"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

29 ottobre 2012

Rogazionisti in Iraq: Intervista a Padre Jalal Yako che si prepara per fare ritorno nel suo sofferente Iraq

dal settimanale diocesano "La Difesa del Popolo" 21 ottobre 2012
by Cinzia Agostini

Padre Jalal Yako, religioso rogazionista di origini irachene, dopo aver servito la nostra diocesi per alcuni anni nella parrocchia del Buon Pastore, è pronto a partire come missionario: destinazione il suo martoriato paese d’origine, l’Iraq. Ecco la sua testimonianza in occasione della Giornata missionaria mondiale. «Sono nato a Ninive, nella zona nord dell’Iraq – esordisce – La mia è una vocazione maturata grazie alla testimonianza della mia famiglia e del mio parroco, anche se determinante è stata l’esperienza del servizio militare, negli anni 1992-94. Lì ho conosciuto la durezza della vita e l’assurdità dell’uso delle armi e della guerra; confrontandomi con ragazzi musulmani che la pensavano come me, unico cristiano, ho capito che tra gli uomini è possibile un dialogo allargato, in cui si possono utilizzare le parole e la logica della ragione. Era da poco terminata la disastrosa guerra contro l’Iran, una guerra durata otto anni, senza motivo, che ha causato un milione di morti; di recente c’era stata l’invasione del Kuwait con l’intervento degli Stati Uniti, che hanno regalato al mio popolo altri lutti e sofferenze.
Subito dopo ho conosciuto i padri rogazionisti e mi sono innamorato dell’idea del servizio alle vocazioni, alla tutela e alla promozione della vita nella sua massima realizzazione ed espressione e dell’apostolato caritativo tra poveri e giovani in difficoltà. Ho coronato il sogno della mia vita il 29 dicembre del 2005, diventando sacerdote rogazionista»
Come si è trovato nella nostra diocesi?

«Dopo l’ordinazione presbiterale sono arrivato in qualità di vice parroco nella parrocchia del Buon Pastore dell’Arcella, dove ho svolto il mio ministero fino allo scorso agosto. Sono rimasto affascinato dalla testimonianza di fede di una comunità cristiana diocesana matura e aperta alla solidarietà, alla missione e all’approfondimento della liturgia e della spiritualità. La diocesi di Padova raccoglie come in uno scrigno il meglio della tradizione teologica e pastorale sia dell’occidente che dell’oriente. Ho potuto constatare anche una ricchezza ministeriale e la collaborazione attiva dei laici che rende più partecipata e corale l’azione apostolica e pastorale: sono elementi che caratterizzano la polifonia e la varietà di una chiesa locale attenta a tutte le moderne problematiche».
Qualche elemento da migliorare?

«Chi è sempre e in maniera incontrastata il “primo della classe” non pensa che ci possa mai essere uno migliore di lui: se nella chiesa di Padova si possono individuare dei limiti, questo citato, a mio parere, potrebbe essere uno. Credo sia necessario rimettersi sempre in gioco, pensando di essere gli ultimi e con la grinta per poter diventare primi; ma senza mai illudersi di esserlo veramente».
Come ha vissuto la tragedia che ha investito il suo paese?

«Le guerre rimangono ferite aperte nel mio cuore e offendono la mia sensibilità umana e sacerdotale, ispirata ai valori evangelici che sono di segno nettamente opposto. Ancora non riesco a capacitarmi dello smembramento del mio popolo, dell’umiliazione di culture e tradizioni secolari, delle morti assurde e di vite umane perdute, del tessuto sociale aggravato di lacerazioni, deportazioni, persecuzioni e fughe di massa a cui assistiamo impotenti. La violenza genera violenza ed è difficile riannodare il filo del dialogo e proseguire facendo finta di niente, perché gli odi e le vendette a lungo contratte riesplodono senza controllo, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti, e che le cronache registrano e ci riferiscono quotidianamente».
Ora sta per tornare in Iraq: cosa si aspetta?

«A settembre il papa, a Beirut, ha presentato l’esortazione apostolica che raccoglie i contributi del sinodo per le chiese orientali del 2010: è un documento in cui si sollecitano i cristiani a non abbandonare la propria terra e a essere testimoni dell’amore di Dio in mezzo agli uomini, in un confronto rispettoso delle diversità, costruendo ponti di solidarietà e di pace. È in questo contesto che si situa la decisione della nostra provincia di aprire in Iraq, da dove tutti fuggono: i cattolici nel paese sono passati da un milione nel 1990 a poco più di mezzo milione oggi, e si è preoccupati che chiese così antiche, che vantano tradizioni secolari e risalenti ad ascendenze apostoliche e primitive, rischino di disgregarsi e disperdersi. La nostra nuova comunità vuole essere portatrice di testimonianza e di un lume di speranza per i nostri fratelli nella prova». 


by Rogazionisti del Cuore di Gesù, 29 dicembre 2005

Il 29 dicembre 05, giovedì, nella chiesa dedicata alla Madonna Immacolata, nella città di Karakosh, Mossul, Iraq, il Chierico Jalal Yako verrà ordinato sacerdote per le mani di Sua Eccellenza Monsignor Basile Georges Casmoussa, Arcivescovo di Mossul. Nella stessa chiesa egli celebrerà la sua Prima Messa solenne alla presenza dei suoi famigliari, parenti e alcuni confratelli iracheni giunti dall’Italia, il 1 gennaio 2006.
Il P. Jalal, cittadino iracheno, da diversi anni residente in Italia, è attualmente religioso della comunità locale di Padova dove ha svolto in attesa della sua ordinazione sacerdotale il suo ministero diaconale presso la Chiesa Parrocchiale di Gesù Buon Pastore. Egli entrò a far parte della nostra Congregazione tramite l’opera e l’incoraggiamento delle Suore Domenicane Irachene che risiedono presso la nostra Curia Generalizia in Roma. La sua ordinazione sacerdotale possa essere auspicio di pace in quella nazione martoriata dalla guerra e dal terrorismo.