E' un dato di fatto che i sinodi della chiesa caldea che si svolgono in Iraq non sempre hanno uno svolgimento tranquillo. Successe nel 2003 quando ai vescovi riuniti a Baghdad per eleggere il nuovo patriarca non furono sufficienti 15 giorni e dovettero risolvere la questione a Roma dove un altro sinodo fu convocato d'ufficio dopo tre mesi e dove, improvvisamente, le tensioni che avevano infuocato gli animi a Baghdad si risolsero in due soli giorni con la nomina di Monsignor Emmanuel Delly, ora patriarca emerito.
Nel 2007 fu la volta di Alqosh, nel nord dell'Iraq, dove non solo un gruppo di vescovi - tra i quali l'allora Arcivescovo di Kirkuk ed ora patriarca, Mons. Louis Sako - non parteciparono alle riunioni in aperta contestazione con la linea di condotta patriarcale, quanto una fuga di notizie silurò, a causa del tradimento del segreto sinodale, i due candidati a diventare vescovi dell'Europa e di Erbil, rispettivamente il corepiscopo Mons. Philip Najim ed il monaco Fadi Isho.
Il prossimo 5 di giugno si terrà un altro sinodo a Baghdad.
Il primo presieduto dal nuovo patriarca Mar Louis Raphael I Sako scelto a Roma nel gennaio 2013 ed anche questa volta non si preannunciano tempi facili.
La questione che potrebbe questa volta creare dissapori si può riassumere con una frase pronunciata l'11 maggio scorso nel corso di una riunione tra le associazioni caldee che operano nel territorio di San Diego (CA) e Monsignor Sarhad Y. Jammo, vescovo caldeo degli Stati Uniti occidentali e strenuo difensore della teoria secondo la quale l'identità caldea non è riferita solo all'identità religiosa della più consistente parte dei cristiani di origine irachena, ma anche a quella nazionalista che li vede - secondo il prelato - ben distinti etnicamente dagli assiri. Una identità che quindi distingue nettamente tra il popolo/chiesa caldea ed il popolo/chiesa assira.
Il prossimo 5 di giugno si terrà un altro sinodo a Baghdad.
Il primo presieduto dal nuovo patriarca Mar Louis Raphael I Sako scelto a Roma nel gennaio 2013 ed anche questa volta non si preannunciano tempi facili.
La questione che potrebbe questa volta creare dissapori si può riassumere con una frase pronunciata l'11 maggio scorso nel corso di una riunione tra le associazioni caldee che operano nel territorio di San Diego (CA) e Monsignor Sarhad Y. Jammo, vescovo caldeo degli Stati Uniti occidentali e strenuo difensore della teoria secondo la quale l'identità caldea non è riferita solo all'identità religiosa della più consistente parte dei cristiani di origine irachena, ma anche a quella nazionalista che li vede - secondo il prelato - ben distinti etnicamente dagli assiri. Una identità che quindi distingue nettamente tra il popolo/chiesa caldea ed il popolo/chiesa assira.
Ebbene nel corso di quella riunione Monsignor Jammo, con la veemenza che gli è propria, ha pronunciato una frase che sa di ultimatum, o almeno di prossimi disaccordi. Sebbene riferendosi agli uomini di chiesa, ai fedeli ed ai laici "in San Diego" Monsignor Jammo ha parlato della "identità nazionale caldea" come di una "linea rossa sulla quale non è possibile trattare" usando addirittura un termine arabo forte come "musa:uama" letteralmente "compromesso, mercanteggiamento" e sottolineando come i caldei di San Diego, (leggi: Stati Uniti) rappresentando il più numeroso gruppo di caldei al mondo hanno maggior potere decisionale e saranno quindi in grado di "far pendere la bilancia a proprio favore."
Tre giorni dopo la riunione di Monsignor Jammo a San Diego il sito ufficiale delle sua diocesi, Kaldaya.net, ha pubblicato con gran risalto l'annuncio della presenza di Mar Bawai Soro al Congresso Generale Nazionale Caldeo che si sarebbe aperto il giorno successivo a Detroit.
