By Avvenire
Daniele Zappalà
I cristiani d’Oriente come un «formidabile fermento» delle speranze mediorientali di pace.
L’aiuto della Francia alle stesse minoranze cristiane come «una parte di ciò che siamo», nella scia di una tradizione plurisecolare.
Nuove garanzie presidenziali sulla "laïcité", descritta come un «messaggio di rispetto e tolleranza».
E poi l’annuncio della creazione di un nono dipartimento nel più celebre museo del mondo, il Louvre (nato nella scia della Rivoluzione del 1789), dedicato specificamente all’Arte bizantina e del cristianesimo orientale.
E ancora il raddoppio degli aiuti di Parigi a circa 170 scuole cristiane francofone soprattutto in Libano ed Egitto, ma pure in Giordania, Iraq, Siria e nei Territori Palestinesi.
In proposito, pure il palco lasciato alla commovente testimonianza dell’anziana suor Mariam An-Nour, direttrice a Beirut della scuola carmelitana Saint Joseph, per lanciare dal più potente palazzo francese un grido accorato sul sistema scolastico libanese «sull’orlo del baratro».
Persino la citazione, da parte del capo dell’Eliseo in persona, di un passaggio del profeta Isaia, durante un quarto d’ora speso a lodare un sacerdote cattolico, monsignor Pascal Gollnisch, alla guida dell’associazione L’"Oeuvre d’Orient", descritto come un «riparatore di brecce» e dunque uno di quei personaggi grazie ai quali «l’umanità resiste».
Nel quadro dello stesso elogio verso il nuovo cavaliere della Legion d’Onore, pure un’accorata sottolineatura sull’«attesa» che il Medio Oriente aveva verso le parole pronunciate da papa Francesco nel suo storico viaggio in Iraq.
Ieri sera, proprio all’Eliseo, tutto questo e tanto altro ancora ha riservato l’“Incontro consacrato alle azioni della Francia in favore dei cristiani d’Oriente”, fortemente voluto dal presidente Emmanuel Macron, nella scia di un impegno personale per questa causa cominciato nel 2018, in occasione di un viaggio a Gerusalemme, al fianco anche di monsignor Gollnisch, direttore de “L’Oevre sd’Orient”.
Ad assistere all’incontro, un "parterre" di circa 150 invitati, fra politici di vari partiti impegnati su questo fronte e leader d’organizzazioni internazionali come l’Unesco, assieme ai massimi rappresentanti religiosi transalpini di ogni culto, tra cui monsignor Éric de Moulins-Beaufort, arcivescovo di Reims e presidente della Conferenza episcopale francese.
L’evento ha sorpreso molti per i toni calorosi ed enfatici impiegati da Macron, ricordando il discorso tenuto nell’aprile 2018 proprio dal presidente al Collège des Bernardins, su invito dei vescovi francesi, tutti presenti, in occasione di ciò che venne salutato come un momento di svolta destinato a «riparare» le crepe fra lo Stato francese e il mondo cattolico. Una metafora del «riparare», del resto, ampiamente impiegata ieri, per lodare monsignor Gollnisch, ma in generale pure il ruolo dei cristiani sul tormentato scenario mediorientale, dove la Francia s’impegnerà maggiormente pure per restaurare il patrimonio religioso cristiano danneggiato da guerre ed altre tragedie.
Ma al di là dello sfoggio di calore, d’eloquenza e di tutta una simbologia su certe convergenze possibili fra «universalismo» della République e messaggio universale cristiano, non pochi s’interrogavano già ieri sulla data scelta per un simile evento, a soli 2 mesi dal primo turno delle elezioni presidenziali (10 aprile) nelle quali Macron cercherà il bis, pur non essendo ancora ufficialmente candidato (ma il sito Internet di campagna e le squadre già attive a distribuire volantini non lasciano dubbi).
C’è chi lo accuserà probabilmente di voler sedurre i tanti elettori con radici familiari o culturali in Medio Oriente. E si evocheranno pure gli strappi paralleli di Macron su altri fronti cari ai cristiani, come la bioetica. Inoltre, non è difficile pronosticare le critiche di certi detrattori verso un presidente che esalta la pace in una regione in cui la Francia batte al contempo record d’export d’armi.
In ogni caso, comunque, la “mossa” imprevista di ieri non lascerà insensibile la Francia.