By Baghdadhope*
L’elezione di Papa Francesco sta portando con sé una ventata di novità nella chiesa che ora, come mai prima, sembra voler concentrare la sua attenzione su chi ha bisogno.
Sembra anche che questa ventata partita da Roma stia soffiando lontano, ed in quel geograficamente lontano c’è l’Iraq.
Un mese e tredici giorni prima dell’elezione di Papa Francesco è stato eletto il nuovo patriarca della chiesa caldea, S.B. Mar Louis Raphael I Sako che, da quando è arrivato a Baghdad alla metà di febbraio, sembra addirittura aver anticipato il nuovo corso di rinnovamento della chiesa sancito definitivamente dal pontefice.
Da anni la chiesa caldea in Iraq – quella che conta il maggior numero di fedeli nel paese –non era così attiva.
Le situazioni politiche differenti, l’età avanzata e la malattia dei due patriarchi che hanno preceduto Mar Sako l’avevano fatta precipitare in una sorta di anarchia in cui erano prosperati la ricerca dell’interesse personale ed il particolarismo egoista, in cui il clero aveva perso negli anni la sua funzione di modello morale ed in cui gli stessi sacerdoti, privi di guida - nel migliore dei casi distante fisicamente o spiritualmente – erano demotivati e come i propri fedeli non sognavano altro che fuggire all’estero.
Ora, con il nuovo ed energico patriarca, le cose sembra stiano cambiando.
Prova ne è l’ultima decisione presa dal patriarca che riguarda l’edificio che fino al 2007 ospitava nella zona di Dora, a Baghdad, il seminario maggiore patriarcale che sarà trasformato in appartamenti da assegnare a famiglie bisognose.
Baghdadhope ha sentito a tal proposito S. B. Mar Louis Raphael I Sako che dal 1997 al 2001 è stato rettore di quel seminario:
“Nel gennaio 2007 per ragioni di sicurezza l’edificio del seminario è stato svuotato ed i seminaristi sono stati inviati per un ritiro spirituale nel nord dell’Iraq dove ancora attualmente studiano. Da quella data quindi il seminario è rimasto vuoto ma è un edificio enorme che comprende 70 stanze, aule, un grande cortile ed addirittura una chiesa. Ora che la sicurezza nella zona è migliorata abbiamo pensato di destinarlo a circa 20/25 famiglie tra le più bisognose, tra quelle che stanno per formarsi e magari quelle che sono fuggite all’estero, vorrebbero tornare ma non hanno una casa. Per ora ho sistemato alcune famiglie in alcune chiese vuote ma serve una soluzione migliore.”
Un impegno economico notevole immagino, i lavori di ristrutturazione e trasformazione peseranno non poco sul bilancio della chiesa.
“E’ vero ma è necessario affrontare tali costi. L’ufficio governativo per i cristiani, i sabei ed i mandei, ha assicurato il suo aiuto economico e quella zona ha bisogno di un segno tangibile di speranza. Sono circa 200 le famiglie cristiane che vi vivono e che non hanno neanche un parroco. Recuperare l’edificio del seminario significherà non solo dare un tetto ad alcuni ma anche creare un luogo di aggregazione per tutti i cristiani di Dora, e la chiesa di San Pietro e Paolo che ora non ha un parroco titolare lo avrà presto.”
Vuol dire che il seminario maggiore avrà definitivamente sede ad Ankawa?
“No. La chiesa caldea già dallo scorso anno ha iniziato i lavori di costruzione di una nuova sede patriarcale a Baghdad con annessi alcuni edifici che ospiteranno il seminario maggiore ed il Babel College.”
Se il Babel College ed il seminario maggiore saranno di nuovo operativi a Baghdad quelli di Ankawa rimarranno come sedi distaccate?
