By La Voce del Popolo, Diocesi di Torino
Stefano di Lullo
Si confondono tra le tante scolaresche che visitano ogni giorno il
centro di Torino, i suoi monumenti, le sue chiese. Camicia blu,
cappellino, zainetto sulle spalle, camminano tenendosi per mano, grandi
sorrisi in volto. Sono 26 studenti iracheni di 13-14 anni che in queste
settimane, per la prima volta, hanno potuto uscire dal loro Paese per un
viaggio d’istruzione all’estero: il primo viaggio in assoluto per una
scuola dell’Iraq. A guidarli è padre Douglas Al Bazi, sacerdote
cattolico caldeo iracheno, rettore della scuola cattolica Mar Qardagh
dell’Arcidiocesi caldea di Erbil nel nord dell’Iraq. Hanno scelto Torino
come meta finale del loro viaggio dopo essere passati per Istanbul,
Parigi, Roma e il Vaticano, con la partecipazione all’Angelus di
domenica scorsa in piazza San Pietro in cui papa Francesco ha rivolto
loro un particolare saluto.
La settimana torinese li ha portati alla scoperta dei santi sociali, dei luoghi della testimonianza di santità e della spiritualità torinese: la Consolata, il Duomo che custodisce la Sindone, la basilica di Maria Ausiliatrice…. Li ha accompagnati padre Aisen Elia, unico sacerdote salesiano iracheno che attualmente opera in Italia.
«La guerra in Iraq non è mai finita dal 2003 – racconta padre Douglas che negli ultimi dieci anni ha subito diversi attentati – La principale arma del regime è eliminare la componente istruita del Paese in modo da avere maggiore controllo sociale. I cristiani subiscono dure persecuzioni, sono temuti per la loro istruzione e per la diffusione del messaggio evangelico. Il clima di paura è il nostro quotidiano, ma insieme al Vescovo e ai sacerdoti della nostra diocesi rispondiamo alla sfida con un’altra sfida, quella di aprire la mente dei ragazzi e dei giovani; vogliamo essere una comunità attiva che testimonia il Vangelo, in modo da lasciare le giovani generazioni e quelle future libere di scegliere; non vogliamo continuare a generare e a tramandare sofferenza».
Il viaggio d’istruzione in Europa rientra nel progetto educativo. «Negli ultimi dieci anni migliaia di famiglie cristiane – prosegue padre Douglas - sono emigrate dall’Iraq (secondo un dato puramente indicativo sono attualmente nel Paese 150 mila cristiani; erano 800 mila prima del 2003), vogliamo dunque mostrare ai ragazzi il mondo fuori dal loro Paese in modo da offrire strumenti culturali e aprire la mente degli studenti a diverse esperienze, che li rendano liberi di scegliere se lasciare il Paese, o rimanere iniziando a cambiare la situazione». I santi sociali torinesi sono i modelli offerti ai giovani iracheni: le figure di Domenico Savio e Giovanni Bosco in particolare hanno accompagnato tutto il viaggio concluso nei giorni scorsi a Valdocco.
«Le figure dei santi hanno affascinato i ragazzi – racconta Douglas - Ho cercato di far capire che ognuno di loro può essere santo. È possibile cambiare il mondo, anche le situazioni più drammatiche, come ha fatto don Bosco». La scuola di padre Douglas, che raccoglie 380 studenti dai 7 ai 17 anni, è già una grande testimonianza di cambiamento, che quasi esclusivamente le scuole cattoliche portano avanti in Iraq.
Il sacerdote iracheno racconta la condizione della scuola pubblica che lui stesso ha vissuto nella propria infanzia, «una scuola – racconta - regolata da rapporti di paura con gli insegnanti: non esiste la possibilità di dialogo tra alunno e docente, se si fanno domande si viene puniti con percosse. Io pensai molte volte di fuggire, avevo tanta rabbia dentro di me. Dovevo scegliere se fuggire o rimanere, restare significava però lavorare senza pensare, senza lamentarsi. Poi ho capito la missione che il Signore mi stava affidando, mi sono riconciliato con me stesso e, accompagnato dalla grazia del Signore, ho iniziato a lavorare insieme agli altri sacerdoti per reagire, per aprire prospettive per i giovani. Non lo vedo come un rischio, non ho paura, il maggior rischio per i giovani e le generazioni future nel nostro Paese è quello di non reagire».
