"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

25 ottobre 2021

Elezioni, vescovi caldei: ‘tensione’ preoccupante, un governo contro il baratro


I risultati delle elezioni parlamentari in Iraq del 10 ottobre hanno innescato una situazione di “tensione” in tutto il Paese che preoccupa la Chiesa caldea, il cui patriarca Sako era intervenuto alla vigilia del voto auspicando una partecipazione in massa contro i brogli.
Per questo i vescovi hanno lanciato un appello in cui chiedono ai politici di “seguire i valori della nazione e della fraternità”, guardando all’interesse pubblico più che alle “agende di partito”.
Alla classe dirigente giunge l’invito a procedere in maniera “spedita” alla formazione di un “governo di competenze nazionali” alla luce di un risultato che ha decretato la vittoria di Moqtada al-Sadr, che però non ha la maggioranza assoluta per formare un esecutivo. Egli dovrà trovare accordi in Parlamento per controllare i 165 seggi necessari.
Intanto il Gulf Centre for Human Rights denuncia attacchi ad attivisti e membri della società civile e dei mezzi di informazione, in un quadro definito “preoccupante” di violazioni ai diritti umani e torture dei civili.
Nel complesso le autorità hanno registrato almeno 77 violazioni durante la tornata elettorale a Baghdad, Kirkuk, Basra, Erbil, Nineveh, Diyala, Anbar, Wasit e Diwaniyah, con tentativi di brogli e intimidazioni degli avversari.
Polemiche si registrano anche sull’assegnazione dei cinque seggi riservati ai cristiani.
Interpellato dal sito curdo Rudaw, l’ex parlamentare Joseph Sliwa ha detto che i nuovi deputati non sono rappresentativi, perché il 90% dei loro voti non vengono da elettori cristiani, ma da sciiti e curdi, che hanno dirottato parte delle loro preferenze in modo da eleggere candidati affini o “manipolabili”.
Immediata la replica degli eletti, secondo cui il processo si è svolto in modo regolare e le denunce sono frutto del malcontento degli sconfitti. Fra quanti non riconoscono i risultati delle urne vi sono i membri della coalizione (sciita) Fatah, vicini all’Iran, che hanno indetto manifestazioni a Baghdad e in altre città fra cui Bassora, Kerbala e Kirkuk.
In risposta, la Commissione elettorale ha concesso un nuovo conteggio di 300 urne, in un clima diffuso di malcontento che preoccupa la Chiesa irachena.

Di seguito il testo del messaggio lanciato dal card. Sako e dai vescovi caldei in Iraq.
Alla luce della situazione attuale di “tensione” in Iraq, innescata dai risultati delle elezioni parlamentari, i vescovi caldei in Iraq, riuniti sotto la presidente di sua beatitudine il patriarca Louis Raphael Sako nella residenza estiva di Ankawa/Erbil, il 23 ottobre 2021, si rivolgono a tutti con questo appello:
Invitiamo tutti i politici iracheni a seguire i valori della nazione e della fraternità, al fine di garantire priorità all’interesse pubblico più che alle agende partigiane e di partito. Questo obiettivo può essere raggiunto mettendosi insieme e dando vita a un dialogo calmo e civile, all’interno del quale si possano esprimere i diversi punti di vista, per porre fine alla situazione attuale di tensione generata dalle recenti elezioni politiche.
I vescovi caldei hanno lanciato ripetuti appelli alla classe dirigente irachena, perché proceda in maniera spedita alla formazione di un governo di competenze nazionali, in grado di realizzare le richieste del popolo iracheno e di impedire al Paese di “scivolare” in una situazione sempre peggiore. Ribadiamo con forza che minacciare o usare le armi per risolvere i problemi fra i cittadini è uno dei principali “peccati” in ogni uso e tradizione, perché le armi devono essere solo un mezzo di difesa della madrepatria.
[In questi tempi bui] Possa l’Iraq essere preservato e protetto nelle coscienze dei suoi fedeli cittadini.