"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

21 ottobre 2021

Polemiche post-elezioni sulla distribuzione dei seggi riservati a candidati cristiani


A pochi giorni dalle elezioni parlamentari irachene, svoltesi domenica 10 ottobre, torna anche stavolta lo strascico di prevedibili polemiche post-elezioni intorno alla distribuzione dei 5 seggi parlamentari riservati dal sistema elettorale a candidati cristiani. Le obiezioni più esplicite ai risultati relativi alla quota di seggi garantita a politici appartenenti alle locali comunità cristiane, sono state espresse dall’ex parlamentare cristiano Yussef Juseph Sliwa, spintosi a dichiarare in un’intervista diffusa dal network curdo Rudaw, che i cinque nuovi parlamentari aggiudicatari dei seggi di tale quota, in realtà non rappresentano i cristiani iracheni, visto che a suo dire il 90% dei voti espressi a loro favore in realtà non sarebbero arrivati da elettori cristiani.
L’accusa, emersa anche in occasione delle elezioni politiche irachene del 2018, chiama in causa formazioni politiche maggiori, di matrice sciita e curda, che avrebbero dirottato una parte dei propri voti sui candidati in corsa per la conquista dei seggi riservati ai cristiani, in modo da piazzare in quei seggi dei parlamentari totalmente allineati alle proprie strategie politiche. Sliwa, nella sua intervista, ha ribadito che i politici appartenenti a comunità cristiane locali – siri, caldei e assiri – non avrebbero dovuto farsi coinvolgere nei conflitti che contrappongono partiti sciiti a partiti sciiti e sigle curde ad altre formazioni politiche curde.
Alle accuse di Sliwa ha risposto a stretto giro Evan Faeq Yakoub Jabro, ex ministra per i rifugiati e le migrazioni nel governo uscente guidato da Mustafa al Kadhimi, eletta con quasi 11mila preferenze al nuovo Parlamento nelle file del “Movimento Babilonia”, dopo aver gareggiato per occupare il seggio riservato a candidati cristiani nella città di Baghdad.
In un’intervista rilanciata dal Rudaw Media Network, l’ex ministra ha difeso la trasparenza del processo elettorale, sottolineando che nella distribuzione dei seggi riservata ai cristiani si è registrata una eloquente affermazione delle candidate donne (due su cinque), segno che “la nostra società ha iniziato a fare passi avanti verso una certa apertura intellettuale”. Evan Jabro ha liquidato anche le accuse di manipolazione elettorale espresse da Sliwa e da esponenti politici cristiani come reazione comprensibile di sigle politiche uscite sconfitte dal confronto elettorale. Il “Movimento Babilonia”, come riferito dall’Agenzia Fides, ha ottenuto ben 4 dei 5 seggi riservati a candidati cristiani dal sistema elettorale nazionale. Il quinto seggio, assegnato nel distretto di Erbil, è stato assegnato al candidato indipendente Farouk Hanna Atto.
Il Movimento Babilonia è nato come proiezione politica delle cosiddette “Brigate Babilonia”, milizia armata formatasi nel contesto delle operazioni militari contro i jihadisti dello Stato Islamico (Daesh) che portarono alla riconquista delle aree nord-irachene cadute nelle mani jihadiste nel 2014. Guidate da Ryan al Kildani (Ryan “il caldeo”), le “Brigate Babilonia” avevano sempre rivendicato la propria etichetta di milizia composta da cristiani, anche se risultava documentato il loro collegamento con milizie sciite filo-iraniane come le Unità di Protezione popolare (Hashd al Shaabi). Anche la sigla politica del “Movimento Babilonia” viene considerata vicina alla “Organizzazione Badr”, movimento politico che alle elezioni è confluito nella Alleanza Fatah, cartello che raggruppava nove sigle e organizzazioni sciite di orientamento filo-iraniano, uscite sconfitte dalla tornata elettorale dell’8 ottobre.
I risultati delle elezioni irachene, oltre alla sconfitta del blocco Fatah, hanno fatto registrare anche la crescita del Partito Sadrista, guidato dal leader sciita Muqtada al Sadr che nel Parlamento precedente controllava 58 seggi e siederà come prima forza nella nuova assemblea parlamentare, avendo conquistato 73 dei 329 seggi del Parlamento. La coalizione Fatah ha ottenuto solo 15 seggi a fronte dei 48 controllati dalle stesse sigle della coalizione nel precedente Parlamento, e non ha riconosciuto i risultati del voto, invitando i sostenitori a scendere in piazza.
A Baghdad i manifestanti si sono radunati nei pressi della “Zona Verde”, area dove sono concentrati gli uffici del governo e le ambasciate. Proteste analoghe si sono registrate negli ultimi giorni anche a Bassora, Kerbala e Kirkuk.
Ai seggi si è recato solo il 41% degli aventi diritto al voto, soglia che rappresenta il minimo storico delle 6 elezioni parlamentari tenutesi in Iraq dal 2003, dopo la fine del regime di Saddam Hussein. L’appuntamento elettorale, fissato per il 2022, era stato anticipato dopo le proteste popolari che nell’autunno 2019 avevano manifestato scontento generalizzato verso l’intera dirigenza politica irachena, accusata di corruzione e cattiva gestione.
I risultati delle elezioni irachene hanno registrato un'affermazione importante della presenza femminile in Parlamento. 97 deputate sono state elette, molto di più rispetto alla quota del 25% assegnata per legge (83 su un totale di seggi di 329).