By Asia News
16 marzo 2020
In Iraq “abbiamo avuto guerre, violenze [confessionali]” ma “non abbiamo mai visto un coprifuoco così rigido e gravoso” come quello adottato in queste ore per il nuovo coronavirus. È quanto afferma ad AsiaNews mons. Shlemon Audish Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad e braccio destro del patriarca caldeo, commentando le misure adottate in questi giorni dal governo centrale e dalla Chiesa per arginare l’epidemia. “La popolazione irakena - aggiunge il prelato - è consapevole del grave pericolo che corriamo, perché le autorità non avrebbero assunto misure così drastiche”.
In queste ore il governo ha imposto il coprifuoco nella capitale dal 17 al 24 marzo, nel tentativo di contenere la diffusione del nuovo coronavirus. Secondo quanto riferisce il ministero della Sanità, ad oggi vi sono 124 casi confermati di Covid-19, almeno 10 le vittime. Per lo stesso periodo è stata inoltre disposta la sospensione di tutti i voli da e per l’aeroporto internazionale di Baghdad.
Il Paese si prepara a dichiarare lo stato di emergenza per 30 giorni, come invocato ieri dal presidente Barham Salih e dal Primo ministro ad interim Adil Abdul-Mahdi. Il capo dello Stato e il leader del governo hanno inviato richiesta formare al presidente del Parlamento Mohamed al-Halbousi. Il provvedimento potrà essere esteso in caso di necessità.
Come misura precauzionale, diversi governatorati del Paese hanno disposto la chiusura dei confini: fra questi Dhi-Qar, Babil, Maysan, Najaf, Bassora, Diwaniyah, Kirkuk, Wasit, Ninive e Kerbala, oltre a Erbil e Suleimanya. Già dalla scorsa settimana sono chiuse scuole e università; proibiti anche i viaggi nei Paesi colpiti dall’epidemia.
“Da tempo la situazione non è buona - racconta l’ausiliare di Baghdad - e vi è un clima di rancore, le persone hanno paura e per questo è fondamentale cercare di infondere coraggio, specialmente ora che vedono le chiese e le moschee chiuse, le scuole sospese”. In molti, prosegue il prelato, “si fanno domande, capiscono che non è una cosa buona; a questo si unisce una sensazione generale di stanchezza, poco per volta ciascuno si rinchiude all’interno della propria famiglia a pregare”.
Il patriarca caldeo mar Louis Raphael Sako ha deciso celebrare ogni mattina una funzione che viene trasmessa in diretta su Facebook, per mantenere vivo il legame - seppure a distanza - con i fedeli. La nuove tecnologie sono il canale usato per diffondere anche le celebrazioni e i riti della Quaresima, come avvenuto venerdì scorso con la trasmissione in diretta della Via Crucis e ieri mattina della messa della domenica. Il primate caldeo ha chiesto a tutti di “unirsi nella preghiera” attraverso la quale “speriamo di disperdere questa nube” che offusca il mondo intero.
“Il patriarca - sottolinea mons. Warduni - ha invitato i fedeli a seguire da casa la Via crucis del venerdì. Il nuovo coronavirus fa male e si diffonde con estrema facilità. Per questo cerchiamo di fare piccoli gruppi all’interno di ciascuna famiglia, rafforzando l’invito alla preghiera partendo dal Rosario alle 7 di sera, prima della cena”. In questo momento, prosegue, tornano alla mente “le grandi epidemie del passato e quella di oggi: e preghiamo il Signore invocando la sua misericordia”.
Da ultimo, l’ausiliare di Baghdad non risparmia un appunto alle autorità che avrebbero reagito con troppa lentezza di fronte all’avanzare dell’epidemia, soprattutto nel vicino Iran che è l’epicentro del focolaio per la regione mediorientale. “Dovevano chiudere prima le frontiere, tutti ci aspettavamo l’epidemia. Tutto il mondo - conclude - sta cercando di trovare la medicina. Ora la medicina più forte è la preghiera, l’affidarsi al Signore e alle sue mani”.