Franca Giansoldati
L’Iraq prega Papa Francesco di compiere “al più presto” un
pellegrinaggio a Ur dei Caldei, un piccolo centro situato nel Sud,
venerato tanto dai cristiani, che dagli ebrei e dai musulmani perché
proprio lì nacque Abramo profeta delle tre religioni monoteiste. “A
dieci anni dal conflitto, per noi iracheni, ma soprattutto per i
cristiani di tutta l’area mediorientale, sarebbe un segno di speranza
accogliere il nuovo Papa. Noi lo abbiamo invitato, ora attendiamo
fiduciosi una sua risposta” dice l’ambasciatore Habeb Al Sadr. Un
analogo invito il governo di Bagdad era stato rivolto al ministro degli
esteri del Vaticano, monsignor Mamberti circa otto mesi fa “ma quel
ministro – ha aggiunto l’ambasciatore - non è come il nostro ministro
degli Esteri che è sempre in viaggio”. Sicchè ora la speranza della
comunità irachena è di accogliere a Baghdad Bergoglio, che come si sa è
assai sensibile alla situazione delle minoranze cristiane.
“Secondo me la Santa Sede dovrebbe essere più attiva e dinamica sotto il profilo diplomatico, questa è la mia speranza. E la sua politica estera dovrebbe essere più chiara verso le grandi crisi del mondo e anche verso lo sforzo che sta facendo l’Iraq per la stabilità. In genere il Vaticano si limita a tracciare un quadro generale ma senza mai entrare nel dettaglio e definire la propria posizione”. La convinzione del governo iracheno è che il Vaticano debba tornare a svolgere un ruolo super parte per far dialogare i Paesi mediorientali, un po’ come accadde nel 2003, alla vigilia della guerra, quando Papa Wojtyla decise di tentare un ultimo passaggio per scongiurare il conflitto.
Roma ben presto divenne il crocevia di una rete diplomatica che toccò le cancellerie dei principali Paesi, dagli Usa alla Gran Bretagna, dalla Francia alla Spagna. “Il pellegrinaggio di Papa Francesco in Iraq sarebbe un segnale inequivocabile per tutti i cristiani, e potrebbe invertire anche la tendenza all’emigrazione. Ci sono persone che vendono i terreni pronti a partire ma oggi il nostro Iraq è totalmente diverso da quello di Saddam; siamo ripartiti, anche economicamente e guardiamo ad un futuro diverso”. A dieci anni dal conflitto restano sul terreno 112 mila vittime civili e un tessuto sociale che gli iracheni stanno tentando con fatica di riannodare.
Ur dei Caldei è un luogo assai venerato. Già nel 2000 doveva essere meta di un viaggio papale. Durante il Giubileo Papa Wojtyla anche se già molto malato fece di tutto per partire ma Saddam Hussein, all’ultimo minuto, glielo impedì, mettendo bastoni tra le ruote al progetto di viaggio. Wojtyla dovette rinunciare e ripiegare con una celebrazione nell’aula Paolo VI, rammaricandosi per non avere potuto compiere quell’atto di fede. Una recente scoperta archeologica fatta da una equipe britannica, ha rafforzato l’idea che l’area attorno a Ur ospitasse effettivamente una cittadina molto popolosa almeno 5 mila anni fa. “Se il Papa venisse a Ur dove è nato Abramo, padre di profeti, potrebbe lanciare nuovi pellegrinaggi cristiani e dare nuovi orizzonti ai cattolici iracheni”.
Attualmente Ur non è meta di pellegrinaggi di massa anche se il sito è stato reso accessibile. Durante il regime di Saddam venne costruita lì vicino una base militare, di conseguenza l’area venne vietata e molto raramente venivano portati pellegrinaggi (scortati da soldati).
“Secondo me la Santa Sede dovrebbe essere più attiva e dinamica sotto il profilo diplomatico, questa è la mia speranza. E la sua politica estera dovrebbe essere più chiara verso le grandi crisi del mondo e anche verso lo sforzo che sta facendo l’Iraq per la stabilità. In genere il Vaticano si limita a tracciare un quadro generale ma senza mai entrare nel dettaglio e definire la propria posizione”. La convinzione del governo iracheno è che il Vaticano debba tornare a svolgere un ruolo super parte per far dialogare i Paesi mediorientali, un po’ come accadde nel 2003, alla vigilia della guerra, quando Papa Wojtyla decise di tentare un ultimo passaggio per scongiurare il conflitto.
Roma ben presto divenne il crocevia di una rete diplomatica che toccò le cancellerie dei principali Paesi, dagli Usa alla Gran Bretagna, dalla Francia alla Spagna. “Il pellegrinaggio di Papa Francesco in Iraq sarebbe un segnale inequivocabile per tutti i cristiani, e potrebbe invertire anche la tendenza all’emigrazione. Ci sono persone che vendono i terreni pronti a partire ma oggi il nostro Iraq è totalmente diverso da quello di Saddam; siamo ripartiti, anche economicamente e guardiamo ad un futuro diverso”. A dieci anni dal conflitto restano sul terreno 112 mila vittime civili e un tessuto sociale che gli iracheni stanno tentando con fatica di riannodare.
Ur dei Caldei è un luogo assai venerato. Già nel 2000 doveva essere meta di un viaggio papale. Durante il Giubileo Papa Wojtyla anche se già molto malato fece di tutto per partire ma Saddam Hussein, all’ultimo minuto, glielo impedì, mettendo bastoni tra le ruote al progetto di viaggio. Wojtyla dovette rinunciare e ripiegare con una celebrazione nell’aula Paolo VI, rammaricandosi per non avere potuto compiere quell’atto di fede. Una recente scoperta archeologica fatta da una equipe britannica, ha rafforzato l’idea che l’area attorno a Ur ospitasse effettivamente una cittadina molto popolosa almeno 5 mila anni fa. “Se il Papa venisse a Ur dove è nato Abramo, padre di profeti, potrebbe lanciare nuovi pellegrinaggi cristiani e dare nuovi orizzonti ai cattolici iracheni”.
Attualmente Ur non è meta di pellegrinaggi di massa anche se il sito è stato reso accessibile. Durante il regime di Saddam venne costruita lì vicino una base militare, di conseguenza l’area venne vietata e molto raramente venivano portati pellegrinaggi (scortati da soldati).