città è piena di cellule impazzite che compiono decine di attentati al giorno contro civili e soldati, rapiscono e assassinano giornalisti stranieri e diplomatici, la corruzione presente nei settori pubblici e nei vari Presidenti eletti democraticamente non porta ad un miglioramento del sistema. Vediamo una madre andare al mercato con il proprio figlio, la seguiamo con la coda dell'occhio, andare incontro al suo destino, non sentirà più i profumi della Primavera nei giardini di Baghdad.
Il Fantasma del Futuro ha il volto scuro e gli occhi tristi, stanchi di piangere, i telegiornali lo indicano come possibile portatore di una guerra civile, una Balcanizzazione conseguente alle nuove ondate di violenza. Il Fantasma del Futuro sta piangendo, lui non vuole essere tutto ciò, eppure deve diventare quello che il suo popolo sceglierà, non dipende da lui il cammino da segnare. Siamo avanti in chissà quale epoca, forse cinquant' anni dopo gli attacchi alle Torri Gemelle, guardiamoci intorno, anche nei nuovi decenni percepiamo sofferenza ma non riusciamo a carpire in maniera dettagliata lo stato reale delle cose, il Fantasma del Futuro non puo' rivelare i suoi segreti, ma sotto le lacrime non riesce a nascondere i suoi occhi azzurri.

2 luglio 2009

Iraq: Mons. Warduni (Baghdad) "Proposta piana di Ninive è nociva"

Fonte: SIR

“L’idea della piana di Ninive è nociva”. Non usa mezzi termini il vicario patriarcale di Baghdad, mons. Shlemon Warduni, per bocciare la proposta di una enclave cristiana a Ninive, sotto amministrazione del Kurdistan. Proposta tornata attuale in vista del referendum del 25 luglio sul progetto di una nuova Costituzione per il Kurdistan. “Sarebbe una scelta nociva per tutti i cristiani – dice al SIR - non si possono rinchiudere i cristiani in un ghetto, i cristiani sono per l’apertura”. Per il vicario “esiste un solo Iraq, un solo popolo iracheno composto da tante etnie e religioni. L’Iraq deve restare uno e tutti devono godere della sua ricchezza. Saremo sempre più ricchi quando potranno coesistere la cultura araba, caldea, assira, curda, turca. Questo fa la ricchezza di una nazione. Non posso accettare una divisione dell’Iraq. Come cristiani dobbiamo lavorare per l’unità, la cooperazione e la solidarietà. Dobbiamo uscire da cerchie ristrette e da interessi di parte”. Dello stesso parere anche mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk, che non più di qualche settimana fa, sempre al SIR dichiarava che “chiedere un’enclave per i cristiani è un gioco politico pericoloso: un ghetto porterebbe scontri settari, religiosi e politici; la nostra libertà ne verrà diminuita. Reclamare la creazione di un ghetto è contro il messaggio cristiano, che ci vuole sale e lievito in mezzo alla pasta dell’umanità”.

Iraq: Mgr. Warduni (Baghdad) "the proposal of the Nineveh plains is detrimental"

Source: SIR

“The idea of the Nineveh Plains is detrimental”. The patriarchal vicar of Baghdad, mgr. Shlemon Warduni, does not mince his words as he flukes the proposal of a Christian enclave in Nineveh, which is under the jurisdiction of Kurdistan. A proposal that has been revived in the run-up to the referendum of July 25th about the plan for a new Constitution for Kurdistan. “This choice would be detrimental to all Christians – he says to SIR –. Christians cannot be locked up in a ghetto, Christians are all for openness”. According to the vicar, “there is one Iraq, there is one Iraqi population composed of many ethnic groups and religions. Iraq must remain one, and everybody must enjoy its wealth. We will be the richer when the Arab, Chaldean, Assyrian, Kurdish, Turkish cultures will be able to live together. As Christians, we have to work towards unity, cooperation and solidarity. We must get out of restricted circles and private interests”. This opinion is shared by mgr. Louis Sako, archbishop of Kirkuk, who just a few weeks ago stated, also to SIR, that “asking for an enclave for Christians is a dangerous political game: a ghetto would lead to sectarian, religious and political conflict; our freedom would be diminished by it. Demanding the establishment of a ghetto is against the Christian message, which wants us to be salt and leaven amidst the dough of mankind”.