“E’ molto presto per dirlo, molto presto persino per pensare a riportare tutto a Baghdad. I lavori del nuovo patriarcato finiranno tra due anni e comunque bisognerà sempre considerare la situazione della sicurezza. In linea di massima però l’idea è di avere una sola sede per entrambi nella capitale.”
A Baghdad c’era anche il seminario minore, anch’esso da anni chiuso. Verrà riaperto?
“Del seminario minore si discuterà nel corso del prossimo sinodo che inizierà a Baghdad il 5 di giugno.”
Beatitudine, tra tutti i provvedimenti che ha preso da quando è arrivato a Baghdad quello che più ha colpito per la sua fermezza e novità è senza dubbio quello che ha riguardato il “congelamento” dei beni della chiesa e la richiesta ai responsabili delle sue istituzioni di seguire criteri di correttezza e trasparenza in materia finanziaria. Un’accusa molto grave anche se non circostanziata che l’ha portata a creare una commissione ad hoc formata da clerici e laici…
“Purtroppo negli ultimi anni a causa delle precarie condizioni di salute del Patriarca Emerito non in grado di esercitare il controllo sulle finanze della chiesa essa ha subito ingenti perdite che devono essere recuperate.
La commissione da me creata ha avuto il compito di investigare sulla questione ma presto sarà sostituita da una commissione di controllo. I responsabili delle appropriazioni indebite avvenute devono restituire ciò che non apparteneva loro ma alla chiesa e devono confessare le proprie colpe. Siamo pronti ad andare fino in fondo sulla questione, anche fino in tribunale.
E’ importante che la chiesa recuperi credibilità e fiducia tra i fedeli. Il popolo iracheno è un popolo generoso, pensi che il Venerdì Santo, nonostante le difficoltà che ancora viviamo, nelle nostre chiese è stata fatta una colletta per le chiese di Terra Santa cui i fedeli hanno risposto con ciò che hanno potuto. Questa gente pronta a donare agli altri merita una chiesa pulita ed al suo servizio.”
Ha accennato alle difficoltà che ancora vivono gli iracheni. E’ per cercare di alleviarle che si è fatto promotore di un piano di riconciliazione nazionale? Nell’ultimo mese ha incontrato praticamente tutti i personaggi più in vista della scena politica nazionale ed a tutti ha parlato di dialogo e pace. Che bilancio ha tratto da questi incontri?
“Incontri che non sono ancora finiti. Nei prossimi giorni mi recherò infatti in Kurdistan per un colloquio con il presidente Mas’ud Barzani. Questi incontri servono non solo a promuovere un piano che conduca finalmente l’Iraq verso la pace quanto anche per rafforzare la presenza dei cristiani riconoscendo loro un ruolo importante nell’ambito culturale e della diffusione del dialogo e della pace. In Iraq, è innegabile, ci sono ancora molte tensioni ma ho avuto l’impressione che tutte le parti siano disposte e pronte alla riconciliazione. L’idea, alla fine di questo mio “giro” è di organizzare un incontro di tutte queste parti in cui esse possano dialogare, magari ascoltando l’inno del nostro amato paese.”
A proposito di riconciliazione. Che rapporti ci sono tra le chiese cristiane in Iraq?
“Buoni. La scorsa settimana, alla Messa data in onore di papa Francesco, era presente anche un vescovo della Chiesa Assira dell’Est, mancavano solo i rappresentanti delle chiese ortodosse ma erano assenti giustificati visto che per loro era periodo di quaresima.”
Fin dal giorno della sua elezione a patriarca lei ha parlato di riconciliazione tra la Chiesa Caldea e la Chiesa Assira dell’Est il cui rapporto negli scorsi anni si era notevolmente raffreddato. A che punto è ora?
