By Fides
Negli scenari di guerra intorno a Falluja, dove è in corso l'offensiva per liberare la città dal controllo dei jihadisti dell'auto-proclamato Stato Islamico, agiscono anche gruppi paramilitari di varia composizione che si sono resi responsabili di assalti e violenze anche contro gruppi di civili in fuga dai territori occupati dal Daesh (tra i quali, secondo alcuni osservatori, provano a infiltrarsi anche i jihadisti).
Negli ultimi giorni, nei media e nelle reti sociali, sono circolate immagini che mostrano alcuni miliziani operanti nei gruppi paramilitari che partecipano alle operazioni ostentando croci, effigi di Gesù e altri simboli cristiani. Tenendo conto anche delle pericolose strumentalizzazioni che possono prendere a pretesto tali immagini, il Patriarcato caldeo ha diffuso un tempestivo comunicato per esprimere la più netta riprovazione per tali atti, e ribadire che i loro artefici non possono vantare alcun rapporto, neanche nominale, con il cristianesimo.
“Si tratta di singoli individui, che agiscono in maniera cattiva: l'ostentazione dei simboli cristiani è parte della cattiveria, e fomenta scontri di matrice religiosa, spirali di vendetta e nuove sofferenze” riferisce all'Agenzia Fides il Patriarca caldeo Louis Raphael I. I gruppi paramilitari di cui fanno parte questi individui hanno una composizione mista dal punto di vista religioso, e forse l'ostentazione di simboli cristiani punta a dimostrare che le milizie di difesa popolare contro i jihadisti hanno l'appoggio di tutti i gruppi religiosi. Ma le conseguenze di tale operazione sciagurata appaiono pericolose per tutti, a cominciare dai cristiani.
In più occasioni, il Patriarcato caldeo ha voluto rimarcare la propria distanza anche dai gruppi armati attivi sullo scenario iracheno che cercano di rivendicare la propria affiliazione alle comunità cristiane locali, e che potrebbero in tempi brevi ricevere finanziamenti e forniture militari su disposizione del Congresso degli Stati Uniti (vedi Fides 19 maggio 2016). Lo stesso Patriarca Louis Raphael ha più volte suggerito ai cristiani che vogliono partecipare alla liberazione delle città occupate dallo Stato islamico di arruolarsi nelle forze militari nazionali o nelle milizie Peshmerga, che fanno capo al governo della regione autonoma del Kurdistan iracheno, evitando in tutti i modi di dar vita a milizie settarie che finiscono per alimentare tutte le forme di “sedizione confessionale”.
Negli ultimi giorni, nei media e nelle reti sociali, sono circolate immagini che mostrano alcuni miliziani operanti nei gruppi paramilitari che partecipano alle operazioni ostentando croci, effigi di Gesù e altri simboli cristiani. Tenendo conto anche delle pericolose strumentalizzazioni che possono prendere a pretesto tali immagini, il Patriarcato caldeo ha diffuso un tempestivo comunicato per esprimere la più netta riprovazione per tali atti, e ribadire che i loro artefici non possono vantare alcun rapporto, neanche nominale, con il cristianesimo.
“Si tratta di singoli individui, che agiscono in maniera cattiva: l'ostentazione dei simboli cristiani è parte della cattiveria, e fomenta scontri di matrice religiosa, spirali di vendetta e nuove sofferenze” riferisce all'Agenzia Fides il Patriarca caldeo Louis Raphael I. I gruppi paramilitari di cui fanno parte questi individui hanno una composizione mista dal punto di vista religioso, e forse l'ostentazione di simboli cristiani punta a dimostrare che le milizie di difesa popolare contro i jihadisti hanno l'appoggio di tutti i gruppi religiosi. Ma le conseguenze di tale operazione sciagurata appaiono pericolose per tutti, a cominciare dai cristiani.
In più occasioni, il Patriarcato caldeo ha voluto rimarcare la propria distanza anche dai gruppi armati attivi sullo scenario iracheno che cercano di rivendicare la propria affiliazione alle comunità cristiane locali, e che potrebbero in tempi brevi ricevere finanziamenti e forniture militari su disposizione del Congresso degli Stati Uniti (vedi Fides 19 maggio 2016). Lo stesso Patriarca Louis Raphael ha più volte suggerito ai cristiani che vogliono partecipare alla liberazione delle città occupate dallo Stato islamico di arruolarsi nelle forze militari nazionali o nelle milizie Peshmerga, che fanno capo al governo della regione autonoma del Kurdistan iracheno, evitando in tutti i modi di dar vita a milizie settarie che finiscono per alimentare tutte le forme di “sedizione confessionale”.