Perchè tanto risalto a quella presenza?
Tre giorni dopo la riunione di Monsignor Jammo a San Diego il sito ufficiale delle sua diocesi, Kaldaya.net, ha pubblicato con gran risalto l'annuncio della presenza di Mar Bawai Soro al Congresso Generale Nazionale Caldeo che si sarebbe aperto il giorno successivo a Detroit.
Perchè tanto risalto a quella presenza?
Mar Bawai Soro fino al 2005 era un vescovo della chiesa Assira dell'Est, colui che più di tutti aveva perorato la causa dell'unione delle due chiese - caldea ed assira - in nome della comune discendenza dalla Chiesa dell'Est. Quando fu chiaro che non si sarebbe passati dalla seconda alla terza fase del processo di unione, quella che avrebbe dovuto portare, secondo Mar Bawai, al riconoscimento dell'autorità papale da parte della Chiesa Assira - chiesa autocefala con patriarca Mar Dinkha IV - i rapporti tra egli e la chiesa madre si ruppero e sfociarono in una sospensione sinodale ed in una causa presso la Corte Suprema di Santa Clara in California che impose all'ormai ex vescovo di restituire alla chiesa madre tutte le proprietà da egli gestite. Nel 2008 Mar Baway entrò in piena comunione con la chiesa caldea e fu accolto come vescovo nella diocesi di Monsignor Jammo.
Ma in che veste? Da allora molti sinodi della chiesa caldea si sono svolti, ma in nessuno di essi è stata presa una decisione riguardo a Mar Bawai ed al suo possibile accoglimento nella chiesa caldea come vescovo a pieno titolo. E' indubbio però che Mar Bawai sia una figura centrale nella contrapposizione tra la chiesa caldea e quella assira negli Stati Uniti e chi, meglio di un vescovo passato dall'una all'altra può rappresentare la causa della caldeità tanto cara a Monsignor Jammo e Monsignor Ibrahim Ibrahim, vescovo caldeo degli Stati Uniti orientali? Non è forse vero che è stato lo stesso Mar Bawai che nel discorso di apertura del congresso di Detroit ha chiaramente espresso la sua (e degli altri due vescovi) opinione dicendo: "noi (caldei) siamo fieri della nostra etnicità?" Se Monsignor Jammo, assente al congresso, voleva trovare un portavoce per le sue idee indubbiamente c'è riuscito.
A sostenere l'idea della caldeità in quel congresso Mar Bawai non è comunque rimasto solo. Alle sue parole hanno fatto infatti eco quelle del monaco Noel Khorkhis, molto vicino a Monsignor Jammo, che ha parlato di "rinascimento della casa, del corpo e della lingua caldea" e soprattutto quelle di Monsignor Ibrahim N. Ibrahim che ha ribadito con forza nel discorso di apertura del congresso la differenza tra le "nazionalità" caldea, assira, araba e curda e la volontà dei caldei di rivendicare i propri diritti nazionalistici, proprio come, ha ricordato, fecero i vescovi riuniti a Baghdad nel 2003 * quando inviarono a Paul Bremer, l'allora amministratore americano dell'Iraq, un documento in cui chiedeva di "garantire il diritti di tutti i cristiani dell'Iraq ... primi tra loro i caldei" che "secondo i numeri e la loro percentuale rispetto alla popolazione totale... rappresentano la terza comunità etnica dell'Iraq, subito dopo quella araba e quella curda"
Tutte queste dichiarazioni, queste rigide prese di posizione su linee da non varcare, non promettono bene per la riuscita del sinodo presieduto da Mar Louis Raphael I Sako che da sempre si è dichiarato a favore dell'unità "nella" chiesa e "delle" chiese tanto da scegliere il termine stesso insieme ad autenticità e rinnovamento come suo motto patriarcale.