“Ci vogliono buona volontà, coraggio e, perché no, anche iniziative a sorpresa. La tensione che negli ultimi anni si era creata a causa di frange nazionalistiche di ambo le parti si sta stemperando, i rapporti personali sono buoni. Certo gli ostacoli non mancano, la tradizione assira riconosce il primato di Roma dal punto di vista spirituale ma non giuridico – essendo essa una chiesa autocefala – ma si potrebbe trovare un accordo su ciò che è giuridico e che per esempio riguarda le nomine vescovili e la loro conferma da parte della Santa Sede. Certo è un cammino lungo, ma da percorrere insieme.”
Beatitudine, lei ha invitato Papa Francesco a visitare Ur, la città di Abramo. Ci sono novità da parte di Roma?
“La zona dove si trova Ur, nel sud, è una zona sicura. Baghdad lo è di meno ma sono certo che se davvero il Papa venisse in Iraq il governo farebbe l’impossibile per garantire la sicurezza e lo svolgimento sereno della sua visita. Il Papa in Iraq è atteso da tutti. Potrebbe recarsi direttamente ad Ur e lì leggere dei passi dell’Antico Testamento, la figura di Abramo così come è nel Corano, si potrebbe cantare insieme un inno per la pace e recitare una preghiera universale. Il giorno dopo potrebbe venire a Baghdad, incontrare i membri del governo e celebrare la Santa Messa in uno stadio..”
Beatitudine, da come parla sembra già cosa fatta, il programma è già dettagliato. Vuole darci una data?
“No, no. Sono idee, sogni. Intanto però ho in mente di guidare una delegazione che si rechi a Roma per chiedere al Santo Padre di visitare l’Iraq, e questa volta ufficialmente. Poi ne riparleremo.”
Nel 2009 l’allora Arcivescovo di Kirkuk, Mons. Sako, propose a Benedetto XVI di organizzare un sinodo per la Chiesa in Medio Oriente che si svolse nell’ottobre dell’anno successivo.
Ora si prepara ad andare a Roma per chiedere a Papa Francesco di visitare l’Iraq.
E’ presto per dire se ci riuscirà, o se la real politik mondiale o la diplomazia vaticana renderanno vani i suoi sforzi.
Se così non fosse si tratterebbe di un evento storico: un Papa su una Ziqqurat non si è mai visto finora.
Sembra anche che questa ventata partita da Roma stia soffiando lontano, ed in quel geograficamente lontano c’è l’Iraq.
Un mese e tredici giorni prima dell’elezione di Papa Francesco è stato eletto il nuovo patriarca della chiesa caldea, S.B. Mar Louis Raphael I Sako che, da quando è arrivato a Baghdad alla metà di febbraio, sembra addirittura aver anticipato il nuovo corso di rinnovamento della chiesa sancito definitivamente dal pontefice.
Da anni la chiesa caldea in Iraq – quella che conta il maggior numero di fedeli nel paese –non era così attiva.
Le situazioni politiche differenti, l’età avanzata e la malattia dei due patriarchi che hanno preceduto Mar Sako l’avevano fatta precipitare in una sorta di anarchia in cui erano prosperati la ricerca dell’interesse personale ed il particolarismo egoista, in cui il clero aveva perso negli anni la sua funzione di modello morale ed in cui gli stessi sacerdoti, privi di guida - nel migliore dei casi distante fisicamente o spiritualmente – erano demotivati e come i propri fedeli non sognavano altro che fuggire all’estero.
Ora, con il nuovo ed energico patriarca, le cose sembra stiano cambiando.
Prova ne è l’ultima decisione presa dal patriarca che riguarda l’edificio che fino al 2007 ospitava nella zona di Dora, a Baghdad, il seminario maggiore patriarcale che sarà trasformato in appartamenti da assegnare a famiglie bisognose.
