La Siria continua a preoccupare il mondo. Del conflitto se ne è parlato a Londra durante il G8 dei ministri degli Esteri e se ne parla in queste ore anche all’Onu, dove alcuni diplomatici – in via riservata – hanno fatto sapere di avere ''prove concrete'' dell'utilizzo di armi chimiche, almeno una volta, nella guerra siriano. Intanto sul campo si susseguono le stragi.
Il servizio è di Marina Calculli:
Sono almeno 69 i morti nell’assalto che le truppe governative di Asad hanno condotto ieri nella provincia di Daraa. Secondo l’Osservatorio Siriano per i diritti umani, tra le vittime oltre la metà sono civili. Tra di loro ci sarebbero anche molti bambini. Nella versione dei comitati di coordinamento locale, il raid è stato lanciato dopo che una decina di soldati ha defezionato, rifugiandosi nei due villaggi di Sanamein and Ghabagheb. La dinamica dell’assalto è ormai classica: il regime bombarda il luogo dove quelli che chiama “terroristi” si nascondono.
Human Rights Watch però denuncia in un rapporto: “Gli assalti dell’esercito uccidono civili e distruggono le loro case in modo indiscriminato”. Il rapporto sostiene inoltre che alcuni di questi attacchi sono deliberati, come quello dell’ospedale di Aleppo, bombardato ben otto volte. Tra le fila dei ribelli sale intanto l’imbarazzo per l’appello del Fronte al-Nousra al capo di al-Qaeda, al-Zawairi. Un comunicato dell’Esercito Siriano Libero ha condannato l’ingerenza di questo Fronte composto di stranieri e rivendica: “Le rivolte sono cominciate per instaurare uno Stato libero, pluralista e democratico”.
E' drammatica la situazione pure ad Aleppo; in quella che una volta era la capitale economica del Paese, oggi si vive una situazione di estrema povertà, come racconta il vescovo caldeo della città, mons. Antoine Audo, presidente di Caritas Siria.
L’intervista è di Salvatore Sabatino:
Non c’è lavoro. La gente è diventata povera. Tutto è caro, c’è la guerra tutto intorno. E tutto questo provoca costernazione e amarezza nella gente. In questo contesto, ieri pomeriggio abbiamo celebrato una Messa con tutti i sacerdoti della parrocchia di Cheikh Maksoud, con i vescovi, con tutti quelli che lavorano con la Caritas, per dare questa testimonianza di solidarietà per far capire che siamo uniti in un atteggiamento di comunione e di attenzione.
Lei ha parlato di Cheikh Maksoud, che è un quartiere a maggioranza cristiana. Purtroppo ci sono dei problemi seri per i cristiani in questo momento che stanno fuggendo via…
Tutti hanno lasciato questo quartiere che si trova in collina, non lontano da noi. Sono venuti al centro della città con le loro famiglie. C’è un gruppo di frati che hanno un convento, hanno avuto una grande scuola, e ci sono gruppi di volontari che si prendono cura di loro. Ognuno fa quello che può!
In questi momenti di grande crisi e difficoltà, c’è anche evidentemente uno spirito di solidarietà tra la gente, che si aiuta…
Sì. Tutti fanno gesti di generosità. I più poveri sono quelli che hanno una sensibilità maggiore nell’aiutare quelli che sono più poveri di loro. E questa è veramente una bella testimonianza. Per me, è la più importante!
Lei è presidente di Caritas Siria. So che siete molto impegnati nell’aiutare la popolazione…
Sì. Insieme all’aiuto delle altre Caritas nel mondo, possiamo organizzare progetti per distribuire cibo, medicine e per aiutare - chi non può permetterselo - a pagare la casa. Ci sono gruppi di volontari che lavorano con uno spirito molto positivo. Quando in Siria si parla di Caritas, la gente mostra un rispetto profondo verso questa organizzazione, perché sa che è la presenza della Chiesa cattolica al servizio di tutti, non solo dei credenti, ma per tutti quelli che hanno bisogno. Per loro, la Chiesa cerca di essere presente.
So che ci sono anche problemi per quanto riguarda le cure, gli ospedali. Molti medici sono stati costretti a fuggire sotto minaccia…
È veramente un dramma. Due giorni fa ero in visita alle suore di San Giuseppe, che ad Aleppo hanno un ospedale molto importante. Mi hanno riferito che non c’erano più medici, perché, sotto minaccia, sono stati costretti ad andare fuori dalla Siria. È un vero problema. Abbiamo bisogno di questi medici specialisti, che sono obbligati a partire perché hanno paura di essere rapiti o uccisi.
Vuole lanciare un appello attraverso la Radio Vaticana?
Prima di tutto un ringraziamento per tutti quelli che pensano a noi che si adoperano per noi. Tutta la Chiesa, attraverso il mondo, prega. Anche il Santo Padre ha parlato della Siria il giorno di Pasqua. Tutti questi gesti ci aiutano molto. Non perdiamo la speranza per la pace! Cerchiamo di fare il possibile perché i cristiani in Siria e nel mondo rimangano un segno di speranza per la pace e la riconciliazione!
