"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

15 settembre 2020

Kurdistan, villaggi cristiani vittime dei raid turchi contro il Pkk


Cresce la paura fra gli abitanti, anche cristiani, del Kurdistan irakeno lungo il confine con la Turchia, teatro di pesanti attacchi dell’aviazione di Ankara contro obiettivi del Pkk (il Partito curdo dei lavoratori) rifugiati nei villaggi della provincia settentrionale di Duhok.
“I turchi - racconta ad AsiaNews p. Samir Youssef, parroco della diocesi di Amadiya - da mesi bombardano le nostre montagne per uccidere membri del Pkk o attaccano i curdi, a prescindere dal fatto che trasportino armi, cibo o qualsiasi altra cosa”. 
Una violenza, prosegue il parroco di Enishke, che si è intensificata nell’ultimo periodo, come testimoniano il video e le foto pubblicate: “Nell’ultimo mese - spiega - hanno ucciso molte persone, solo perché si trovavano vicino a zone controllate dal Pkk. In alcuni casi i bombardamenti hanno lambito anche le case della popolazione civile”. La scorsa settimana, sottolinea il sacerdote, “hanno colpito una macchina che portava aiuti, nei pressi del villaggio cristiano di Araden”.
Da sottolineare che nella zona ancora oggi vivono centinaia di cristiani di Mosul e della piana di Ninive fuggiti nel 2014 in seguito all’ascesa dello Stato islamico (SI, ex Isis). Jihadisti che, secondo le accuse, spesso muovevano indisturbati e venivano aiutati proprio dalla vicina Turchia.
“Hanno attaccato diverse macchine - prosegue p. Samir - anche nella strada vicino ad Amadya. Nella zona vi è un’area, dietro le montagne, dove sorgono alcuni villaggi cristiani e che i turchi hanno bombardato con maggiore intensità. Lo stesso per altri villaggi a Zakho. Ho notizia di famiglie scappate dalle loro case, per sfuggire a questi attacchi”.
La speranza, aggiunge, è una reazione forte del governo di Baghdad contro la Turchia perché metta fine alle operazioni militari.
I raid aerei di Ankara contro basi del Pkk in Iraq non sono una novità ed episodi simili si sono registrati anche nel 2007 e nel 2018. Tuttavia, l’operazione lanciata in queste ultime settimane appare di una portata superiore a quelle precedenti e rientra nella politica “nazionalismo e islam” impressa dal presidente Recep Tayyip Erdogan in patria e all’estero. L’agenzia ufficiale turca Anadolu ha celebrato le operazioni militari, le quali hanno permesso di “neutralizzare terroristi” e che “continueranno con determinazione” come recita una nota ufficiale. 
Secondo alcuni esperti locali, rilanciati da organizzazioni cristiane in rete e sui social, fra le zone più colpite vi sono i villaggi cristiani di Chalik, Bersiveh e Sharanish. L’obiettivo di queste operazioni militari è quello di far fuggire gli abitanti da queste zone, ormai pressoché deserte, per poter create delle basi turche da cui far partire operazioni mirate di terra contro elementi del Pkk. I bombardamenti, conclude una fonte, sono sempre seguiti da pesanti incendi che finiscono per distruggere tutte le piante, le abitazioni e persino i cimiteri. Dall’inizio del 2020 almeno 25 villaggi cristiani dell’Iraq settentrionale sono svuotati della loro popolazione originaria, con uno scenario che ricorda gli anni di tensione e conflitti fra il 1980 e il 1990.