Il Medio Oriente, ed in particolare l’Iraq, sta vivendo un tragico periodo di fermento. In Iraq i musulmani uccidono altri musulmani in un deplorevole ciclo di vendette, ma i cristiani, sebbene non abbiano mai ucciso dei musulmani, ogni giorno ed in ogni città vengono uccisi, derubati e fatti oggetto di violenza da parte di alcuni dei loro vicini e compatrioti arabi musulmani.
Eppure alcune considerazioni storiche dovrebbero imporre il rispetto per i cristiani dell’Iraq:
a: Etnicamente e culturalmente la Terra tra i Due Fiumi fu patria degli Assiri e dei Caldei già migliaia di anni prima che gli arabi musulmani conquistassero la Mesopotamia.
b: Dal punto di vista religioso la cristianità penetrò in Mesopotamia dai suoi albori conquistando il cuore della maggior parte dei suoi abitanti, sei secoli prima dell’invasione islamica.
c: A dispetto delle difficoltà che i cristiani sopportarono durante il dominio musulmano in Iraq essi furono sempre leali verso il loro paese e verso lo stato.
Nonostante tutto ciò i cristiani iracheni, così come quelli di altri paesi a maggioranza musulmana furono e sono trattati come cittadini di seconda classe, e solo in casi eccezionali alcuni di loro sono arrivati a ricoprire cariche di rilevanza nazionale per il bisogno del governante di turno dei loro servigi. Una tale situazione di degrado civile può continuare sotto gli occhi del mondo civilizzato?
Se l’Iraq diventerà uno stato islamico, magari diviso in una regione sunnita ed una sciita entrambe regolate da una costituzione islamica, è nostro dovere, come società civile, appellarci ad ogni istituzione perché prenda una posizione ed agisca per dare giustizia ed un futuro sicuro ai cristiani in Iraq. Se i musulmani iracheni non saranno disposti a riconoscere l’uguaglianza di diritti civili ai loro compatrioti cristiani la questione dovrà superare i confini del paese ed interessare la coscienza umana nella sua interezza, e l’intervento delle istituzioni internazionali dovrà essere necessario.
Considerando gli eventi presenti gli Stati Uniti sono particolarmente responsabili a questo riguardo e dovrebbero affrontare seriamente la questione nei termini seguenti:
1: I cristiani iracheni hanno diritto, come ogni altro gruppo etnico, culturale e religioso in Iraq, ad una regione autonoma auto-amministrata nella Piana di Ninive, la loro terra ancestrale, che oggi ospita una considerevole parte della popolazione.
2: Negli antichi villaggi cristiani della Piana di Ninive e del Kurdistan sottoposti a politiche di arabizzazione ed islamizzazione il carattere etnico, culturale e religioso originario dovrebbe essere ripristinato ed ad essi dovrebbero essere garantite le risorse necessarie per rifiorire.
3: Alle città e le istituzioni cristiane in Iraq dovrebbe essere assicurata una giusta parte della ricchezza naturale della terra dei loro padri.
4: Gli Stati Uniti dovrebbero riconoscere lo status dei rifugiati e garantire visti di ingresso, in giusto numero e velocemente, ai cristiani iracheni che sono stati costretti a lasciare l’Iraq negli ultimi anni.
5: L’amministrazione americana dovrebbe assicurarsi che una giusta parte dei fondi provenienti dall’Economic Reconstruction Aid Program sia destinata al sostegno delle città e delle istituzioni cristiane in Iraq.
Eppure alcune considerazioni storiche dovrebbero imporre il rispetto per i cristiani dell’Iraq:
a: Etnicamente e culturalmente la Terra tra i Due Fiumi fu patria degli Assiri e dei Caldei già migliaia di anni prima che gli arabi musulmani conquistassero la Mesopotamia.
b: Dal punto di vista religioso la cristianità penetrò in Mesopotamia dai suoi albori conquistando il cuore della maggior parte dei suoi abitanti, sei secoli prima dell’invasione islamica.
c: A dispetto delle difficoltà che i cristiani sopportarono durante il dominio musulmano in Iraq essi furono sempre leali verso il loro paese e verso lo stato.
Nonostante tutto ciò i cristiani iracheni, così come quelli di altri paesi a maggioranza musulmana furono e sono trattati come cittadini di seconda classe, e solo in casi eccezionali alcuni di loro sono arrivati a ricoprire cariche di rilevanza nazionale per il bisogno del governante di turno dei loro servigi. Una tale situazione di degrado civile può continuare sotto gli occhi del mondo civilizzato?
Se l’Iraq diventerà uno stato islamico, magari diviso in una regione sunnita ed una sciita entrambe regolate da una costituzione islamica, è nostro dovere, come società civile, appellarci ad ogni istituzione perché prenda una posizione ed agisca per dare giustizia ed un futuro sicuro ai cristiani in Iraq. Se i musulmani iracheni non saranno disposti a riconoscere l’uguaglianza di diritti civili ai loro compatrioti cristiani la questione dovrà superare i confini del paese ed interessare la coscienza umana nella sua interezza, e l’intervento delle istituzioni internazionali dovrà essere necessario.
Considerando gli eventi presenti gli Stati Uniti sono particolarmente responsabili a questo riguardo e dovrebbero affrontare seriamente la questione nei termini seguenti:
1: I cristiani iracheni hanno diritto, come ogni altro gruppo etnico, culturale e religioso in Iraq, ad una regione autonoma auto-amministrata nella Piana di Ninive, la loro terra ancestrale, che oggi ospita una considerevole parte della popolazione.
2: Negli antichi villaggi cristiani della Piana di Ninive e del Kurdistan sottoposti a politiche di arabizzazione ed islamizzazione il carattere etnico, culturale e religioso originario dovrebbe essere ripristinato ed ad essi dovrebbero essere garantite le risorse necessarie per rifiorire.
3: Alle città e le istituzioni cristiane in Iraq dovrebbe essere assicurata una giusta parte della ricchezza naturale della terra dei loro padri.
4: Gli Stati Uniti dovrebbero riconoscere lo status dei rifugiati e garantire visti di ingresso, in giusto numero e velocemente, ai cristiani iracheni che sono stati costretti a lasciare l’Iraq negli ultimi anni.
5: L’amministrazione americana dovrebbe assicurarsi che una giusta parte dei fondi provenienti dall’Economic Reconstruction Aid Program sia destinata al sostegno delle città e delle istituzioni cristiane in Iraq.
Monsignor Sarhad Y. Jammo
Eparchia caldea di San Pietro Apostolo (San Diego) USA
Tradotto ed adattato dall'inglese da Baghdahope.