By Asia News
La speranza di un nuovo governo; la sicurezza per le minoranze e per i cristiani in particolare; il rispetto per i diritti umani e soprattutto della libertà religiosa sono alcuni dei temi del discorso che Benedetto XVI ha pronunciato oggi alla presentazione delle lettere credenziali del nuovo ambasciatore irakeno presso la S. Sede, Habbeb Mohammed Hadi Ali Al-Sadr.
La speranza di un nuovo governo; la sicurezza per le minoranze e per i cristiani in particolare; il rispetto per i diritti umani e soprattutto della libertà religiosa sono alcuni dei temi del discorso che Benedetto XVI ha pronunciato oggi alla presentazione delle lettere credenziali del nuovo ambasciatore irakeno presso la S. Sede, Habbeb Mohammed Hadi Ali Al-Sadr.
Quasi come in un’accurata analisi sul Paese, il pontefice ha anzitutto augurato che “la formazione di un nuovo governo proceda velocemente, così che la volontà del popolo per un più stabile e unificato Iraq possa essere compiuta”.
Il 7 marzo scorso gli irakeni sono andati a votare per il nuovo parlamento e governo, sfidando minacce dei terroristi e l’insicurezza cronica del Paese. Ma da allora non è stato formato alcun governo per il conflitto- competizione che oppone Iyad Allawi, laico, vincitore di stretta misura sul partito di Al Maliki, sciita. Il papa ha ricordato “il grande coraggio” testimoniato dagli irakeni alle elezioni e domanda che esso sia corrisposto.
Il secondo tema affrontato dal papa è quello della sicurezza e del posto dei cristiani nell’Iraq contemporaneo. Benedetto XVI accenna in breve alle violenze e alla fuga dei cristiani che hanno ridotto quasi del 50% le comunità. Ricordando l’importante contributo sociale delle comunità cristiane nel campo dell’educazione e dell’assistenza, egli ha affermato che “i cristiani irakeni hanno bisogno di sapere che c’è ormai sicurezza per loro nel rimanere o nel ritornare alle loro case; ed essi necessitano garanzie che le loro proprietà verranno riconsegnate e i loro diritti difesi”.
Benedetto XVI ha pure esortato al rispetto dei diritti umani “nelle leggi e nella pratica” per rendere “sana” la società irakena. E ha sottolineato che “fra i diritti da rispettare per promuovere il bene comune, sono primari il diritto alla libertà religiosa e di culto, perché essi rendono abili i cittadini a vivere secondo la loro dignità trascendente come persone fatte ad immagine del loro divino Creatore. Spero perciò e prego che questi diritti non solo vengano inscritti nella legislazione, ma si diffondano in modo profondo nel tessuto della società”.
Ricordando poi l’imminente Sinodo dei vescovi sul Medio oriente, che tratterrà pure del dialogo e della collaborazione fra cristiani e musulmani, il papa ha aggiunto: “Spero che dalle difficili esperienze del passato decennio, l’Iraq possa uscire quale modello di tolleranza e di cooperazione fra musulmani, cristiani e altri al servizio di coloro che sono più bisognosi”.
Nel suo discorso il pontefice ha citato pure “i molti atti tragici di violenza commessi contro membri innocenti della popolazione, sia musulmani che cristiani” e ha ricordato “l’esempio di quegli uomini e donne che, avendo scelto la via coraggiosa della testimonianza non violenta… hanno perso le loro vite in codardi atti di violenza”. Fra essi il papa ha menzionato mons. Paulos Faraj Rahho, arcivescovo caldeo di Mosul, morto in cattività per un rapimento nel marzo 2008(v. foto del suo funerale), e p. Ragheed Ganni, sacerdote di Mosul, ucciso all’uscita della chiesa dopo la messa domenicale nel giugno 2007.
“Possa il loro sacrificio – ha continuato il papa – e quello di molti altri come loro, rafforzare nel popolo irakeno la determinazione morale necessaria per strutture politiche che garantiscano una più grande giustizia e stabilità”.