Fonte: International Herald Tribune
Ci sono voluti anni, e l'opinione espressa da diversi studiosi, per sapere che l'Iraq non è in un "clima" "sull'orlo" o in "una quasi" guerra civile, ma "è" in guerra civile!
“Se questa non è guerra civile solo Dio sa cos’è una guerra civile” disse l'ex primo ministro iracheno Ayad Allawi ad un mese dai sanguinosissimi scontri che seguirono la distruzione del santuario sciita di Samarra, esprimendo ciò che tutti gli iracheni dicevano ormai già da tempo. Se, infatti, quella che si sta svolgendo in Iraq non è una guerra civile è allora necessario trovare un'altra definizione che esprima l'orrore quotidiano che nessuno sa più come chiamare per non dispiacere il governo iracheno/americano che si rifiuta di adoperarlo per non dovere ammettere il completo fallimento della democratizzazione forzata del paese.
Sarebbe meglio però chiamare le cose con il proprio nome. Gli iracheni lo sanno, lo vivono, ne muiono: è guerra civile! E se qualcuno nel mondo ancora ne dubita ecco accorrere in suo aiuto studiosi americani che lo mettono nero su bianco...
Leggi l'articolo di Edward Wong del New York Times riportato dall'International Herald Tribune...
Sebbene l’amministrazione Bush continui a negarlo, un numero sempre maggiore di studiosi americani ed iracheni, personalità politiche ed analisti, affermano che gli scontri in Iraq soddisfano gli standards di ciò che è definita guerra civile.
La definizione comune di guerra civile segue due principali criteri. Il primo è che i gruppi in lotta devono appartenere alla stessa nazione e devono lottare per il suo controllo politico, per quello di uno stato separatista o per un radicale cambiamento politico. Il secondo è che almeno 1000 persone devono essere morte a causa degli scontri, e di queste almeno 100 di ogni parte in causa.
La maggior parte degli studiosi americani specializzati nello studio delle guerre civili afferma che il conflitto in Iraq è una guerra civile.
“Penso che in questo momento, e per l’immediato futuro almeno, il livello di violenza in Iraq soddisfi i criteri di definizione di guerra civile così come concepiti da ogni essere ragionevole” ha dichiarato James Fearon, studioso di politica della Stanford University che a settembre ha testimoniato al Congresso proprio sulla guerra in Iraq.
Sebbene i termini “guerra civile” abbiano un significato ampio abbastanza da includere molti tipi diversi di conflitti, una delle due parti coinvolte è quasi sempre il governo in carica. Alcuni studiosi affermano quindi che la guerra civile in Iraq è iniziata quando gli americani hanno trasferito la sovranità del paese ad un governo iracheno nominato nel giugno 2004. Quel passo trasformò la guerra anti-USA in una tra gruppi di insorti alla ricerca del recupero del potere per gli arabi sunniti ormai fuori dai giochi politici che si opposero ad un governo guidato dal Primo Ministro Ayad Allawi e sempre più dominato dagli sciiti.
Altri studiosi affermano invece che la guerra civile è iniziata quest’anno, dopo che la distruzione di un venerato santuario sciita a Samarra diede il via ad una catena di assassini per vendetta che in cinque giorni fece centinaia di morti e che continua tuttora. Dopo un mese dalla distruzione Allawi dichiarò che l’Iraq era affogato in una guerra civile: “Se questa non è guerra civile solo Dio sa cos’è una guerra civile.”
Secondo gli studiosi la guerra civile in Iraq contiene elementi sia dell’insorgenza – un gruppo lotta per rovesciare quello che considera un governo nazionale illegittimo – e della guerra settaria – il governo attaccato è guidato dagli sciiti ed opposto dagli arabi sunniti.
In Iraq la violenza settaria e le vendette sunnite-sciite sono diventate il marchio della lotta, ma i cicli della violenza hanno inizio a causa dei capi delle milizie che hanno dei fini politici. L’ex presidente yugoslavo, Slobodan Milosevic, agì in questo modo durante le guerre nei Balcani.
Il conflitto civile in Iraq in molti casi si svolge in aree a popolazione mista sunnita- sciita, incluse le città di Baghdad e Mosul e la provincia di Diyala. Vasta parte del territorio iracheno ha poco a che fare con questa violenza, ma si tratta di aree relativamente omogenee e poco abitate.
I governi coinvolti in guerre civili speso non intendono definirle come tali, in Colombia, ad esempio, si sostenne per anni che i ribelli fossero solo dei banditi.
Alcuni esponenti dell’amministrazione Bush hanno affermato che non avendo – i gruppi di insorti a guida sunnita – una visione politica la definizione di “guerra civile” non è applicabile.
