"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

15 novembre 2013

Iraq. Mons. Sako: visti facili per espatriare, forse c'è un piano per allonanare i cristiani


Mentre l’Iraq conta i morti dell’ennesima strage di sciiti – oltre 40 uccisi ieri in diversi attentati, nel giorno della loro importante festa religiosa dell’Ashura – la Chiesa nel Paese è molto preoccupata per la continua emorragia di cristiani. Il patriarca caldeo, mons. Louis Sako, stigmatizza il fenomeno dei “visti facili” concessi dalle ambasciate e denuncia la possibile esistenza di un “piano” inteso a favorire il flusso delle famiglie cristiane all’estero. Le sue parole al microfono di Hélène Destombes:

Ogni giorno, ci sono famiglie che lasciano il Paese sia qui a Baghdad, ma anche nel Nord del Kurdistan. E’ un fenomeno veramente molto preoccupante. Non si capisce perché: in questo periodo non ci siano pressioni contro i cristiani. E’ vero che c’è tensione fra sunniti e sciiti, ma per quanto riguarda i cristiani finora non è successo niente. Se tutti i cristiani se ne vanno, dunque, che cosa rimane? Se rimane lì solo qualche famiglia, la loro presenza non avrà alcun impatto e sarà una presenza molto fragile. Durante tutta la nostra storia ci sono stati problemi, anche persecuzioni, ma i nostri padri non hanno lasciato il loro Paese. E c’è anche una testimonianza cristiana, c’è un dovere: se noi siamo cristiani, dobbiamo restare lì anche come missionari, riflettere i valori del Vangelo. Noi vescovi siamo preoccupati di questo fenomeno. Ci sono ambasciate che danno facilmente il visto a questi cristiani, ma anche ai non cristiani. Noi siamo contro il fenomeno, ma non se ci sono casi seri.
Come spiegate questa moltiplicazione di visti, che sono stati dati ai cristiani dalle ambasciate?
Forse c’è qualcosa, c’è un piano dietro, perché anche durante le difficoltà che abbiamo vissuto, le ambasciate non hanno dato questi visti. La gente è andata in Siria, in Libano, in Turchia, in Giordania e ci sono ancora delle persone che aspettano lì.
Quali sono le misure concrete che pensate di mettere in atto per combattere questo fenomeno?
Noi durante le omelie parliamo sempre e incoraggiamo la gente a rimanere. Facciamo ciò che possiamo per l’alloggio e per il lavoro. La settimana scorsa ho presentato più di 150 nomi di giovani al governo per un lavoro. Aiutiamo la gente povera, quando viene qui. Stiamo facendo il possibile, ma non possiamo fare miracoli. Anche nel Nord ci sono case date gratuitamente alle famiglie che hanno paura o che sono andate lì. Bisogna avere pazienza, ma anche avere fiducia nell’avvenire.