1 luglio 2009

Come l'Araba Fenice Baghdad tornerà a volare

By Baghdadhope

Sembra impossibile anche "pensare" alla normalità quando si parla di Baghdad. Una città che proprio in questi giorni, con l'abbandono da parte delle truppe statunitensi delle città irachene, è ripiombata nel caos degli attentati.
Eppure "normale" è stato definito lo svolgimento dell'anno di studio dell'Istituto di Scienze Religiose che prepara, in un triennio, i futuri catechisti. Anno scolastico che si è svolto regolarmente e che si è concluso con la consegna dei diplomi ai nuovi 5 catechisti - tre donne e due uomini.

Presenti alla cerimonia, svoltasi il 23 giugno, erano Mons. Jacques Isaac, Rettore del Babel College, cui l'Istituto è affiliato, che nel discorso introduttivo ha sottolineato il ruolo dell'Istituto nella preparazione intellettuale dei cristiani ed ha rivelato l'intenzione di aprire una sede ad Ankawa, nel nord dell'Iraq, la cittadina dove per ragioni di sicurezza nel gennaio del 2007 è stato trasferito da Baghdad lo stesso Babel College e dove vivono migliaia di cristiani tra gli autoctoni e coloro che vi si sono rifugiati per sfuggire dalla violenza di altre parti del paese.
C'era il Nunzio Apostolico in Giordania ed Iraq, Mons. Francis A. Chullikat, Mons. Andraous Abouna, vescovo ausiliare caldeo di Baghdad, Padre Salem Saka, vice rettore del Babel College, Padre Sa'ad Sirop Hanna, direttore dell'Istituto di Scienze Religiose, Abdallah Al Naufali, a capo dell'ufficio governativo per i non musulmani e molti tra sacerdoti, parenti ed amici dei neo diplomati.
Anno scolastico regolare dunque. E regolare anche la cerimonia che, quasi a segnare magari non una vera ma certamente una desiderata normalità, e pur seguendo le normali procedure di sicurezza che ancora oggi a Baghdad sono una necessità, non si è svolta in una chiesa o in un luogo ad essa collegato e blindato ma al "Pine Palace" di Baghdad, una sala per ricevimenti.

Ci vorrà del tempo ma Baghdad risorgerà, e con essa gli iracheni.

Like the Arab Phoenix Baghdad will fly again

By Baghdadhope

It seems impossible even to "think" to normality speaking of Baghdad. A city that in recent days, with the pulling out of the U.S. troops from Iraqi cities, sank back into the chaos of the attacks. Yet "normal" was defined the course of study of the Institute of Religious Sciences that prepares, in a three-year period, the future catechists. A school year carried out properly and that ended with the handing of the diplomas to new catechists 5 - three women and two men.

Present at the ceremony, held on June 23, were Msgr. Jacques Isaac, rector of the Babel College, to which the Institute is affiliated, who in the introductory speech stressed the role of the Institut in the intellectual preparation of Christians and revealed the intention to open a branch in Ankawa, in northern Iraq, the town where for security reasons the Babel College was transferred from Baghdad in January 2007, and where thousands of Christians are living among the indigenous ones and those who fled there to escape from the violence in other parts of the country. There was the Apostolic Nuncio in Jordan and Iraq, Msgr. Francis A. Chullikat, Msgr. Andraous Abouna, auxiliary Chaldean bishop of Baghdad, Father Salem Saka, vice rector of the Babel College, Father Sa'ad Sirop Hanna, director of the Institute of Religious Science, Abdallah Al Naufali, head of the government office for non-Muslims and many priests, relatives and friends of the new graduates. A regular school year therefore. Regular the ceremony too that, as if to mark maybe not a true but certainly a desired normality, and even through normal security procedures that even today in Baghdad are a necessity, was not held in a church or in a place connected to it but at the "Pine Palace" in Baghdad, a hall for receptions.

It will take time but Baghdad will rise again, and with it the Iraqis too.