Molti studiosi, al contrario, affermano che lo spargimento di sangue in Iraq ha già messo il paese nella lista dei paesi colpiti da guerra civile nell’ultimo mezzo secolo. Fearon ed il suo collega David Laitin affermano che il numero dei morti per anno in Iraq, con almeno 50.000 uccisi dal marzo 2003, pongono questo conflitto tra le 20 peggiori guerre civili degli ultimi 60 anni, al pari di quelle del Burundi e della Bosnia.
Il presidente ed il primo ministro iracheni evitano di usare i termini “guerra civile,” ma molti iracheni affermano che gli estremisti hanno portato il paese proprio in questa situazione, sebbene i moderati hanno lottato per farlo allontanare dall’abisso.
“Il mondo deve sapere che in Iraq c’è una guerra civile” dice Adel Ibrahim, uno sceicco della tribù a maggioranza sciita dei Subiah, “E’ una guerra civile devastante. I mortai uccidono i bambini nei nostri quartieri. Abbiamo paura di andare ovunque perché se prendiamo l’autobus potremmo essere uccisi. Non sappiamo chi è il nemico e chi è l’amico.”
La carneficina sempre in aumento conferma che si tratta di una guerra civile. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite dello scorso mercoledì 3709 iracheni sono stati uccisi ad ottobre, il mese peggiore dall’invasione a guida americana, e più di 100.000 fuggono ogni mese verso la Siria o la Giordania.
“E’ stupefacente. Avrebbe dovuto essere definita guerra civile già molto tempo fa, ma ora non so come qualcuno possa ancora non definirla tale “ dice Nicholas Sambanis, professore a Yale e co-editore di “Capire la guerra civile: prove ed analisi”pubblicato nel 2005 dalla Banca Mondiale. “Il livello di violenza è tale da superare la maggior parte della guerre civili avvenute dal 1945 in poi.”
Sempre secondo Sambanis il consenso tra gli studiosi è unanime: “non conosco nessuno che affermi il contrario.”
Gli studiosi americani sono d’accordo sul fatto che ci sono state almeno 100 guerre civili a partire dal 1945. Ai piedi della scala immaginaria di queste guerre c’è quella dell’Irlanda del Nord, e se si calcola il numero dei morti le peggiori sono state quelle in Angola, Afghanistan, Nigeria, Cina e Ruanda.
Gli storici però dissentono sulla definizione di “guerra civile” e se essa possa essere applicata all’Iraq. John Keegan autore britannico di storie di guerra applica la definizione in soli cinque casi, a partire dalla guerra civile inglese del XVII secolo fino a quella libanese dl XX. Il criterio applicato da Keegan include il fatto che i gruppi stanno lottando per ottenere l’autorità nazionale, che hanno capi che pubblicamente denunciano i loro fini e che lottano indossando delle uniformi. L’Iraq, secondo Keegan, quindi, non è in uno stato di guerra civile.
All’opinione di Keegan però si oppone quella di altri studiosi che affermano sia cruciale per i politici e per i media riconoscere il conflitto in Iraq come guerra civile.
“Perché dovrebbe importarci di come essa è definita se tutti siamo d’accordo nel dire che la violenza è inaccettabile?” chiede Laitin, “La mia risposta è che c’è una comunità scientifica che studia le guerre civili, ne comprende le dinamiche e come esse, in genere, vanno a finire. Questo tipo di ricerche ha valore per la nostra sicurezza nazionale.”
La definizione comune di guerra civile segue due principali criteri. Il primo è che i gruppi in lotta devono appartenere alla stessa nazione e devono lottare per il suo controllo politico, per quello di uno stato separatista o per un radicale cambiamento politico. Il secondo è che almeno 1000 persone devono essere morte a causa degli scontri, e di queste almeno 100 di ogni parte in causa.
La maggior parte degli studiosi americani specializzati nello studio delle guerre civili afferma che il conflitto in Iraq è una guerra civile.
“Penso che in questo momento, e per l’immediato futuro almeno, il livello di violenza in Iraq soddisfi i criteri di definizione di guerra civile così come concepiti da ogni essere ragionevole” ha dichiarato James Fearon, studioso di politica della Stanford University che a settembre ha testimoniato al Congresso proprio sulla guerra in Iraq.
Sebbene i termini “guerra civile” abbiano un significato ampio abbastanza da includere molti tipi diversi di conflitti, una delle due parti coinvolte è quasi sempre il governo in carica. Alcuni studiosi affermano quindi che la guerra civile in Iraq è iniziata quando gli americani hanno trasferito la sovranità del paese ad un governo iracheno nominato nel giugno 2004. Quel passo trasformò la guerra anti-USA in una tra gruppi di insorti alla ricerca del recupero del potere per gli arabi sunniti ormai fuori dai giochi politici che si opposero ad un governo guidato dal Primo Ministro Ayad Allawi e sempre più dominato dagli sciiti.
Altri studiosi affermano invece che la guerra civile è iniziata quest’anno, dopo che la distruzione di un venerato santuario sciita a Samarra diede il via ad una catena di assassini per vendetta che in cinque giorni fece centinaia di morti e che continua tuttora. Dopo un mese dalla distruzione Allawi dichiarò che l’Iraq era affogato in una guerra civile: “Se questa non è guerra civile solo Dio sa cos’è una guerra civile.”
