By Fides
9 novembre 2021
“Voi siete una Chiesa viva”. Le parole pronunciate da Papa Francesco a Baghdad, nell’omelia della concelebrazione liturgica da lui presieduta nella Cattedrale caldea di San Giuseppe durante la sua visita pastorale in terra irachena, sono state scelte come motto dell’Incontro della Gioventù caldea, in programma nella capitale irachena dal 18 al 20 novembre. All’evento, convocato dal Patriarcato caldeo, parteciperanno almeno 400 ragazzi e ragazze di Baghdad e delle altre diocesi caldee sparse per il territorio nazionale.
Foto Patriarcato caldeo |
La kermesse giovanile, scandita da appuntamenti liturgici, tempi di preghiera, dibattiti e momenti di socializzazione, avrà come momento clou un incontro di catechesi guidato dal Patriarca caldeo Louis Raphael Sako sul tema “Noi crediamo nel Signore Gesù Cristo”. Nei diversi momenti comunitari, l’attenzione si concentrerà intorno ad alcune questioni connesse all’incontro con Cristo e alla vita ecclesiale delle giovani generazioni caldee. Per facilitare la riflessione individuale e comunitaria, sono stati già diffusi attraverso i canali di comunicazione del Patriarcato caldeo, alcuni interrogativi relativi al rapporto personale di ciascuno con Cristo stesso, all’efficacia dei corsi di catechesi, alla familiarità con le Sacre Scritture, alle vie più efficaci per rendere ragione agli altri della speranza cristiana e del vivere nella quotidianità la partecipazione universale al sacerdozio di Cristo, condivisa da ogni cristiano in virtù del Battesimo. I ragazzi e le ragazze riuniti a Baghdad saranno anche sollecitati a far conoscere le proprie aspettative in merito al cammino sinodale avviato nella Chiesa cattolica in vista della prossima Assemblea del Sinodo dei Vescovi.
L’esodo impressionante che negli ultimi lustri ha visto buona parte dei cristiani iracheni lasciare il proprio Paese, ha interessato soprattutto le giovani generazioni di battezzati. L’incontro dei giovani convocato dal Patriarcato caldeo rappresenta un tentativo di farsi carico anche di questo fenomeno, e di interrogarsi sui tesori che conviene custodire e le grazie che occorre mendicare per veder fiorire e rifiorire il miracolo della fede in Cristo nelle vite di ragazzi e ragazze irachene.
Le parole e i gesti disseminati da Papa Francesco durante il suo storico viaggio in Iraq continuano a essere carichi di suggestioni per il presente e il futuro dei cristiani nel Paese dei due fiumi. «Oggi – disse il Papa concludendo l’omelia letta in italiano nella messa celebrata nel pomeriggio di domenica 7 marzo a Erbil - posso vedere e toccare con mano che la Chiesa in Iraq è viva, che Cristo vive e opera in questo suo popolo santo e fedele».
Nei pochi giorni del suo breve e intenso pellegrinaggio tra i dolori e le attese del popolo iracheno, l’85enne Successore di Pietro aveva toccato con mano le tribolazioni e rincuorato le speranze di rinascita di tutto il popolo e della locale comunità cristiana. Da Baghdad a Mosul, da Qaraqosh a Erbil, il Successore di Pietro si è imbattuto nel miracolo di una comunità di fede viva, un popolo di Dio umile e povero, reso ancora più esiguo nei numeri dalle traversie degli ultimi anni, che continua a attingere alla sorgente inesauribile della fede degli Apostoli.
Le parole e i gesti disseminati da Papa Francesco durante il suo storico viaggio in Iraq continuano a essere carichi di suggestioni per il presente e il futuro dei cristiani nel Paese dei due fiumi. «Oggi – disse il Papa concludendo l’omelia letta in italiano nella messa celebrata nel pomeriggio di domenica 7 marzo a Erbil - posso vedere e toccare con mano che la Chiesa in Iraq è viva, che Cristo vive e opera in questo suo popolo santo e fedele».
Nei pochi giorni del suo breve e intenso pellegrinaggio tra i dolori e le attese del popolo iracheno, l’85enne Successore di Pietro aveva toccato con mano le tribolazioni e rincuorato le speranze di rinascita di tutto il popolo e della locale comunità cristiana. Da Baghdad a Mosul, da Qaraqosh a Erbil, il Successore di Pietro si è imbattuto nel miracolo di una comunità di fede viva, un popolo di Dio umile e povero, reso ancora più esiguo nei numeri dalle traversie degli ultimi anni, che continua a attingere alla sorgente inesauribile della fede degli Apostoli.
Uomini e donne, giovani e bambini gli avevano raccontato anche i patimenti e i colpi subiti nel recente passato senza accusare, maledire o recriminare. Attestando piuttosto – come disse allora il sacerdote siro cattolico Ammar Yako nella testimonianza resa davanti al Papa a Qaraqosh – che perfino gli anni passati come profughi da lui e dai suoi parrocchiani, cacciati dalle proprie case, non sono stati «anni maledetti, ma benedetti dal Signore, che ha mostrato la sua gloria».