By Radiovaticana 10 luglio 2012
Sono cinquemila le famiglie cristiane che hanno lasciato negli ultimi mesi la zona di Mossul nel nord dell’Iraq. Mossul, distante 400 chilometri da Baghdad, è tornata ad essere insicura e le violenze sono all’ordine del giorno malgrado il piano di sicurezza ideato dal premier, Nuri al-Maliki, e l’impegno dichiarato dell’esercito. Dal 2005 alla fine del 2011 sono stati almeno 69 casi di omicidio tra i membri della comunità cristiana, in particolare giovani e studenti di scuola e università.
Della situazione dei cristiani in Iraq Fausta Speranza ha parlato con mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad, che innanzitutto allarga il discorso a tutto il Medio Oriente:
La situazione in Medio Oriente, in genere, non è buona - come tutti sanno - e questo influisce anche sull’Iraq. Inoltre, la nostra situazione non è tranquilla perché ci sono diverse questioni tra il governo, i partiti e le confessioni e ciò influisce negativamente su tutto il Paese. Noi dobbiamo parlare innanzitutto dela situazione in generale degli iracheni, perché i cristiani vivono in questo ambiente. In più, il numero di noi cristiani è minore rispetto a quello degli altri, specialmente dei musulmani, e questo ci fa vivere tante altre difficoltà. La fuga dei cristiani, purtroppo, non si ferma e avviene ovunque: da Mosul, dal Nord, da Baghdad. I cristiani di Mosul in genere vanno al Nord oppure fuggono all’estero, verso altre nazioni. Da noi manca la pace, manca la sicurezza, mancano le occasioni di lavoro.
Come mai la politica non riesce a sostenere i cristiani o comunque è troppo debole l’intervento in difesa delle minoranze?
Ci fanno tante belle promesse, ma di fatti ce ne sono pochi. Una delle cause è che il governo è occupato nella riconciliazione fra questo e quello, tra chi chiede di più e chi chiede di meno, e non guardano quindi al bene della nazione. Dicono di voler risolvere tutti i problemi, di volere il bene di tutti, però nei fatti non è così. C’è però una lacuna anche nei cristiani, nella loro mancanza di unità, mancanza di cooperazione, mancanza di aiuto reciproco. Questa è una grande lacuna. Quindi, noi dobbiamo unirci per poter resistere e per poter preparare, offrire, presentare le nostre difficoltà con unità, con più forza.
Durante la guerra in Iraq, molti cristiani sono fuggiti in Siria. Ora, queste persone stanno fuggendo anche dalla Siria, stanno tornando in Iraq, e cosa altro?
Certamente, molti di loro stanno fuggendo. Molti sono andati in Turchia, molti sono voluti andare in Giordania, ma non li fanno restare e sono tornati in Iraq, e molti, forse, sono andati in Libano. Quindi, questi poveri fuggono da un posto all’altro e solo il Signore li aiuta, perché il mondo è occupato nei suoi affari: come fare politica, come vendere di più le armi a questo o quello. Questi sono i mali della guerra o i mali del mondo di oggi: gli interessi, mammona. Ciascuno vuole per sé.
Della situazione dei cristiani in Iraq Fausta Speranza ha parlato con mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad, che innanzitutto allarga il discorso a tutto il Medio Oriente:
La situazione in Medio Oriente, in genere, non è buona - come tutti sanno - e questo influisce anche sull’Iraq. Inoltre, la nostra situazione non è tranquilla perché ci sono diverse questioni tra il governo, i partiti e le confessioni e ciò influisce negativamente su tutto il Paese. Noi dobbiamo parlare innanzitutto dela situazione in generale degli iracheni, perché i cristiani vivono in questo ambiente. In più, il numero di noi cristiani è minore rispetto a quello degli altri, specialmente dei musulmani, e questo ci fa vivere tante altre difficoltà. La fuga dei cristiani, purtroppo, non si ferma e avviene ovunque: da Mosul, dal Nord, da Baghdad. I cristiani di Mosul in genere vanno al Nord oppure fuggono all’estero, verso altre nazioni. Da noi manca la pace, manca la sicurezza, mancano le occasioni di lavoro.
Come mai la politica non riesce a sostenere i cristiani o comunque è troppo debole l’intervento in difesa delle minoranze?
Ci fanno tante belle promesse, ma di fatti ce ne sono pochi. Una delle cause è che il governo è occupato nella riconciliazione fra questo e quello, tra chi chiede di più e chi chiede di meno, e non guardano quindi al bene della nazione. Dicono di voler risolvere tutti i problemi, di volere il bene di tutti, però nei fatti non è così. C’è però una lacuna anche nei cristiani, nella loro mancanza di unità, mancanza di cooperazione, mancanza di aiuto reciproco. Questa è una grande lacuna. Quindi, noi dobbiamo unirci per poter resistere e per poter preparare, offrire, presentare le nostre difficoltà con unità, con più forza.
Durante la guerra in Iraq, molti cristiani sono fuggiti in Siria. Ora, queste persone stanno fuggendo anche dalla Siria, stanno tornando in Iraq, e cosa altro?
Certamente, molti di loro stanno fuggendo. Molti sono andati in Turchia, molti sono voluti andare in Giordania, ma non li fanno restare e sono tornati in Iraq, e molti, forse, sono andati in Libano. Quindi, questi poveri fuggono da un posto all’altro e solo il Signore li aiuta, perché il mondo è occupato nei suoi affari: come fare politica, come vendere di più le armi a questo o quello. Questi sono i mali della guerra o i mali del mondo di oggi: gli interessi, mammona. Ciascuno vuole per sé.