CITTA' DEL VATICANO, 1 LUG 2009 (VIS). L'intenzione Generale per l'Apostolato della Preghiera del Santo Padre Benedetto XVI per il mese di luglio è la seguente: "Perché i cristiani del Medio Oriente possano vivere le loro fede in piena libertà ed essere strumento di riconciliazione e di pace".

Pope Benedict
's general prayer intention for July is: "That the Christians of the Middle East may live their faith in full freedom and be an instrument of peace and reconciliation".

L'intention de prière générale de Benoît XVI pour le mois de juillet est: "Pour que les chrétiens du moyen orient puissent vivre leur foi en pleine liberté et être des instruments de réconciliation et de paix".

La intención general del Apostolado de la Oración del Papa para el mes de julio es: "Para que los cristianos de Oriente Medio puedan vivir su fe con plena libertad y ser instrumento de reconciliación y de paz".

Il ritiro delle truppe Usa dall'Iraq. Mons Warduni: garantire i diritti di tutti


L’Iraq vive con speranza e preoccupazione il ritiro delle truppe statunitensi a sei anni dal conflitto che ha portato alla caduta di Saddam Hussein e ad una sanguinosa guerra civile. L'auspicio è che la popolazione sappia costruire un futuro all'insegna della riconciliazione nazionale. Si teme invece che interessi non orientati verso il bene comune possano rendere ancora più intricato il cammino verso la pace. E' quanto sottolinea, al microfono di Emer McCarthy, della nostra redazione inglese, il vescovo ausiliare di Baghdad, mons. Sleimon Warduni:
"Ciò che aspettiamo è la pace, è la sicurezza, perché abbiamo veramente sofferto tanto: tanti i morti, tantissimi i feriti, tanti orfani e tante vedove e specialmente tanta immigrazione, che diminuisce non solo il numero, ma anche la forza dei cristiani. Un tempo erano milioni e purtroppo adesso sono migliaia. Questo ci fa male. Però, le nostre speranze sono nel futuro e cominciano da oggi, perché è una bella cosa che gli iracheni custodiscano l’Iraq. Certamente, le truppe degli alleati hanno fatto il possibile, ma adesso spetta agli iracheni. Questo è il punto, l’interrogativo: tutti gli iracheni coopereranno per il bene dell’Iraq o per i propri interessi? Questa è la questione: sono tutti d’accordo e sono pronti a sacrificare tutto per il bene comune? E’ questo che vogliamo, è questo che noi incoraggiamo, perchè gli iracheni possano veramente vivere nella sicurezza."
Mons. Warduni, per le strade di Baghdad, oggi, qual è l’atmosfera che si respira, come stanno vivendo questo giorno i suoi connnazionali?
"E’ una festa grande nazionale, perchè comincia la libertà vera degli iracheni, perché possono guidarci e risolvere da soli i loro problemi. Quindi, noi aspettiamo la riconciliazione nazionale. Si sente un’aria di gioia in tutti quanti, anche se c’è qualcuno che non è d’accordo, perché teme che le violenze aumentino e così via. Noi, però, aspettiamo questa libertà vera, democratica, perché sia concessa a tutti, come pure i diritti a noi cristiani, perché a volte sentiamo che sono calpestati." (Montaggio a cura di Maria Brigini)

Iraq's hope


As U.S. troops complete their withdrawal from Iraqi cities, we talk to one of the Church’s top prelates in Baghdad for reaction to the pullout...
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Irak : la communauté chrétienne s’interroge face au retrait des troupes américaines


C’était l’une des promesses de campagne de Barack Obama, le président des États-Unis : l’armée américaine doit quitter peu à peu l’Irak. Ce mardi, l'État irakien a pris le contrôle total des villes et des agglomérations du pays, six ans après l’invasion du pays par les troupes américaines. Les unités militaires des États-Unis devraient maintenant assurer un rôle d’appui et de formation de l’armée irakienne.
Le départ définitif et complet des derniers soldats américains est prévu fin 2011.La communauté chrétienne d’Irak, qui a été l’objet de nombreuses attaques ces derniers mois, est partagée entre la peur et l’espoir. C’est en tout cas, ce que nous raconte l’abbé Renato Sacco, de Pax Christi – Italie. Il est responsable des activités de solidarité avec l’Irak.
Olivier Tosseri l’a joint, sur place en Irak. > Cliquer ici