"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

24 settembre 2012

Parla il Vescovo di Aleppo: "Apro la mia casa a chi scappa dalla guerra"

By Tracce.it
di Gian Micalessin

24/09/2012 - La rinuncia a vedere il Papa, la paura dell'ignoto e la "lontananza" dell'Europa.
Antoine Audo non viaggia da mesi per restare con il suo popolo. Qui racconta la Siria dei cristiani, dove la fede è davvero «questione di vita o di morte»

I ragazzini inseguono il pallone. Le famiglie riunite intorno ai tavoli del porticato dividono i dolci fatti in casa, discutono di politica e guerra, condividono le proprie paure. Lui legge seduto ad un tavolo di fronte all’ingresso. A tratti sfoglia un libro di filosofia religiosa, a tratti ascolta i fedeli che gli si stringono attorno per chiedergli consigli e pareri.
Dall’inizio della guerra Antoine Audo, sessantasette anni, vescovo cristiano caldeo di Aleppo, passa così le sue serate. «Cerco di stare vicino ai miei fedeli, di tenere insieme la comunità. Ogni sera, alle sei, apro la porta del vescovado e accolgo tutte le famiglie. Voglio ricreare l’idea di una comunità in grado di lottare e rafforzarsi nelle avversità. Io e molti altri vescovi cristiani», spiega in questa intervista esclusiva a Tracce.it, «non siamo andati in Libano ad incontrare il Papa. Gli abbiamo scritto una lettera, gli abbiamo spiegato quanto avremmo voluto esserci, ma anche quanto importante è stare vicino ai fedeli in questo momento per dare loro un segnale di solidarietà. Il Papa ha capito ed apprezzato».
Quali sono i problemi più gravi per i cristiani?
In questo momento, quelli pratici. Siamo prigionieri di questa città. L’unico modo per uscire è prendere l’aereo. Le strade sono pericolose, battute da gruppi fuori controllo che attaccano, rapiscono e impongono riscatti. Io da tre mesi non viaggio più, sto al fianco del mio popolo.
Quali sono le paure?
Qui nel quartiere di Azizia non c’è paura. Viviamo tutti assieme, ma le voci giunte dalle zone dove sono presenti i ribelli armati sono assai preoccupanti. Hanno distrutto palazzi, commesso violenze di ogni tipo, lasciato cadaveri nelle strade. Ce lo raccontano gli sfollati, quelli che abbandonano le proprie case per cercar rifugio qui da noi. Noi cristiani siamo in prima linea nell’aiutarli e il centro della Caritas coordinato da questo vescovado distribuisce aiuti a tutti.
Voi cristiani siete accusati di esser vicini al governo…
Non penso sia vero. Molti cristiani militano nell’opposizione, abbiamo studenti ed intellettuali che chiedono il cambiamento. In generale, tutti noi vogliamo una maggior partecipazione politica.
Ma vi fidate dei ribelli?
Temiamo l’ignoto. Vorremo conoscere i programmi di questi gruppi armati, le loro intenzioni, i loro capi. Non badiamo alle ideologie, siamo molto pratici anche perché da 2000 anni lottiamo per sopravvivere e convivere con i musulmani. Non puntiamo al potere e non cerchiamo la ricchezza. Per questo tutti ci rispettano. Vogliamo solo il bene comune della Siria.
Il fondamentalismo, però, vi fa paura…
Certo che ci fa paura, però cerchiamo di non sottolinearla, di non dimostrarla. Qui in Medio Oriente bisogna affrontare i problemi parlandone con molta cautela. È una questione di rispetto nei confronti dei musulmani.
L’Europa chiede la deposizione di Assad e appoggia apertamente i ribelli. Vi sentite compresi?
L’Europa sembra aver scordato o non voler più prendere in considerazione il problema della presenza storica cristiana in Siria e Medioriente. Sembra poco interessata alla nostra cultura e al dialogo con noi. I suoi interessi sembrano focalizzati soltanto sui problemi dell’economia e della sicurezza. Non vi sentiamo vicini, non percepiamo in voi europei la dimensione di una fede comune.
Pensate che abbiamo perduto il senso delle nostre radici?
Abbiamo quest’impressione. Non vorrei generalizzare, ma chi vi governa sembra pensare solo ad interessi materiali. Da voi la religione sembra condannata a restare in secondo piano. Parlate solo dei vostri interessi. Noi nonostante siano passati 2000 anni, continuiamo ad esser fedeli al Vangelo e a combattere per Cristo. La nostra fede non si può comprare o lasciare. Qui la fede è questione di vita e morte.
La visita del Papa è servita a qualcosa? E riuscito a risvegliare l’Europa?
Il Papa è stato il primo a sottolineare questi aspetti e ad esprimere la necessità per i cristiani di continuare a vivere assieme.
I cristiani di Siria rischiano di finire perseguitati e minacciati come quelli d’Iraq?
La Siria non è ancora l’Iraq. Non c’è ancora il rischio della fuga e dell’emigrazione. La mancanza di stabilità, le minacce, le violenze rendono però molto difficile la presenza cristiana. Già ora molti fuggono in Libano. Da vescovo caldeo che ha accolto migliaia di fedeli iracheni perseguitati, mi auguro veramente non finisca nella stessa maniera. Prego perché non succeda anche qui.
La soluzione è un cambio drastico di regime come chiesto dall’Occidente?

No. C‘è bisogno di gradualità, di un cambiamento basato sul dialogo e non sulle armi. Solo così potremo conquistarci un po’ di libertà.