Foto Aiuto alla Chiesa che Soffre |
Aiuto alla Chiesa che Soffre manifesta vivo apprezzamento per lo stanziamento di almeno 75 milioni di dollari da parte degli Stati Uniti d’America per agevolare il rientro degli sfollati interni, prevalentemente cristiani e yazidi, nella Piana di Ninive e nella città di Sinjar, secondo quanto affermato dall’ambasciatore USA in Iraq Douglas Seelman in vista della Conferenza internazionale per la ricostruzione dell'Iraq in programma a Kuwait City a partire dal prossimo 12 febbraio.
La
fondazione pontificia ha auspicato un analogo impegno dei governi
nazionali incontrando decine di ambasciatori accreditati presso la Santa
Sede nel corso di una conferenza internazionale sulla Piana di Ninive
svoltasi a Roma a fine settembre 2017, e alla quale ha partecipato anche
il Segretario di Stato vaticano Card. Pietro Parolin. Si tratta di un
impegno che ACS ritiene sia dovuto ad una popolazione vittima di un
genocidio che l’ONU non ha ancora avuto il coraggio di riconoscere
formalmente.
Aiuto
alla Chiesa che Soffre dal 2011 ha finanziato progetti per l’Iraq per
un totale di circa 35,7 milioni di euro, e in questi mesi sta procedendo
nella raccolta fondi per il Progetto di ricostruzione di 13.000 case
danneggiate o distrutte dall’ISIS nei villaggi cristiani della Piana di
Ninive. Il costo stimato di questo “piano Marshall” per l’Iraq è di
oltre 250 milioni di dollari. Il sostegno alla minoranza cristiana
irachena rappresenta un seme di speranza per popolazioni flagellate dal
terrorismo di matrice islamica, ma non solo. La ricostruzione del
tessuto sociale della Piana di Ninive costituirà anche un pacifico
argine contro la diffusione dell’ideologia politico-religiosa
dell’estremismo, niente affatto debellata nonostante la sconfitta
militare dell’ISIS.
ACS
è quindi convinta dell’importanza strategica della ricostruzione di
quest’area dell’Iraq per garantire la stabilizzazione del Medio Oriente
nel suo complesso. Ora, dopo la decisione statunitense, auspica un
maggiore coinvolgimento anche delle nazioni dell’Unione Europea, e lo fa
con un solo, pressante, appello: per l’Iraq fate presto!