"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

8 luglio 2019

Stanziati dal governo i primi fondi per preparare la possibile visita di Papa Francesco

Photo The Baghdad Post
By Fides

Il governo iracheno ha già stanziato parte dei fondi destinati a preparare la possibile, futura visita in Iraq di Papa Francesco, prevista antro l’anno 2020. Lo ha rivelato Abdul Amir al Hamdani, Ministro iracheno della cultura, del turismo e delle antichità, in una dichiarazione a una rete televisiva satellitare, rilanciata dai media nazionali. Nel dettaglio, il ministro iracheno ha riferito che la prima tranche di finanziamenti messi a bilancio dal governo ammonta a 3 miliardi di dinari iracheni (pari a quasi 2milioni 247mila euro) e sarà destinata a iniziare le opere di riqualificazione urbana nelle città toccate dall’itinerario della visita apostolica del Papa.

L’ipotesi di una prossima visita papale non ha avuto finora alcuna conferma ufficiale da parte vaticana. A far muovere prontamente le istituzioni irachene per garantire una adeguata gestione logistica di tale eventualità sono bastate le parole con cui lo stesso Papa Francesco, ricevendo lo scorso 10 giugno i partecipanti alla Riunione delle Opere di Aiuto alle Chiese Orientali (Roaco), ha accennato al suo desiderio di andare in Iraq «il prossimo anno». Il 20 giugno, il Presidente iracheno Barham Salih ha consegnato al Cardinale e Patriarca caldeo Louis Raphael Sako una lettera di invito ufficiale indirizzata al Vescovo di Roma. Lo stesso Patriarca Sako, in una recente intervista, ha ipotizzato che il Papa, durante il viaggio in Iraq, potrebbe visitare oltre a Baghdad anche Ur dei Caldei – luogo di origine del Patriarca Abramo, Padre di tutti per poi salire nel nord del Paese, con la possibilità di incontrare i rifugiati che ancora non sono tornati alla proprie case e città, da loro abbandonate quando ampia parte della regione – a cominciare dalla metropoli di Mosul – era caduta sotto il dominio dei jihadisti dello Stato Islamico (Daesh).