By Vatican News
Amedeo Lomonaco
Sono sempre più inquietanti le ombre che si addensano sulla regione mediorientale e, in particolare, sui Paesi del Golfo. Come ricordato anche ieri a New York dall’osservatore permanente della Santa Sede presso l'Onu, mons. Bernardito Auza, è necessario trovare soluzioni pacifiche. Lo scenario si è aggravato dopo il ritiro unilaterale degli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare con Teheran. In questi giorni si sono registrati, nelle acque del Golfo, gravi episodi tra cui l’abbattimento di un drone statunitense e una serie di attacchi ad alcune petroliere attribuiti ai pasdaran, le guardie della rivoluzione iraniana. L’amministrazione americana ha reagito cominciando ad ammassare forze militari e inasprendo il blocco economico contro Teheran.
Amedeo Lomonaco
Sono sempre più inquietanti le ombre che si addensano sulla regione mediorientale e, in particolare, sui Paesi del Golfo. Come ricordato anche ieri a New York dall’osservatore permanente della Santa Sede presso l'Onu, mons. Bernardito Auza, è necessario trovare soluzioni pacifiche. Lo scenario si è aggravato dopo il ritiro unilaterale degli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare con Teheran. In questi giorni si sono registrati, nelle acque del Golfo, gravi episodi tra cui l’abbattimento di un drone statunitense e una serie di attacchi ad alcune petroliere attribuiti ai pasdaran, le guardie della rivoluzione iraniana. L’amministrazione americana ha reagito cominciando ad ammassare forze militari e inasprendo il blocco economico contro Teheran.
A Vatican News il cardinale Luois Sako sottolinea che se la situazione degenererà in un conflitto, sarà un disastro per tutto il Medio Oriente:
Siamo molto preoccupati, non sappiamo cosa succederà. La gente
ha paura, non c’è un futuro sicuro. Nelle guerre ci sono sempre
interessi ma questi Paesi devono risolvere i problemi con il dialogo,
non con le armi. Alcuni atti sono inaccettabili, per esempio quanto
successo alla nave britannica e gli episodi dei droni caduti… C’è una
vera tensione e in tutta la regione questo potrà essere un disastro.
Quando si comincia una guerra, non si può sapere come finirà.
Quale è il suo appello alle amministrazioni di Washington e Teheran?
Ho lanciato un appello che abbiamo lasciato alle due ambasciate
qui a Baghdad: bisogna promuovere il dialogo, con la guerra tutti
perdono. Ma non c’è ascolto e ognuno pensa a sé stesso. Noi soffriamo
per la distruzione del Paese, per i tanti morti! Perché queste guerre
assurde?
L’Iraq, intanto, è in attesa di un evento eccezionale: lo scorso
mese di giugno Papa Francesco ha annunciato la volontà di recarsi
proprio in questo Paese…
Penso che, in questo contesto, una visita sia incerta, vista
l'attuale situazione di tensione nella regione. Tutti gli iracheni
aspettano questa visita, sia cristiani sia musulmani. E noi abbiamo
bisogno di questa presenza del Santo Padre, del suo incoraggiamento, ma
non vedo come e quando sarà possibile.
Il popolo iracheno ha bisogno di incoraggiamentoela Chiesa è
vicina al popolo. Dal primo al tre luglio si è svolto in Iraq il meeting
dei partner della Caritas irachena. Quali sfide sono emerse?
La Chiesa è al servizio della gente. Come al tempo di Gesù, noi
aiutiamo tutti: musulmani, cristiani, senza distinzioni. E siamo anche
nelle città sunnite e sciite. Questa è una testimonianza di carità.
Bisogna cambiare la mentalità, questa cultura settaria e improntata alla
violenza. Bisogna essere realisti, rispettare la vita, il pluralismo e
la diversità delle religioni, delle etnie. Bisogna anche rispettare la
natura. E invece non si preoccupano della natura, degli alberi, delle
foreste, dell’acqua. Dove sono i soldi? La gente a Bassora ha bisogno di
acqua...
L’Iraq, nei libri di storia, è ricordato come il Paese dei due
fiumi: il Tigri e l’Eufrate. Ma il deserto avanza e c’è, come ha
ricordato, una grave emergenza, legata alla siccità, nella regione
meridionale di Bassora…
Sì, è una situazione di emergenza. In passato, tutti sognavano
di venire in Iraq perché c’era l’acqua, l’agricoltura funzionava, c’era
la civilizzazione. Oggi, invece, l’Iraq ha perso quasi tutto. Non c'è
l‘industria, tutto viene da fuori e l’unica fonte di ricchezza è il
petrolio. Ma questo non può coprire tutti i bisogni della gente. Poi la
corruzione è quasi totale ed è dappertutto.