"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

21 febbraio 2007

Intervista a Monsignor Jacques Isaac, Rettore del Babel College, Ankawa, Iraq


Fonte: Ufficio Pastorale Migranti, Arcidiocesi di Torino, voce: IRAQ


di Luigia Storti


In partenza da Roma dove ha soggiornato per un breve periodo denso di incontri Monsignor Jacques Isaac, in nome del rapporto ormai instauratosi con l’Arcidiocesi di Torino ha acconsentito a rompere il silenzio con la stampa che ha caratterizzato la sua visita italiana. Abbiamo approfittato della sua disponibilità per rivolgergli alcune domande sul Babel College, l’unica facoltà teologica cristiana in Iraq che lui presiede e che dallo scorso anno fa parte dei progetti pluriennali di sostegno della Quaresima di Fraternità della nostra Arcidiocesi, e sulla situazione dei cristiani in Iraq.


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Alla luce delle violenze che giornalmente riempiono le cronache provenienti da Baghdad che difficoltà ci sono per la pratica religiosa in città?
Dipende dalle zone della città. In generale posso dire che la pratica cristiana è viva e che le chiese, anche se con maggior discrezione e prudenza, continuano ad esercitare la loro funzione di luogo di culto e ritrovo per la comunità. A Natale, ad esempio, seppure con misure di sicurezza imponenti, e sebbene le funzioni siano state celebrate in forma discreta, come richiesto dal nostro Patriarca, le chiese hanno visto una buona affluenza di fedeli.
Certo ci sono zone in cui la situazione è diversa, più pericolosa. A Dora, ad esempio, le quattro chiese caldee vengono aperte una alla volta e solo una volta alla settimana per celebrare la Santa Messa per i fedeli che ancora vivono lì, e che sono ormai molti meno di quelli che affollavano il quartiere, la maggior parte dei quali sono fuggiti verso il nord o verso l’estero. La zona è piena di gruppi violenti uno dei quali, ad esempio, è penetrato all’interno della Chiesa di San Giovanni Battista dove sia la statua del Santo sia la Croce sono state distrutte.


A parte le chiese, Dora è il quartiere dove fino allo scorso anno erano il Babel College, il Seminario Maggiore di Saint Peter, monasteri e conventi. Ci vuole parlare di queste istituzioni?
In quanto agli edifici sono tutti ancora in piedi anche se ormai vuoti ed inutilizzati. Ci sono delle guardie, ma anche per loro diventa sempre più difficile resistere, proprio prima di partire, ad esempio, mi hanno riferito che qualcuno, sfondando una finestra, è riuscito ad entrare nel collegio. Forse si è trattato di un tentativo di furto, certo è però che Dora non è più una zona sicura.

Successivamente ai rapimenti di due sacerdoti proprio a Dora il Patriarcato, congiuntamente con il Collegio di Facoltà che Lei presiede, aveva deciso di trasferire il Babel College ed il Seminario in un’altra zona di Baghdad..
Si. Nella chiesa di Mar Ghorghis a Baghdad Jadida, una zona all’epoca più sicura. La chiesa fu quindi adattata alla bisogna. Si trattava di creare gli spazi sia per i seminaristi, che nel frattempo erano stati inviati nel nord per un ritiro spirituale, e che avrebbero dovuto non solo studiarvi ma anche viverci, sia per le aule e tutto ciò che era necessario alla vita della facoltà.

Gli spazi a disposizione erano sufficienti? Ricordo che gli edifici di Dora erano molto grandi…
Certo non lo erano. Il Babel College di Dora era stato costruito nel 1991 con l’idea di ospitare centinaia di studenti, come in effetti fece. Bisognava adattarsi, ma era al momento l’unica soluzione possibile perché i corsi ricominciassero.