I progetti nella diocesi di Erbil sono tanti: «abbiamo in programma – dice padre Douglas - di aprire un'altra scuola e stiamo progettando un’università». «La scuola ci aiuta a sviluppare la nostra personalità per interagire con gli altri – racconta Davella, studentessa quattordicenne – e diventare persone che pensano e questo è certamente un fattore di sviluppo per la comunità. Gli insegnanti sono nostri amici, hanno a cuore la nostra formazione, a differenza delle altre scuole non ci prendono a calci. Sono rimasta colpita dalla figura di don Bosco, il santo dei giovani, da oggi sarà anche il mio santo: mi darà la forza per cercare di costruire un futuro nel mio Paese. E poi – conclude sorridendo - per la prima volta insieme alle insegnanti e alle mie compagne ho fatto shopping!». Padre Douglas e i suoi ragazzi sperano di ritornare a Torino il prossimo anno per l’Ostensione della Sindone e il bicentenario della nascita di don Bosco; poi di ripetere l’esperienza ogni anno.
La settimana torinese li ha portati alla scoperta dei santi sociali, dei luoghi della testimonianza di santità e della spiritualità torinese: la Consolata, il Duomo che custodisce la Sindone, la basilica di Maria Ausiliatrice…. Li ha accompagnati padre Aisen Elia, unico sacerdote salesiano iracheno che attualmente opera in Italia.
«La guerra in Iraq non è mai finita dal 2003 – racconta padre Douglas che negli ultimi dieci anni ha subito diversi attentati – La principale arma del regime è eliminare la componente istruita del Paese in modo da avere maggiore controllo sociale. I cristiani subiscono dure persecuzioni, sono temuti per la loro istruzione e per la diffusione del messaggio evangelico. Il clima di paura è il nostro quotidiano, ma insieme al Vescovo e ai sacerdoti della nostra diocesi rispondiamo alla sfida con un’altra sfida, quella di aprire la mente dei ragazzi e dei giovani; vogliamo essere una comunità attiva che testimonia il Vangelo, in modo da lasciare le giovani generazioni e quelle future libere di scegliere; non vogliamo continuare a generare e a tramandare sofferenza».
Il viaggio d’istruzione in Europa rientra nel progetto educativo. «Negli ultimi dieci anni migliaia di famiglie cristiane – prosegue padre Douglas - sono emigrate dall’Iraq (secondo un dato puramente indicativo sono attualmente nel Paese 150 mila cristiani; erano 800 mila prima del 2003), vogliamo dunque mostrare ai ragazzi il mondo fuori dal loro Paese in modo da offrire strumenti culturali e aprire la mente degli studenti a diverse esperienze, che li rendano liberi di scegliere se lasciare il Paese, o rimanere iniziando a cambiare la situazione». I santi sociali torinesi sono i modelli offerti ai giovani iracheni: le figure di Domenico Savio e Giovanni Bosco in particolare hanno accompagnato tutto il viaggio concluso nei giorni scorsi a Valdocco.
«Le figure dei santi hanno affascinato i ragazzi – racconta Douglas - Ho cercato di far capire che ognuno di loro può essere santo. È possibile cambiare il mondo, anche le situazioni più drammatiche, come ha fatto don Bosco». La scuola di padre Douglas, che raccoglie 380 studenti dai 7 ai 17 anni, è già una grande testimonianza di cambiamento, che quasi esclusivamente le scuole cattoliche portano avanti in Iraq.
Il sacerdote iracheno racconta la condizione della scuola pubblica che lui stesso ha vissuto nella propria infanzia, «una scuola – racconta - regolata da rapporti di paura con gli insegnanti: non esiste la possibilità di dialogo tra alunno e docente, se si fanno domande si viene puniti con percosse. Io pensai molte volte di fuggire, avevo tanta rabbia dentro di me. Dovevo scegliere se fuggire o rimanere, restare significava però lavorare senza pensare, senza lamentarsi. Poi ho capito la missione che il Signore mi stava affidando, mi sono riconciliato con me stesso e, accompagnato dalla grazia del Signore, ho iniziato a lavorare insieme agli altri sacerdoti per reagire, per aprire prospettive per i giovani. Non lo vedo come un rischio, non ho paura, il maggior rischio per i giovani e le generazioni future nel nostro Paese è quello di non reagire».
I progetti nella diocesi di Erbil sono tanti: «abbiamo in programma – dice padre Douglas - di aprire un'altra scuola e stiamo progettando un’università». «La scuola ci aiuta a sviluppare la nostra personalità per interagire con gli altri – racconta Davella, studentessa quattordicenne – e diventare persone che pensano e questo è certamente un fattore di sviluppo per la comunità. Gli insegnanti sono nostri amici, hanno a cuore la nostra formazione, a differenza delle altre scuole non ci prendono a calci. Sono rimasta colpita dalla figura di don Bosco, il santo dei giovani, da oggi sarà anche il mio santo: mi darà la forza per cercare di costruire un futuro nel mio Paese. E poi – conclude sorridendo - per la prima volta insieme alle insegnanti e alle mie compagne ho fatto shopping!». Padre Douglas e i suoi ragazzi sperano di ritornare a Torino il prossimo anno per l’Ostensione della Sindone e il bicentenario della nascita di don Bosco; poi di ripetere l’esperienza ogni anno.