"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

9 gennaio 2023

Homs e Mosul, dalle vittime dell’Isis i nuovi vescovi siro-cattolici


Papa Francesco ieri ha dato il suo assenso all’elezioni di due vescovi della Chiesa siro-cattolica dalle storie estremamente significative. Seguendo la procedura del Codice delle Chiese Orientali il Sinodo dei vescovi della Chiesa patriarcale di Antiochia dei Siri ha designato, infatti, i propri arcivescovi di Homs in Sira e della martoriata città irachena di Mosul.
Per Homs - l’antichissima sede episcopale di Emesa, che nel II secolo ha dato anche un papa alla Chiesa cattolica (Aniceto che fu sulla cattedra di Pietro tra il 155 e il 168) - la scelta è caduta su p. Jacques Mourad, originario di Aleppo, che nel 2015 fu trattenuto per 5 mesi nelle proprie mani dall’Isis dopo essere stato rapito nella sua comunità di Mar Elian, nei pressi della città di al Qaryatayn. Un’esperienza drammatica per questo monaco oggi 54enne che è il co-fondatore della Comunità di Mar Mousa, creata in un altro antico monastero della Siria insieme a p. Paolo Dall’Oglio, gesuita italiano, anche lui rapito dall’Isis nell’estate 2013 e scomparso nel nulla come migliaia di vittime siriane della guerra. Nel 2016 - poco dopo la sua liberazione - p. Mourad aveva raccontato in un’intervista alla rivista del Pime Mondo e Missione: “In quei giorni è cambiato il senso della mia vita. E le parole di Charles de Foucauld “Padre, mi consegno nelle tue mani”, hanno acquisito per me una forza nuova”.
Con questo spirito - dopo alcuni anni vissuti nei monasteri di Cori in Italia e di Sulaymanyah nel Kurdistan iracheno - l’anno scorso p. Mourad era tornato ad al Qaryatayn, che si trova propria nella diocesi di Homs. E insieme ai cristiani locali vittime insieme a lui del rapimento ha iniziato il difficile cantiere della ricostruzione. A partire dal monastero stesso di Mar Elian - che custodisce le spoglie di san Giuliano, il grande martire di Emesa – che i jihadisti avevano profanato e distrutto. “Ho detto ai cristiani che il santo ci aveva salvato e redento, offrendo il suo monastero e la sua tomba per noi”.
Una ricostruzione che p. Jacques Mourad ha voluto fortemente come segno di riconciliazione. “Questo lavoro - si legge in una lettera inviata in questi giorni dalla Comunità di Mar Mousa - è stato coronato dalla riconsacrazione della chiesa e della cappella per mano del vescovo siro-cattolico di Damasco, mons. Jihad Battah, e del vescovo siro-ortodosso di Homs, mons. Matta el-Khoury. La presenza dei due vescovi ha costituito un solenne atto di riconciliazione delle due Chiese di Qaryatayn, che in passato avevano avuto forti contrasti sulla proprietà del Monastero stesso. Erano presenti molti sacerdoti della diocesi di Homs e numerosi fedeli di Qaryatayn e dintorni, oltre a molti amici della Comunità. Al termine della messa del 9 settembre, giorno della festa di Mar Elian, le ossa del santo sono state deposte nel sarcofago restaurato che era stato distrutto nel 2015. Due cristiani e due musulmani di Qaryatayn hanno portato le reliquie del santo, per la gioia di tutti. È stata una vera e propria celebrazione nuziale, in cui la comunità musulmana di Qaryatayn ha offerto il pranzo a tutti i presenti, più di 300 persone”.

La ricostruzione è la sfida che attende anche p. Qusay Mubarak Abdullah Hano, 40 anni, scelto dal Sinodo del patriarcato siro-cattolico come proprio vescovo di Mosul, la città irachena che del sedicente Stato Islamico fu la capitale. I siro-cattolici a Mosul e nella Piana di Ninive storicamente sono la seconda grande comunità cristiana accanto a quella caldea, guidata dal 2018 da mons. Najib Mikhael Moussa. Proprio a Qaraqosh, una delle città della Piana di Ninive, il nuovo vescovo siro-cattolico è nato e cresciuto. Al tempo dell’Isis, quando i jihadisti diedero alle fiamme l’episcopio di Mosul, p. Hano è stato esule con gli esuli, svolgendo il suo ministero sacerdotale tra gli sfollati a Erbil. Ora la chiamata a raccogliere l’eredità di mons. Youhanna Boutros Moshe, che ha guidato la comunità siro-cattolica di Mosul durante la lunga tempesta.
Compito che resta ancora oggi estremamente difficile. Come raccontava pochi giorni fa da Mosul al quotidiano iracheno Al 'Alam Al Jadeed il sacerdote siro-cattolico p. Raed Adel, a quasi due anni dalla visita del papa sono appena 150 i cristiani ritornati a Mosul, meno dell’1% della comunità presente prima del dominio della cacciata dell’Isis. Pesa soprattutto la questione delle proprietà dei cristiani che dopo la razzia dei jihadisti9 sono state vendute e stentano ad essere restituite. Le stese autorità locali fanno ben poco per frenare il cambiamento demografico nelle aree un tempo abitate dai cristiani. Anche per questo l’ordinazione episcopale di mons. Hano - che il patriarca di Antiochia dei Siri Ignace Youssif III Younan presiederà il 3 febbraio nella grande chiesa dell’Immacolata a Qaraqosh - sarà un segno importante per una Chiesa che vuole ritrovare il suo posto in una terra dove i cristiani hanno una lunga storia e una vocazione che non vogliono abbandonare.