Baghdadhope ha sentito a tal proposito S. B. Mar Louis Raphael I Sako che dal 1997 al 2001 è stato rettore di quel seminario:
“Nel gennaio 2007 per ragioni di sicurezza l’edificio del seminario è stato svuotato ed i seminaristi sono stati inviati per un ritiro spirituale nel nord dell’Iraq dove ancora attualmente studiano. Da quella data quindi il seminario è rimasto vuoto ma è un edificio enorme che comprende 70 stanze, aule, un grande cortile ed addirittura una chiesa. Ora che la sicurezza nella zona è migliorata abbiamo pensato di destinarlo a circa 20/25 famiglie tra le più bisognose, tra quelle che stanno per formarsi e magari quelle che sono fuggite all’estero, vorrebbero tornare ma non hanno una casa. Per ora ho sistemato alcune famiglie in alcune chiese vuote ma serve una soluzione migliore.”
Un impegno economico notevole immagino, i lavori di ristrutturazione e trasformazione peseranno non poco sul bilancio della chiesa.
“E’ vero ma è necessario affrontare tali costi. L’ufficio governativo per i cristiani, i sabei ed i mandei, ha assicurato il suo aiuto economico e quella zona ha bisogno di un segno tangibile di speranza. Sono circa 200 le famiglie cristiane che vi vivono e che non hanno neanche un parroco. Recuperare l’edificio del seminario significherà non solo dare un tetto ad alcuni ma anche creare un luogo di aggregazione per tutti i cristiani di Dora, e la chiesa di San Pietro e Paolo che ora non ha un parroco titolare lo avrà presto.”
Vuol dire che il seminario maggiore avrà definitivamente sede ad Ankawa?
“No. La chiesa caldea già dallo scorso anno ha iniziato i lavori di costruzione di una nuova sede patriarcale a Baghdad con annessi alcuni edifici che ospiteranno il seminario maggiore ed il Babel College.”
Se il Babel College ed il seminario maggiore saranno di nuovo operativi a Baghdad quelli di Ankawa rimarranno come sedi distaccate?
“E’ molto presto per dirlo, molto presto persino per pensare a riportare tutto a Baghdad. I lavori del nuovo patriarcato finiranno tra due anni e comunque bisognerà sempre considerare la situazione della sicurezza. In linea di massima però l’idea è di avere una sola sede per entrambi nella capitale.”
A Baghdad c’era anche il seminario minore, anch’esso da anni chiuso. Verrà riaperto?
“Del seminario minore si discuterà nel corso del prossimo sinodo che inizierà a Baghdad il 5 di giugno.”
Beatitudine, tra tutti i provvedimenti che ha preso da quando è arrivato a Baghdad quello che più ha colpito per la sua fermezza e novità è senza dubbio quello che ha riguardato il “congelamento” dei beni della chiesa e la richiesta ai responsabili delle sue istituzioni di seguire criteri di correttezza e trasparenza in materia finanziaria. Un’accusa molto grave anche se non circostanziata che l’ha portata a creare una commissione ad hoc formata da clerici e laici…
“Purtroppo negli ultimi anni a causa delle precarie condizioni di salute del Patriarca Emerito non in grado di esercitare il controllo sulle finanze della chiesa essa ha subito ingenti perdite che devono essere recuperate.
La commissione da me creata ha avuto il compito di investigare sulla questione ma presto sarà sostituita da una commissione di controllo. I responsabili delle appropriazioni indebite avvenute devono restituire ciò che non apparteneva loro ma alla chiesa e devono confessare le proprie colpe. Siamo pronti ad andare fino in fondo sulla questione, anche fino in tribunale.
E’ importante che la chiesa recuperi credibilità e fiducia tra i fedeli. Il popolo iracheno è un popolo generoso, pensi che il Venerdì Santo, nonostante le difficoltà che ancora viviamo, nelle nostre chiese è stata fatta una colletta per le chiese di Terra Santa cui i fedeli hanno risposto con ciò che hanno potuto. Questa gente pronta a donare agli altri merita una chiesa pulita ed al suo servizio.”
