By Fides, 9 12 2011
Sarà un “Natale sotto assedio” quello che vivranno le comunità cristiane in Iraq. “Le tradizioni saranno rispettate nel chiuso delle case e delle chiese. La Santa Messa si celebra di giorno, per motivi di sicurezza. Sarà un Natale fra la paura e la fede incrollabile” dice, in un nota inviata a Fides, “Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS), opera di diritto pontificio, annunciando una campagna di solidarietà e di sostegno verso i fedeli cristiani in Iraq. Le testimonianze raccolte da ACS in Iraq raccontano le condizione dei fedeli nelle varie regioni del paese. Secondo Mons. Jean Benjamin Sleiman, Arcivescovo di Bagdad dei Latini, negli ultimi anni, alcuni fedeli cristiani hanno conosciuto la persecuzione e oggi continuano ad abitare le zone più pericolose, come Bagdad e Mosul. Sono considerati “dimmi” (infedeli), quindi giuridicamente e socialmente inferiori, e perfino costretti a pagare la “jizya”, il tributo islamico dovuto dalle minoranze non musulmane per poter praticare la loro fede. In Kurdistan – racconta il Vescovo – la vita dei cristiani è più tranquilla, “ma le enormi difficoltà socio-culturali ed economiche spingono i fedeli ad emigrare”. Al di fuori di queste “isole di convivenza”, la comunità cristiana subisce la maggioranza islamica, “assistendo inerme alla criminalità, mafiosa o miliziana”.
L’incertezza del futuro accomuna i fedeli iracheni, che attendono con ansia la Santa Messa di Natale. “Le festività – spiega l’Arcivescovo di Bagdad dei Latini – sono occasioni fondamentali per praticare la fede. Spero che riusciremo a celebrarle con serenità, ma tutto dipende dalla sicurezza”. Guardando al nuovo Iraq, Mons. Sleiman invita la comunità internazionale a sostenere il Governo, “perché l’Iraq ridiventi uno stato di diritto”.
P. Amir Jaje, Superiore dei Domenicani di Baghdad, parla del clima teso che si respira ormai da qualche settimana a Baghdad, a causa dei conflitti settari e per l’imminente ritiro delle truppe americane: “Gli estremisti approfittano delle tensioni per far sentire la propria voce – dice padre Amir – e i fedeli sono sempre più angosciati”. Ma “in Iraq c’è ancora speranza, e il nostro Natale è credere in questa speranza”, conclude.
Sarà un “Natale sotto assedio” quello che vivranno le comunità cristiane in Iraq. “Le tradizioni saranno rispettate nel chiuso delle case e delle chiese. La Santa Messa si celebra di giorno, per motivi di sicurezza. Sarà un Natale fra la paura e la fede incrollabile” dice, in un nota inviata a Fides, “Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS), opera di diritto pontificio, annunciando una campagna di solidarietà e di sostegno verso i fedeli cristiani in Iraq. Le testimonianze raccolte da ACS in Iraq raccontano le condizione dei fedeli nelle varie regioni del paese. Secondo Mons. Jean Benjamin Sleiman, Arcivescovo di Bagdad dei Latini, negli ultimi anni, alcuni fedeli cristiani hanno conosciuto la persecuzione e oggi continuano ad abitare le zone più pericolose, come Bagdad e Mosul. Sono considerati “dimmi” (infedeli), quindi giuridicamente e socialmente inferiori, e perfino costretti a pagare la “jizya”, il tributo islamico dovuto dalle minoranze non musulmane per poter praticare la loro fede. In Kurdistan – racconta il Vescovo – la vita dei cristiani è più tranquilla, “ma le enormi difficoltà socio-culturali ed economiche spingono i fedeli ad emigrare”. Al di fuori di queste “isole di convivenza”, la comunità cristiana subisce la maggioranza islamica, “assistendo inerme alla criminalità, mafiosa o miliziana”.
L’incertezza del futuro accomuna i fedeli iracheni, che attendono con ansia la Santa Messa di Natale. “Le festività – spiega l’Arcivescovo di Bagdad dei Latini – sono occasioni fondamentali per praticare la fede. Spero che riusciremo a celebrarle con serenità, ma tutto dipende dalla sicurezza”. Guardando al nuovo Iraq, Mons. Sleiman invita la comunità internazionale a sostenere il Governo, “perché l’Iraq ridiventi uno stato di diritto”.
P. Amir Jaje, Superiore dei Domenicani di Baghdad, parla del clima teso che si respira ormai da qualche settimana a Baghdad, a causa dei conflitti settari e per l’imminente ritiro delle truppe americane: “Gli estremisti approfittano delle tensioni per far sentire la propria voce – dice padre Amir – e i fedeli sono sempre più angosciati”. Ma “in Iraq c’è ancora speranza, e il nostro Natale è credere in questa speranza”, conclude.