By Crema online, 25 luglio 2012
di Andrea Galvani
Anche se i riflettori del mondo mediatico sono puntati sulla Siria, che vive momenti drammatici, non va dimenticato che tutto il medioriente è segnato da violenze e guerre che non risparmiano nemmeno il momento sacro del Ramadan. Abbiamo avuto la possibilità di intervistare monsignor Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk, più volte ospite a Crema in cattedrale, per sapere qual è la situazione oggi in Iraq.
Perché è così insanguinato il Ramadan in Iraq?
"Il Ramadan dovrebbe essere un tempo forte per la conversione e la solidarietà con gli altri, ma per alcuni è un tempo di jihad, guerra santa per l'Islam ed un tempo per imporre la legge islamica e creare uno Stato con la sharià. Per alcuni politici è un tempo di sfruttamento per interessi politici ed economici. La religione viene usata da tutti secondo i loro interessi. C'è una tensione fra Sunniti e Sciiti per il potere ed il petrolio; poi fra il governo centrale e il Kurdistan. L'Islam vive una profonda crisi, nell'Islam non c'è un'autorità ufficiale per spiegare i testi sacri e non c'è un Islam moderato per sostenere i cambiamenti della società moderna".
Lunedì 23 luglio è una data tragica
"Ciò che è successo in Iraq quel giorno, con 22 esplosioni che hanno portato 113 morti e oltre 200 feriti, è legato anche alla situazione in Siria. Gli sciiti appoggiano il regime di Assad e i sunniti e kurdi la resistenza".
Si può parlare di pace imminente o è ancora molto lontana?
"Non penso. La pace è molto lontana dai paesi musulmani del Medio Oriente, che sono prigionieri da una parte dei regimi dittatoriali e dall'altra d'un concetto religioso ristretto. La soluzione migliore è la separazione della religione dallo Stato, con la democrazia. L'unico progetto dovrebbe essere la cittadinanza e non la sola religione o le sette. L'Islam deve aggiornarsi, preparare dei capi aperti e colti, altrimenti non avrà futuro nel tempo. Ovunque ci sono guerre e conflitti: Egitto. Libia, Tunisia, Syria, Bahrain, Iraq. L'Islam politico guadagna terreno, perché convinto che sia la soluzione per frenare la modernità occidentale che ritengono essere fonte di corruzione e così elimina i capi di Stato pro Occidente, da dove secondo loro provengono tutti i mali".
Quale ruolo svolge la Chiesa in questa mediazione?
"La Chiesa ha una doppia missione: riflettere i valori cristiani in un vocabolario positivo, quella che chiamiamo Buona Novella del Vangelo, comprensibile e adatta alla mentalità musulmana, come hanno fatto i padri della Chiesa con la filosofia greca. La Chiesa ha la missione di riconciliare come ha fatto Cristo e promuovere la cultura del dialogo e della pace e del rispetto reciproco. E questo è possibile perché è una missione disinteressata".
Anche se i riflettori del mondo mediatico sono puntati sulla Siria, che vive momenti drammatici, non va dimenticato che tutto il medioriente è segnato da violenze e guerre che non risparmiano nemmeno il momento sacro del Ramadan. Abbiamo avuto la possibilità di intervistare monsignor Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk, più volte ospite a Crema in cattedrale, per sapere qual è la situazione oggi in Iraq.
Perché è così insanguinato il Ramadan in Iraq?
"Il Ramadan dovrebbe essere un tempo forte per la conversione e la solidarietà con gli altri, ma per alcuni è un tempo di jihad, guerra santa per l'Islam ed un tempo per imporre la legge islamica e creare uno Stato con la sharià. Per alcuni politici è un tempo di sfruttamento per interessi politici ed economici. La religione viene usata da tutti secondo i loro interessi. C'è una tensione fra Sunniti e Sciiti per il potere ed il petrolio; poi fra il governo centrale e il Kurdistan. L'Islam vive una profonda crisi, nell'Islam non c'è un'autorità ufficiale per spiegare i testi sacri e non c'è un Islam moderato per sostenere i cambiamenti della società moderna".
Lunedì 23 luglio è una data tragica
"Ciò che è successo in Iraq quel giorno, con 22 esplosioni che hanno portato 113 morti e oltre 200 feriti, è legato anche alla situazione in Siria. Gli sciiti appoggiano il regime di Assad e i sunniti e kurdi la resistenza".
Si può parlare di pace imminente o è ancora molto lontana?
"Non penso. La pace è molto lontana dai paesi musulmani del Medio Oriente, che sono prigionieri da una parte dei regimi dittatoriali e dall'altra d'un concetto religioso ristretto. La soluzione migliore è la separazione della religione dallo Stato, con la democrazia. L'unico progetto dovrebbe essere la cittadinanza e non la sola religione o le sette. L'Islam deve aggiornarsi, preparare dei capi aperti e colti, altrimenti non avrà futuro nel tempo. Ovunque ci sono guerre e conflitti: Egitto. Libia, Tunisia, Syria, Bahrain, Iraq. L'Islam politico guadagna terreno, perché convinto che sia la soluzione per frenare la modernità occidentale che ritengono essere fonte di corruzione e così elimina i capi di Stato pro Occidente, da dove secondo loro provengono tutti i mali".
Quale ruolo svolge la Chiesa in questa mediazione?
"La Chiesa ha una doppia missione: riflettere i valori cristiani in un vocabolario positivo, quella che chiamiamo Buona Novella del Vangelo, comprensibile e adatta alla mentalità musulmana, come hanno fatto i padri della Chiesa con la filosofia greca. La Chiesa ha la missione di riconciliare come ha fatto Cristo e promuovere la cultura del dialogo e della pace e del rispetto reciproco. E questo è possibile perché è una missione disinteressata".