Ma in che veste? Da allora molti sinodi della chiesa caldea si sono svolti, ma in nessuno di essi è stata presa una decisione riguardo a Mar Bawai ed al suo possibile accoglimento nella chiesa caldea come vescovo a pieno titolo. E' indubbio però che Mar Bawai sia una figura centrale nella contrapposizione tra la chiesa caldea e quella assira negli Stati Uniti e chi, meglio di un vescovo passato dall'una all'altra può rappresentare la causa della caldeità tanto cara a Monsignor Jammo e Monsignor Ibrahim Ibrahim, vescovo caldeo degli Stati Uniti orientali? Non è forse vero che è stato lo stesso Mar Bawai che nel discorso di apertura del congresso di Detroit ha chiaramente espresso la sua (e degli altri due vescovi) opinione dicendo: "noi (caldei) siamo fieri della nostra etnicità?" Se Monsignor Jammo, assente al congresso, voleva trovare un portavoce per le sue idee indubbiamente c'è riuscito.
A sostenere l'idea della caldeità in quel congresso Mar Bawai non è comunque rimasto solo. Alle sue parole hanno fatto infatti eco quelle del monaco Noel Khorkhis, molto vicino a Monsignor Jammo, che ha parlato di "rinascimento della casa, del corpo e della lingua caldea" e soprattutto quelle di Monsignor Ibrahim N. Ibrahim che ha ribadito con forza nel discorso di apertura del congresso la differenza tra le "nazionalità" caldea, assira, araba e curda e la volontà dei caldei di rivendicare i propri diritti nazionalistici, proprio come, ha ricordato, fecero i vescovi riuniti a Baghdad nel 2003 * quando inviarono a Paul Bremer, l'allora amministratore americano dell'Iraq, un documento in cui chiedeva di "garantire il diritti di tutti i cristiani dell'Iraq ... primi tra loro i caldei" che "secondo i numeri e la loro percentuale rispetto alla popolazione totale... rappresentano la terza comunità etnica dell'Iraq, subito dopo quella araba e quella curda"
Tutte queste dichiarazioni, queste rigide prese di posizione su linee da non varcare, non promettono bene per la riuscita del sinodo presieduto da Mar Louis Raphael I Sako che da sempre si è dichiarato a favore dell'unità "nella" chiesa e "delle" chiese tanto da scegliere il termine stesso insieme ad autenticità e rinnovamento come suo motto patriarcale.
A pochissimi giorni dalla sua nomina a patriarca Mar Sako alla domanda: 'Beatitudine, Lei ha parlato di unità. Come si concilia questo desiderio con le spinte nazionalistiche che soprattutto negli ultimi dieci anni hanno lacerato la chiesa dal suo interno? Mi riferisco alla nascità di un atteggiamento che vuole i Caldei diversi dai fedeli delle altre chiese in Iraq non solo dal punto di vista religioso ma anche da quello etnico' rispondeva infatti: "E' un argomento che dovrebbe essere studiato approfonditamente su basi storiche, scientifiche e linguistiche ed in ciò la Chiesa ed i laici possono dare un gran contributo. La nostra chiesa è allo stesso tempo locale ed universale e termini come 'Caldeo' o 'Assiro' sono retaggi del colonialismo che mirava a dividere una comunità con origini comuni. Stabilire se gli antenati di ogni iracheno cristiano provengano da Babilonia o da Ninive non è facile. Per l'armonia ed il dialogo - basi di partenza della collaborazione e quindi della crescita - è necessario che le due parti in causa non cadano nella trappola del cieco nazionalismo. Nazionalismo e fondamentalismo da qualsiasi parte traggano origine sono ostacoli sulla via dello sviluppo e della pace."
Non bastassero queste parole a chiarire la posizione del Patriarcato valgono i fatti. Durante la recente visita pastorale in Australia e Nuova Zelanda infatti Mar Sako, accompagnato dal suo seguito - tutti i vescovi iracheni tranne Mons. Jacques Isaac - ha visitato la cattedrale di Rabban Hormizd a Sidney appartenente alla Chiesa Assira dell'Est dove è stato accolto con calore dai fedeli e dal vescovo di quella chiesa per l'Australia e la Nuova Zelanda, Mar Meelis Zaia.