Ora però sia il Seminario che il Babel College sono ad Ankawa. Ci vuole spiegare perché?
Dopo il rilascio dei due sacerdoti rapiti a Dora, purtroppo, ci furono i rapimenti di altri due preti, uno proprio a Baghdad Jadida ed uno in una zona molto vicina. Era chiaro che i corsi non sarebbero ricominciati, anche gli studenti avevano paura di frequentare, un problema questo che condividiamo con tutte le università in città. Si decise quindi di trasferire tutto nella cittadina settentrionale di Ankawa, nel territorio controllato dal Governo Regionale Curdo, (KRG) che vive una situazione decisamente diversa dal resto del paese.
Lì il KRG ci ha assegnato degli edifici per le lezioni ed il seminario, ed a gennaio abbiamo inaugurato, anche se purtroppo con ritardo, il nuovo anno accademico.

Come è organizzato ora il Babel College?
Sebbene il terreno assegnatoci sia grande l’edificio non è sufficiente ad ospitare gli studenti che si sono iscritti e che lo stanno ancora facendo. Confidiamo però nella Provvidenza per poterlo ampliare o, eventualmente, costruirne un altro vicino. Non posso dare dati certi perché essi cambiano, in meglio fortunatamente, di giorno in giorno ma ora ci sono, oltre ai venticinque seminaristi, almeno una sessantina di studenti, compresi una decina di laici consacrati, anche donne, come già era a Baghdad. I docenti sono una trentina, alcuni risiedono ad Ankawa, altri tengono dei corsi periodici o dei seminari intensivi e raggiungono Ankawa da Mosul, da Erbil, da Kirkuk ed anche da Roma dove proprio in questi giorni è tornato un docente che lì ha tenuto un seminario.
In futuro vorremmo anche istituire una facoltà di lingue dove sia possibile studiare l’inglese, il francese e l’italiano. Per ora alcuni docenti tengono i propri corsi già in inglese.

Gli studenti sono solo caldei o anche ad Ankawa l’ecumenismo è uno dei principi fondamentali del Babel College?
Certamente. Ci sono studenti caldei, ma anche siri cattolici, assiri della Chiesa Assira dell’Est e dell’Antica Chiesa dell’Est, persino armeni ortodossi. Sono rappresentate anche diverse congregazioni, come le suore caldee del Sacro Cuore ed altre. Anche i docenti non sono solo caldei. Ci sono, ad esempio, due Gesuiti, uno di origine irachena ed un altro occidentale, che prima erano ad Amman, ed uno dei due si è trasferito ad Ankawa.
La fama del Babel College è tale che il Patriarca della Chiesa Assira dell’Est, Sua Beatitudine Mar Dinkha IV, ha deciso che i fedeli della sua chiesa che vivono in Iraq e vogliono intraprendere la vita sacerdotale dovranno studiare presso la nostra istituzione.

Abbiamo anche ricominciato la collaborazione attiva con l’università di Kaslik del Libano con scambi di docenti ed incontri.

Ha parlato di studenti laici consacrati. Che opportunità lavorative avranno questi giovani in futuro?
La situazione del lavoro in Iraq è ovviamente legata alla sicurezza. Le speranze però ci sono. Tra i laureati degli anni passati, ad esempio, c’è una giovane che dopo il baccalaureato lavora presso il Tribunale Ecclesiastico, ed altri che stanno continuando i propri studi per altre specializzazioni.

A Baghdad, all’interno del Babel College, era attivo anche l’Istituto di Scienze Cristiane che in tre anni preparava i futuri catechisti. Funziona ancora?
Per ora no. Gli spazi sono esigui e due traslochi in un anno, da Dora a Baghdad Jadida e poi ad Ankawa, hanno imposto delle sofferte priorità. Confidiamo però che con l’aiuto di Dio sia possibile aprirlo anche ad Ankawa.

