By SIR
“La situazione dei cristiani in Siria, Iraq ed Egitto è una tragedia
completa. In questi Paesi, culla della nostra civiltà, il circolo
vizioso della violenza sembra senza speranza e senza fine”. Lo ha detto,
nella sua prima conferenza stampa, in occasione del Natale,
l’amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme,
monsignor Pierbattista Pizzaballa.
“Tutti abbiamo visto le immagini di Aleppo della scorsa settimana, ma anche di tutta la regione durante i lunghi anni del conflitto. Siria e Iraq sono distrutti”. Le guerre e l’uso della forza, “non sono stati in grado di portare la pace e la giustizia ma solo altra violenza, morte e distruzione”, ha affermato l’arcivescovo, che ha puntato l’indice contro “il commercio di armi, i giochi di potere e i fondamentalismi”. La pace, ha ribadito Pizzaballa, implica “negoziati politici e soluzioni. L’esercito può vincere la guerra ma per costruire serve la politica. E noi non la vediamo. Molti interessi sono in gioco in queste guerre ma alla fine i poveri ei deboli sono quelli che hanno pagato per loro, e hanno pagato troppo”. Nel suo intervento mons. Pizzaballa ha ricordato la comunità cristiana egiziana che “vive continuamente sotto minacce” come testimonia il recente attentato alla chiesa copta. A riguardo l’amministratore apostolico ha detto che “abbiamo anche noi la nostra parte di responsabilità, non possiamo continuare a parlare sempre di dialogo, giustizia e pace. Le parole non sono sufficienti. Dobbiamo combattere la povertà e l’ingiustizia dando testimonianza di misericordia”. Da mons. Pizzaballa anche la messa in guardia sulla situazione in Terra Santa, dove “riecheggiano l’estremismo e il fondamentalismo”. Chiari i riferimenti ai numerosi atti di vandalismo contro luoghi di culto cristiani. Il vescovo ha lamentato anche “la mancanza di visione” di israeliani e palestinesi che si traduce in assenza di dialogo e di impegno concreto per la pace. È urgente che i governanti “guardino con coraggio ai loro popoli che soffrono e chiedono pace”. Non è mancato un riferimento alla costruzione del muro di sicurezza israeliano a Cremisan, su terre espropriate ai palestinesi, “un sequestro dell’eredità delle famiglie cristiane palestinesi”, e alle migliaia di lavoratori stranieri, molti sono cristiani, giunti in Israele cui la Chiesa sta offrendo accoglienza per dare loro speranza. Nel discorso dell’Amministratore non sono mancate delle “luci”. Tra queste la guida e la predicazione di Papa Francesco, l’Anno della Misericordia, i restauri del Sepolcro di Gesù, della Natività a Betlemme.
“Tutti abbiamo visto le immagini di Aleppo della scorsa settimana, ma anche di tutta la regione durante i lunghi anni del conflitto. Siria e Iraq sono distrutti”. Le guerre e l’uso della forza, “non sono stati in grado di portare la pace e la giustizia ma solo altra violenza, morte e distruzione”, ha affermato l’arcivescovo, che ha puntato l’indice contro “il commercio di armi, i giochi di potere e i fondamentalismi”. La pace, ha ribadito Pizzaballa, implica “negoziati politici e soluzioni. L’esercito può vincere la guerra ma per costruire serve la politica. E noi non la vediamo. Molti interessi sono in gioco in queste guerre ma alla fine i poveri ei deboli sono quelli che hanno pagato per loro, e hanno pagato troppo”. Nel suo intervento mons. Pizzaballa ha ricordato la comunità cristiana egiziana che “vive continuamente sotto minacce” come testimonia il recente attentato alla chiesa copta. A riguardo l’amministratore apostolico ha detto che “abbiamo anche noi la nostra parte di responsabilità, non possiamo continuare a parlare sempre di dialogo, giustizia e pace. Le parole non sono sufficienti. Dobbiamo combattere la povertà e l’ingiustizia dando testimonianza di misericordia”. Da mons. Pizzaballa anche la messa in guardia sulla situazione in Terra Santa, dove “riecheggiano l’estremismo e il fondamentalismo”. Chiari i riferimenti ai numerosi atti di vandalismo contro luoghi di culto cristiani. Il vescovo ha lamentato anche “la mancanza di visione” di israeliani e palestinesi che si traduce in assenza di dialogo e di impegno concreto per la pace. È urgente che i governanti “guardino con coraggio ai loro popoli che soffrono e chiedono pace”. Non è mancato un riferimento alla costruzione del muro di sicurezza israeliano a Cremisan, su terre espropriate ai palestinesi, “un sequestro dell’eredità delle famiglie cristiane palestinesi”, e alle migliaia di lavoratori stranieri, molti sono cristiani, giunti in Israele cui la Chiesa sta offrendo accoglienza per dare loro speranza. Nel discorso dell’Amministratore non sono mancate delle “luci”. Tra queste la guida e la predicazione di Papa Francesco, l’Anno della Misericordia, i restauri del Sepolcro di Gesù, della Natività a Betlemme.