Non bastassero queste parole a chiarire la posizione del Patriarcato valgono i fatti. Durante la recente visita pastorale in Australia e Nuova Zelanda infatti Mar Sako, accompagnato dal suo seguito - tutti i vescovi iracheni tranne Mons. Jacques Isaac - ha visitato la cattedrale di Rabban Hormizd a Sidney appartenente alla Chiesa Assira dell'Est dove è stato accolto con calore dai fedeli e dal vescovo di quella chiesa per l'Australia e la Nuova Zelanda, Mar Meelis Zaia.
In quell'occasione Mar Zaia ha portato i saluti del Patriarca Mar Dinkha IV rivolti ai vescovi ospiti ed "ai figli della Chiesa di Cristo nel nome dell'unità e della fratellanza" ed ha parlato "dell'antico comune denominatore che unisce" (letteralmente, n.d.r) la "Chiesa dell'Est Caldea Assira" (Kanisa al-Sharqiya al-Kaldaniya al-Ashuriya).
A queste parole Mar Louis Raphael I Sako ha risposto ricordando l'importanza dell'unità perchè "noi siamo una sola chiesa" e che la presenza a quell'incontro di tanta gente dimostrava come l'unità della chiesa fosse desiderata.
Una unità tanto sentita dal Patriarca da rimarcarne l'importanza nel messaggio inviato ai fedeli della diocesi australiana e neozelandese appena visitata in cui essa è definità "la più grossa sfida per la nostra sopravvivenza, per la nostra continuità nella madre patria e nei paesi della diaspora" ed in cui si dice chiaramente che "chi non agisce per l'unità non è un cristiano"
Resterà da vedere quanto e come queste polemiche e posizioni apparentemente inconciliabili, anche e soprattutto alla luce della lettera che il Patriarca Sako ha indizirizzato al clero caldeo nel mondo, influenzeranno il prossimo sinodo, tenendo presente che uno dei due vescovi degli Stati Uniti, Monsignor Ibrahim N. Ibrahim, ha già raggiunto la soglia del 75° anno di età e che quindi se non in tempi brevissimi è ragionevole pensare ad una sua prossima sostituzione alla guida della diocesi.
Come sempre i sinodi della Chiesa Caldea sono fonti di sorprese.
* All'epoca della stesura del documento indirizzato a Paul Bremer (3 settembre 2003) degli attuali vescovi caldei 3 non avevano ancora carica episcopale: l'attuale patriarca Mar Louis Raphael I Sako e gli arcivescovi di Erbil e Mosul, rispettivamente Mons. Bashar M. Warda ed Emile S. Nona
A queste parole Mar Louis Raphael I Sako ha risposto ricordando l'importanza dell'unità perchè "noi siamo una sola chiesa" e che la presenza a quell'incontro di tanta gente dimostrava come l'unità della chiesa fosse desiderata.
Una unità tanto sentita dal Patriarca da rimarcarne l'importanza nel messaggio inviato ai fedeli della diocesi australiana e neozelandese appena visitata in cui essa è definità "la più grossa sfida per la nostra sopravvivenza, per la nostra continuità nella madre patria e nei paesi della diaspora" ed in cui si dice chiaramente che "chi non agisce per l'unità non è un cristiano"
Resterà da vedere quanto e come queste polemiche e posizioni apparentemente inconciliabili, anche e soprattutto alla luce della lettera che il Patriarca Sako ha indizirizzato al clero caldeo nel mondo, influenzeranno il prossimo sinodo, tenendo presente che uno dei due vescovi degli Stati Uniti, Monsignor Ibrahim N. Ibrahim, ha già raggiunto la soglia del 75° anno di età e che quindi se non in tempi brevissimi è ragionevole pensare ad una sua prossima sostituzione alla guida della diocesi.
Come sempre i sinodi della Chiesa Caldea sono fonti di sorprese.
* All'epoca della stesura del documento indirizzato a Paul Bremer (3 settembre 2003) degli attuali vescovi caldei 3 non avevano ancora carica episcopale: l'attuale patriarca Mar Louis Raphael I Sako e gli arcivescovi di Erbil e Mosul, rispettivamente Mons. Bashar M. Warda ed Emile S. Nona