Babel College, Istituto della Catechesi, Seminario.. Lei crede che queste istituzioni potranno ritornare ad operare a Baghdad?
Quando anche l’ipotesi di Baghdad Jadida cadde la speranza sembrò svanire, ma la Divina Provvidenza ci aprì una porta: Ankawa. La nostra fiducia in essa è tale che il mio pensiero va addirittura ad un raddoppio di queste istituzioni, a Baghdad ed ad Ankawa. Nel nord ormai vivono moltissimi cristiani, è giusto che anche loro possano avvantaggiarsi della presenza di queste istituzioni senza essere costretti ad andare a Baghdad. Per ora noi siamo loro ospiti ed è giusto offrire loro un servizio, e certamente la diffusione della cultura, e di quella cristiana in particolare, è importante. Durante una riunione con i sacerdoti nel paese di Shaqlawa ho detto proprio questo: siamo qui, abbiamo tra noi grandi professionisti della cultura, traetene vantaggio.

Baghdad è un inferno in terra. Cosa ci dice di Ankawa?

La situazione è tranquilla. Per recuperare il tempo perduto ora abbiamo corsi sia di mattina che di pomeriggio, e l’unico giorno libero è la domenica. Per gli studenti non ci sono pericoli ed anche i docenti non hanno problemi. Il vicino aeroporto di Erbil, ora collegato con alcune città europee, permette viaggi comodi e sicuri dall’estero.

Monsignor Isaac, Lei è Rettore del Babel College di Ankawa, ma vive a Baghdad. Perché non si trasferisce anche Lei nel nord?
Io sono anche Responsabile Culturale del Patriarcato e Patriarca Ausiliario, dirigo anche due riviste cristiane, Stella d’Oriente e Mesopotamia, non posso lasciare tutte le responsabilità che ho a Baghdad. Per ora è così, posso viaggiare per andare ad Ankawa. Pur con mille difficoltà, ritardi e pericoli ci sono anche dei voli da Baghdad.

Monsignor Isaac, da dove vengono la forza ed il coraggio che ha?
Dal Signore e dal coraggio che gli stessi cristiani iracheni mi trasmettono. Il coraggio che tutti noi abbiamo quando per andare in chiesa sfidiamo i pericoli consapevoli e convinti che Gesù sia con noi.

Un’ultima domanda: di che utilità è stato il contribuito arrivato al Babel College da parte dell’Arcidiocesi di Torino?
Siamo grati per prima cosa della vicinanza morale che la vostra arcidiocesi ha dimostrato in vari modi verso la comunità cristiana irachena. Sapere che qualcuno nel mondo conosce le nostre storie e le difficoltà che affrontiamo ci conforta. Sapere che molti di voi pregano per noi, addirittura hanno celebrato delle Sante Messe per i nostri sacerdoti rapiti, ed hanno festeggiato con la preghiera del cuore cristiano la loro liberazione è importantissimo. Dal punto di vista pratico il vostro aiuto è stato prezioso. Traslocare due volte un’istituzione così grande e farla funzionare ha comportato un grosso impegno economico per la nostra chiesa, già impegnata a dare sostegno in vari modi sia al clero che alla comunità. A questo proposito mi auguro di tornare presto in Italia e raccontare di persona i progressi fatti visitando di nuovo Torino, una città che non solo ci sostiene ma che è stata e che ci è amica. La mia speranza è che i legami tra l’Arcidiocesi di Torino ed il Patriarcato Caldeo di Babilonia possano crescere e rafforzarsi, ed approfitto dell’occasione per inviare i miei più cordiali saluti cristiani all’Arcivescovo di Torino, Sua Eccellenza Cardinale Severino Poletto, al Direttore dell’Ufficio Diocesano Missionario, Don Bartolo Perlo, che ha curato il progetto della Quaresima di Fraternità per il Babel College, al Direttore dell’Ufficio Pastorale Migranti, Don Fredo Olivero, che ha iniziato anche concretamente un rapporto di sincera amicizia e sostegno con alcuni nostri sacerdoti, ed a tutti gli amici e sostenitori che ci sono stati vicini in un bellissimo esempio di amore cristiano verso il prossimo.


Ufficio Pastorale Migranti
Arcidiocesi di Torino