By Asia News
“In tutta la storia della cristianità non si è mai vissuta una Pasqua come questa” di chiusura e isolamento, dove tutto “sembra essere saltato” e “il futuro è molto incerto” come nemmeno ai tempi della guerra. È quanto afferma ad AsiaNews mons. Shlemon Audish Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad e braccio destro del patriarca caldeo, il quale sottolinea però che “noi siamo figli della speranza” e Cristo “anche stavolta viene per restituirci la vita”. In questi tempi bui, aggiunge il prelato, l’emergenza coronavirus ha portato “una maggiore unità” fra cittadini di fede diversa, “fra musulmani e cristiani”.
“In tutta la storia della cristianità non si è mai vissuta una Pasqua come questa” di chiusura e isolamento, dove tutto “sembra essere saltato” e “il futuro è molto incerto” come nemmeno ai tempi della guerra. È quanto afferma ad AsiaNews mons. Shlemon Audish Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad e braccio destro del patriarca caldeo, il quale sottolinea però che “noi siamo figli della speranza” e Cristo “anche stavolta viene per restituirci la vita”. In questi tempi bui, aggiunge il prelato, l’emergenza coronavirus ha portato “una maggiore unità” fra cittadini di fede diversa, “fra musulmani e cristiani”.
“I fedeli - racconta mons. Warduni - hanno bisogno che si rafforzi
questa speranza, che possano ricevere l’amore di Cristo e seguire la
liturgia” anche a distanza. Non è questo il momento “di essere
pessimisti”, aggiunge, anche se le celebrazioni “non sono le stesse” e
le possibilità di spostamento o di partecipare alle funzioni è limitata.
“In molti - afferma il prelato - pensano che non vi sia salvezza. Gesù,
invece, viene per donare la vita e questo è fonte di consolazione. Noi
cristiani dobbiamo gridarlo a gran voce, non dobbiamo avere paura”.
In una nota diffusa nel fine settimana, il patriarca caldeo card
Louis Raphael Sako sottolinea che è necessario “adattare” le funzioni
della Settimana Santa e della Pasqua a queste “circostanze eccezionali”.
Quest’anno, conferma il porporato, “non potremo celebrare come eravamo
soliti fare in passato” a causa della “rapida e inaspettata diffusione”
del nuovo coronavirus. Inoltre, per quest’ultima settimana di Quaresima
“continueremo a celebrare le messe nelle chiese, anche in assenza dei
fedeli ad eccezione di un numero limitato di persone che lavorano
all’interno”.
Per la Domenica delle Palme la Chiesa caldea intende decorare i
luoghi di culto con rami di ulivo. Il Giovedì Santo non si terrà la
tradizionale lavanda dei piedi, mentre il Venerdì vescovi e sacerdoti
reciteranno i vespri in ogni parrocchia, mantenendo le distanze. Il
giorno successivo non ci saranno fedeli nelle chiese e si terrà la messa
di mezzanotte, cancellata in passato per questioni di sicurezza. La
Domenica di Pasqua la funzione della festa sarà accompagnata dal suono
delle campane, come “segno di speranza condivisa nella lotta conto il
nemico invisibile”.
Il patriarcato sottolinea infine alcune linee guida, rinnovando
l’invito “restare a casa” e seguire le istruzioni del governo. Per le
confessioni bisogna “prendere un appuntamento con il sacerdote,
adottando tutte le precauzioni”. Le famiglie possono formare piccoli
nuclei di preghiera, seguendo le funzioni grazie a internet. Per il
Giovedì Santo ogni casa può mettere al centro della tavola una foto
dell’ultima cena, con fiori e candele, sostituendola il giorno
successivo con un crocefisso. “Come simbolo di gioia e speranza per il
Cristo risorto - conclude la nota - si possono utilizzare uova
decorate”, insieme a preghiere per malati e operatori sanitari.
“Entrare nelle chiese e vederle vuote - racconta l’ausiliare di
Baghdad - è un grande dolore. Tuttavia, questo non è tempo della
disperazione ma della solidarietà anche a livello internazionale”. Da un
lato, osserva, “è necessario rispettare le regole ma dall’altro bisogna
trovare un modo nuovo per vivere a fondo la nostra fede, il cui centro è
la risurrezione. Dobbiamo fare presente, ai cristiani ma non solo, che
la speranza è al centro del nostro agire”.
L’emergenza coronavirus, spiega infine mons. Warduni, può essere
anche occasione di rinnovata unità fra cristiani e musulmani. “Si
sentono persone alla televisione, anche fratelli musulmani sunniti o
sciiti - conferma - che ricordano Cristo e questo è un fatto
bellissimo”. A prescindere dalla fede, dall’etnia di appartenenza “vi è
maggiore consapevolezza di essere uniti contro una minaccia comune.
Speriamo - conclude - che le persone sentano questa speranza che viene
dalla resurrezione, per essere costruttori di un mondo nuovo”.