Secondo gli studiosi la guerra civile in Iraq contiene elementi sia dell’insorgenza – un gruppo lotta per rovesciare quello che considera un governo nazionale illegittimo – e della guerra settaria – il governo attaccato è guidato dagli sciiti ed opposto dagli arabi sunniti.
In Iraq la violenza settaria e le vendette sunnite-sciite sono diventate il marchio della lotta, ma i cicli della violenza hanno inizio a causa dei capi delle milizie che hanno dei fini politici. L’ex presidente yugoslavo, Slobodan Milosevic, agì in questo modo durante le guerre nei Balcani.
Il conflitto civile in Iraq in molti casi si svolge in aree a popolazione mista sunnita- sciita, incluse le città di Baghdad e Mosul e la provincia di Diyala. Vasta parte del territorio iracheno ha poco a che fare con questa violenza, ma si tratta di aree relativamente omogenee e poco abitate.
I governi coinvolti in guerre civili speso non intendono definirle come tali, in Colombia, ad esempio, si sostenne per anni che i ribelli fossero solo dei banditi.
Alcuni esponenti dell’amministrazione Bush hanno affermato che non avendo – i gruppi di insorti a guida sunnita – una visione politica la definizione di “guerra civile” non è applicabile.
Molti studiosi, al contrario, affermano che lo spargimento di sangue in Iraq ha già messo il paese nella lista dei paesi colpiti da guerra civile nell’ultimo mezzo secolo. Fearon ed il suo collega David Laitin affermano che il numero dei morti per anno in Iraq, con almeno 50.000 uccisi dal marzo 2003, pongono questo conflitto tra le 20 peggiori guerre civili degli ultimi 60 anni, al pari di quelle del Burundi e della Bosnia.
Il presidente ed il primo ministro iracheni evitano di usare i termini “guerra civile,” ma molti iracheni affermano che gli estremisti hanno portato il paese proprio in questa situazione, sebbene i moderati hanno lottato per farlo allontanare dall’abisso.
“Il mondo deve sapere che in Iraq c’è una guerra civile” dice Adel Ibrahim, uno sceicco della tribù a maggioranza sciita dei Subiah, “E’ una guerra civile devastante. I mortai uccidono i bambini nei nostri quartieri. Abbiamo paura di andare ovunque perché se prendiamo l’autobus potremmo essere uccisi. Non sappiamo chi è il nemico e chi è l’amico.”
La carneficina sempre in aumento conferma che si tratta di una guerra civile. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite dello scorso mercoledì 3709 iracheni sono stati uccisi ad ottobre, il mese peggiore dall’invasione a guida americana, e più di 100.000 fuggono ogni mese verso la Siria o la Giordania.
“E’ stupefacente. Avrebbe dovuto essere definita guerra civile già molto tempo fa, ma ora non so come qualcuno possa ancora non definirla tale “ dice Nicholas Sambanis, professore a Yale e co-editore di “Capire la guerra civile: prove ed analisi”pubblicato nel 2005 dalla Banca Mondiale. “Il livello di violenza è tale da superare la maggior parte della guerre civili avvenute dal 1945 in poi.”
Sempre secondo Sambanis il consenso tra gli studiosi è unanime: “non conosco nessuno che affermi il contrario.”
Gli studiosi americani sono d’accordo sul fatto che ci sono state almeno 100 guerre civili a partire dal 1945. Ai piedi della scala immaginaria di queste guerre c’è quella dell’Irlanda del Nord, e se si calcola il numero dei morti le peggiori sono state quelle in Angola, Afghanistan, Nigeria, Cina e Ruanda.
Gli storici però dissentono sulla definizione di “guerra civile” e se essa possa essere applicata all’Iraq. John Keegan autore britannico di storie di guerra applica la definizione in soli cinque casi, a partire dalla guerra civile inglese del XVII secolo fino a quella libanese dl XX. Il criterio applicato da Keegan include il fatto che i gruppi stanno lottando per ottenere l’autorità nazionale, che hanno capi che pubblicamente denunciano i loro fini e che lottano indossando delle uniformi. L’Iraq, secondo Keegan, quindi, non è in uno stato di guerra civile.
All’opinione di Keegan però si oppone quella di altri studiosi che affermano sia cruciale per i politici e per i media riconoscere il conflitto in Iraq come guerra civile.
“Perché dovrebbe importarci di come essa è definita se tutti siamo d’accordo nel dire che la violenza è inaccettabile?” chiede Laitin, “La mia risposta è che c’è una comunità scientifica che studia le guerre civili, ne comprende le dinamiche e come esse, in genere, vanno a finire. Questo tipo di ricerche ha valore per la nostra sicurezza nazionale.”
Tradotto ed adattato da Baghdadhope