Il servizio è di Marina Calculli:
Sono almeno 69 i morti nell’assalto che le truppe governative di Asad hanno condotto ieri nella provincia di Daraa. Secondo l’Osservatorio Siriano per i diritti umani, tra le vittime oltre la metà sono civili. Tra di loro ci sarebbero anche molti bambini. Nella versione dei comitati di coordinamento locale, il raid è stato lanciato dopo che una decina di soldati ha defezionato, rifugiandosi nei due villaggi di Sanamein and Ghabagheb. La dinamica dell’assalto è ormai classica: il regime bombarda il luogo dove quelli che chiama “terroristi” si nascondono.
Human Rights Watch però denuncia in un rapporto: “Gli assalti dell’esercito uccidono civili e distruggono le loro case in modo indiscriminato”. Il rapporto sostiene inoltre che alcuni di questi attacchi sono deliberati, come quello dell’ospedale di Aleppo, bombardato ben otto volte. Tra le fila dei ribelli sale intanto l’imbarazzo per l’appello del Fronte al-Nousra al capo di al-Qaeda, al-Zawairi. Un comunicato dell’Esercito Siriano Libero ha condannato l’ingerenza di questo Fronte composto di stranieri e rivendica: “Le rivolte sono cominciate per instaurare uno Stato libero, pluralista e democratico”.
E' drammatica la situazione pure ad Aleppo; in quella che una volta era la capitale economica del Paese, oggi si vive una situazione di estrema povertà, come racconta il vescovo caldeo della città, mons. Antoine Audo, presidente di Caritas Siria.
L’intervista è di Salvatore Sabatino:
Non c’è lavoro. La gente è diventata povera. Tutto è caro, c’è la guerra tutto intorno. E tutto questo provoca costernazione e amarezza nella gente. In questo contesto, ieri pomeriggio abbiamo celebrato una Messa con tutti i sacerdoti della parrocchia di Cheikh Maksoud, con i vescovi, con tutti quelli che lavorano con la Caritas, per dare questa testimonianza di solidarietà per far capire che siamo uniti in un atteggiamento di comunione e di attenzione.
Lei ha parlato di Cheikh Maksoud, che è un quartiere a maggioranza cristiana. Purtroppo ci sono dei problemi seri per i cristiani in questo momento che stanno fuggendo via…
Tutti hanno lasciato questo quartiere che si trova in collina, non lontano da noi. Sono venuti al centro della città con le loro famiglie. C’è un gruppo di frati che hanno un convento, hanno avuto una grande scuola, e ci sono gruppi di volontari che si prendono cura di loro. Ognuno fa quello che può!
In questi momenti di grande crisi e difficoltà, c’è anche evidentemente uno spirito di solidarietà tra la gente, che si aiuta…
Sì. Tutti fanno gesti di generosità. I più poveri sono quelli che hanno una sensibilità maggiore nell’aiutare quelli che sono più poveri di loro. E questa è veramente una bella testimonianza. Per me, è la più importante!
Lei è presidente di Caritas Siria. So che siete molto impegnati nell’aiutare la popolazione…
Sì. Insieme all’aiuto delle altre Caritas nel mondo, possiamo organizzare progetti per distribuire cibo, medicine e per aiutare - chi non può permetterselo - a pagare la casa. Ci sono gruppi di volontari che lavorano con uno spirito molto positivo. Quando in Siria si parla di Caritas, la gente mostra un rispetto profondo verso questa organizzazione, perché sa che è la presenza della Chiesa cattolica al servizio di tutti, non solo dei credenti, ma per tutti quelli che hanno bisogno. Per loro, la Chiesa cerca di essere presente.
So che ci sono anche problemi per quanto riguarda le cure, gli ospedali. Molti medici sono stati costretti a fuggire sotto minaccia…
È veramente un dramma. Due giorni fa ero in visita alle suore di San Giuseppe, che ad Aleppo hanno un ospedale molto importante. Mi hanno riferito che non c’erano più medici, perché, sotto minaccia, sono stati costretti ad andare fuori dalla Siria. È un vero problema. Abbiamo bisogno di questi medici specialisti, che sono obbligati a partire perché hanno paura di essere rapiti o uccisi.
Vuole lanciare un appello attraverso la Radio Vaticana?
Prima di tutto un ringraziamento per tutti quelli che pensano a noi che si adoperano per noi. Tutta la Chiesa, attraverso il mondo, prega. Anche il Santo Padre ha parlato della Siria il giorno di Pasqua. Tutti questi gesti ci aiutano molto. Non perdiamo la speranza per la pace! Cerchiamo di fare il possibile perché i cristiani in Siria e nel mondo rimangano un segno di speranza per la pace e la riconciliazione!