By Asia News
di Joseph Mahmoud
"Se abbandoniamo l'Iraq, saremo
tagliati fuori per sempre dalle nostre origini e dalla nostra storia",
perché il futuro della comunità "è legato al nostro impegno e
all'impatto che esso avrà". "Il nostro futuro è qui, non certo nelle
nazioni della diaspora". È un richiamo accorato, forte e definitivo
quello lanciato da sua Beatitudine Mar Louis Raphael I Sako, Patriarca
caldeo d'Iraq, durante un incontro con i fedeli alla parrocchia di San
Giuseppe a Baghdad. Il simposio, al quale hanno partecipato diverse
personalità della Chiesa caldea, si è tenuto lo scorso 26 febbraio e ha
affrontato le "crisi" che attraversano la nazione e le "sfide" poste
dall'emigrazione. L'esodo senza fine dei cristiani d'Iraq, la cui
popolazione si è pressoché dimezzata dall'invasione statunitense nel
2003, è infatti uno dei temi chiave del Patriarca, una sfida attorno
alla quale si gioca la sopravvivenza della comunità nel Paese e in tutto
il Medio oriente.
Sua Beatitudine spiega che i cristiani del Medio oriente differiscono
dai concittadini musulmani, perché hanno dovuto preservare la fede "a
fronte di enormi sacrifici", ed è "disdicevole" che i governi musulmani
li trattino alla stregua di "cittadini di serie b" nella loro terra. Le
Crociate e il Colonialismo, prosegue, hanno rafforzato questo (presunto)
"legame con l'Occidente". Ai problemi legati alla sicurezza, alle
persecuzioni e alle violenze, aggiunge ancora, di recente si è unito un
altro fenomeno: mafia e criminalità che "incentivano la migrazione"
offrendo agevolazioni, in base a un piano politico specifico.
"Abbandonare il Paese - continua Sua Beatitudine - significa dare un
taglio netto alla storia e alla civiltà della nazione, adattandosi a
modelli occidentali in termini di linguaggio, costumi, morale, società,
famiglia, cultura e istruzione". Per farla breve, chiosa, emigrare
significa "strappare le radici ed è una forma particolare di morte".
"Siamo nati in Iraq - avverte Mar Sako - e [...] siamo qui per
rispondere a un piano divino, la responsabilità di annunciare il Vangelo
di Gesù Cristo a quanti vivono accanto a noi". Se i cristiani
abbandonano in massa il Paese, si chiede il Patriarca, "chi testimonierà
il Cristo?", mentre le chiese verranno "trasformate in musei e pietre
morte, se non completamente distrutte". L'emigrazione, rilancia, è un
"tradimento" della patria e una "fuga dalle responsabilità".
Mar Sako parla infine della "presunta felicità" di quanti emigrano,
che in realtà nella maggior parte dei casi si rivela essere solo un
"miraggio". "La miseria dell'alienazione e il problema occupazionale, il
rischio di perdere tutto... Non pensate di trovare lavoro, denaro e
prosperità tanto facilmente" continua il Patriarca caldeo. Al contrario,
egli propone alcuni punti fermi dai quali partire per rilanciare la
presenza cristiana in Iraq e in Medio oriente: rafforzamento
dell'istruzione, investimenti e attività economiche, nuove abitazioni e
posti di lavoro. Per far questo è necessaria maggiore coesione e unità
di intenti fra i vari gruppi politici, creare una Lega caldea e
difendere i diritti dei cristiani nelle situazioni di difficoltà.
Il simposio, al quale hanno partecipato alcuni prelati fra i quali
l'ausiliare di Baghdad Shlemon Warduni, si è concluso con l'invito del
Patriarca a intonare l'inno nazionale e a rivolgere le lodi alla Vergine
Maria, affidandosi "alla sua protezione".