"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

26 febbraio 2007

IRAQ. Perché soffrire? Quaresima: i digiuni e le rinunce dei cristiani per il bene del Paese

Fonte: SIR

a cura di Daniele Rocchi


A cosa serve fare rinunce o penitenze quando già la vita è resa dura dalle continue violenze, dalla mancanza di cibo e di beni di prima necessità, quando non si possono avere acqua, medicine ed energia elettrica a sufficienza, quando non si riesce a fare un dono ai propri bambini perché non c'è lavoro sicuro? Vorrebbe non rispondere il vescovo caldeo, ausiliare di Baghdad, mons. Shelemon Warduni ma, dice, "siamo all'inizio di Quaresima e come cristiani vogliamo presentare a Dio le nostre rinunce e penitenze, che si aggiungono a quelle che vive tutto il popolo iracheno, per il bene e la pace della nostra amata nazione". "Sembra un paradosso - aggiunge - ma è così. Offriamo le nostre sofferenze per l'Iraq che vive nel caos più totale".

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In che modo i fedeli iracheni vivranno la Quaresima?
"Per la Chiesa caldea la Quaresima è cominciata il 19 febbraio. In questi quaranta giorni invitiamo i fedeli al digiuno e all'astinenza. In particolare questa prima settimana è di completa astinenza dalla carne, ma ci sono molti che non toccano cibo a mezzogiorno per tutto il tempo quaresimale. Altri non mangiano mai carne. Tutti i venerdì sono di astinenza dalla carne. Il Venerdì Santo è digiuno anche dal bianco (uova, latte e suoi derivati), è possibile mangiare solo pesce".

Che valore assumono digiuno e rinuncia nella già difficile condizione in cui versa la popolazione irachena?
"Sono rinunce che vanno ad aggiungersi alle privazioni che viviamo giornalmente in Iraq: i costi aumentano, le famiglie non hanno denaro a sufficienza per pagare i servizi basilari. L'elettricità viene erogata solo poche ore al giorno. Per non parlare dell'acqua potabile. Si registra carenza di cibo, di medicine e di infrastrutture. Ed è paradossale, poi, che un Paese ricco di petrolio come l'Iraq non abbia gasolio per i bisogni della sua popolazione. Non abbiamo sicurezza e stabilità, possibilità di lavorare e subiamo violenze e abusi. Nonostante ciò abbiamo chiesto ai nostri fedeli di presentare tutte queste difficoltà a Dio perché abbia a cuore le sorti dell'Iraq, dei suoi bambini, dei suoi malati, dei suoi anziani e dia pace e sicurezza. La sofferenza che viviamo unisce cristiani e musulmani. Non conosce differenze di religione o etniche. La violenza e la morte, penso alle stragi con le autobomba o kamikaze, non distinguono tra cristiani e musulmani, tra credenti e non credenti, a morire sono iracheni".

Ma i cristiani, che sono minoranza, vengono anche perseguitati...
"In effetti non abbiamo mai vissuto un periodo brutto come questo attuale. Abbiamo avuto tante persecuzioni ma mai così prolungate e virulente. Rapimenti e violenze, che colpiscono non solo noi, continuano ancora oggi anche se sembrano in diminuzione. Molti ostaggi vengono uccisi anche dopo il pagamento del riscatto. Da questa angolatura la nostra sofferenza sembra maggiore. Tanti cristiani stanno abbandonando le città più pericolose. Molte chiese, in alcune zone, sono vuote come a Dora. Da Natale non si celebrano più messe con regolarità perché è troppo pericoloso".

La situazione non sembra migliorare sotto il profilo della sicurezza. Vi radunerete ugualmente per le celebrazioni quaresimali?
"Abbiamo invitato i nostri fedeli a riunirsi nelle case per fare piccole Via Crucis, recitare il rosario o i vespri con l'ausilio di qualche laico impegnato o suddiacono. Stiamo pensando di celebrare una messa una delle prossime domeniche ma se la situazione non migliora non faremo nulla. E questo ci procura tanta sofferenza. I nostri fedeli cercano di celebrare insieme, riunendosi per nuclei familiari evitando di spostarsi per motivi di sicurezza. C'è anche chi riesce a spostarsi in macchina da un luogo all'altro della città per trovare una chiesa aperta. Ma sono pochi".

Nonostante le difficoltà la Chiesa irachena è viva. Pensiamo alle vocazioni al sacerdozio...
"Le vocazioni alla vita sacerdotale non mancano. Il seminario patriarcale caldeo è stato trasferito ad Ankawa, nel Kurdistan iracheno, per motivi di sicurezza. E proprio nella chiesa caldea di Saint Joseph ad Ankawa, recentemente, sono stati ordinati tre nuovi diaconi, uno a Baghdad. Attualmente nel seminario ci sono, oltre ai venticinque seminaristi, circa sessanta studenti, compresi una decina di laici consacrati, anche donne. I docenti sono circa trenta. Altri due diaconi sono stati ordinati a Bakhdida (Qaraqosh) dal vescovo siro cattolico di Mosul, mons. George Qas Musa. A novembre del 2006 nella stessa cittadina è stato inaugurato il nuovo seminario siro cattolico intitolato a Mar Ephrem. Sono segni speranza. La Chiesa irachena è piena di speranza nel Signore. Le cose si aggiusteranno, non sappiamo quando ma ne siamo certi".

Ha un'intenzione di preghiera particolare per la Quaresima?
"La pace e la riconciliazione. Chiedo a tutte le famiglie cristiane del mondo di ricordare nelle loro preghiere il popolo iracheno".