Ha accennato alle difficoltà che ancora vivono gli iracheni. E’ per cercare di alleviarle che si è fatto promotore di un piano di riconciliazione nazionale? Nell’ultimo mese ha incontrato praticamente tutti i personaggi più in vista della scena politica nazionale ed a tutti ha parlato di dialogo e pace. Che bilancio ha tratto da questi incontri?
“Incontri che non sono ancora finiti. Nei prossimi giorni mi recherò infatti in Kurdistan per un colloquio con il presidente Mas’ud Barzani. Questi incontri servono non solo a promuovere un piano che conduca finalmente l’Iraq verso la pace quanto anche per rafforzare la presenza dei cristiani riconoscendo loro un ruolo importante nell’ambito culturale e della diffusione del dialogo e della pace. In Iraq, è innegabile, ci sono ancora molte tensioni ma ho avuto l’impressione che tutte le parti siano disposte e pronte alla riconciliazione. L’idea, alla fine di questo mio “giro” è di organizzare un incontro di tutte queste parti in cui esse possano dialogare, magari ascoltando l’inno del nostro amato paese.”
A proposito di riconciliazione. Che rapporti ci sono tra le chiese cristiane in Iraq?
“Buoni. La scorsa settimana, alla Messa data in onore di papa Francesco, era presente anche un vescovo della Chiesa Assira dell’Est, mancavano solo i rappresentanti delle chiese ortodosse ma erano assenti giustificati visto che per loro era periodo di quaresima.”
Fin dal giorno della sua elezione a patriarca lei ha parlato di riconciliazione tra la Chiesa Caldea e la Chiesa Assira dell’Est il cui rapporto negli scorsi anni si era notevolmente raffreddato. A che punto è ora?
“Ci vogliono buona volontà, coraggio e, perché no, anche iniziative a sorpresa. La tensione che negli ultimi anni si era creata a causa di frange nazionalistiche di ambo le parti si sta stemperando, i rapporti personali sono buoni. Certo gli ostacoli non mancano, la tradizione assira riconosce il primato di Roma dal punto di vista spirituale ma non giuridico – essendo essa una chiesa autocefala – ma si potrebbe trovare un accordo su ciò che è giuridico e che per esempio riguarda le nomine vescovili e la loro conferma da parte della Santa Sede. Certo è un cammino lungo, ma da percorrere insieme.”
Beatitudine, lei ha invitato Papa Francesco a visitare Ur, la città di Abramo. Ci sono novità da parte di Roma?
“La zona dove si trova Ur, nel sud, è una zona sicura. Baghdad lo è di meno ma sono certo che se davvero il Papa venisse in Iraq il governo farebbe l’impossibile per garantire la sicurezza e lo svolgimento sereno della sua visita. Il Papa in Iraq è atteso da tutti. Potrebbe recarsi direttamente ad Ur e lì leggere dei passi dell’Antico Testamento, la figura di Abramo così come è nel Corano, si potrebbe cantare insieme un inno per la pace e recitare una preghiera universale. Il giorno dopo potrebbe venire a Baghdad, incontrare i membri del governo e celebrare la Santa Messa in uno stadio..”
Beatitudine, da come parla sembra già cosa fatta, il programma è già dettagliato. Vuole darci una data?
“No, no. Sono idee, sogni. Intanto però ho in mente di guidare una delegazione che si rechi a Roma per chiedere al Santo Padre di visitare l’Iraq, e questa volta ufficialmente. Poi ne riparleremo.”
Nel 2009 l’allora Arcivescovo di Kirkuk, Mons. Sako, propose a Benedetto XVI di organizzare un sinodo per la Chiesa in Medio Oriente che si svolse nell’ottobre dell’anno successivo.
Ora si prepara ad andare a Roma per chiedere a Papa Francesco di visitare l’Iraq.
E’ presto per dire se ci riuscirà, o se la real politik mondiale o la diplomazia vaticana renderanno vani i suoi sforzi.
Se così non fosse si tratterebbe di un evento storico: un Papa su una Ziqqurat non si è mai visto finora.