By SIR 14 luglio 2010
“Non spetta certo a noi, uomini di chiesa, esprimere pareri su fatti come questi di rilevanza politica. Posso soltanto dire di operare con giustizia e misericordia”. Così il vicario patriarcale di Baghdad, mons. Shlemon Warduni, commenta al SIR la consegna, da parte delle forze americane, del numero 2 di Saddam Hussein, Tarek Aziz, alle autorità irachene.
Il fatto è stato denunciato dall’avvocato di Aziz, Badie Aref, che da Amman, ha dichiarato che la vita del suo assistito “ora corre un grave pericolo. Egli teme che possa venire ucciso o che gli siano vietate le necessarie cure mediche”. Aziz, di fede cristiana, si consegnò agli Usa nel 2003, subito dopo la deposizione di Saddam Hussein. Processato per il coinvolgimento con il regime, è stato condannato dal tribunale speciale iracheno a sette anni di prigione. “La giustizia deve fare il suo corso ma senza dimenticare la misericordia – aggiunge il presule caldeo – va, infatti, tenuta presente la condizione particolare in cui si era costretti ad agire sotto il passato regime, quando non era concesso dissentire o esprimere pareri diversi. Personalmente credo che non avrebbe voluto la guerra. Era molto rispettato dai governi di quel tempo”. Nel 2003 Aziz fu ricevuto da Giovanni Paolo II che si adoperò a lungo per scongiurare la guerra. Aref non ha escluso di volersi recare in Vaticano per perorare la causa umanitaria di Aziz.
“Non spetta certo a noi, uomini di chiesa, esprimere pareri su fatti come questi di rilevanza politica. Posso soltanto dire di operare con giustizia e misericordia”. Così il vicario patriarcale di Baghdad, mons. Shlemon Warduni, commenta al SIR la consegna, da parte delle forze americane, del numero 2 di Saddam Hussein, Tarek Aziz, alle autorità irachene.
Il fatto è stato denunciato dall’avvocato di Aziz, Badie Aref, che da Amman, ha dichiarato che la vita del suo assistito “ora corre un grave pericolo. Egli teme che possa venire ucciso o che gli siano vietate le necessarie cure mediche”. Aziz, di fede cristiana, si consegnò agli Usa nel 2003, subito dopo la deposizione di Saddam Hussein. Processato per il coinvolgimento con il regime, è stato condannato dal tribunale speciale iracheno a sette anni di prigione. “La giustizia deve fare il suo corso ma senza dimenticare la misericordia – aggiunge il presule caldeo – va, infatti, tenuta presente la condizione particolare in cui si era costretti ad agire sotto il passato regime, quando non era concesso dissentire o esprimere pareri diversi. Personalmente credo che non avrebbe voluto la guerra. Era molto rispettato dai governi di quel tempo”. Nel 2003 Aziz fu ricevuto da Giovanni Paolo II che si adoperò a lungo per scongiurare la guerra. Aref non ha escluso di volersi recare in Vaticano per perorare la causa umanitaria di Aziz.