By Baghdadhope*
Il governatore iracheno della provincia di Ninive, Athiel Al Nujaifi, ha dichiarato ieri che il posto confine con la Siria è aperto dal lato iracheno e pronto ad accogliere i propri concittadini che però trovano difficoltà nell’attraversare il confine dal lato siriano.
Secondo quanto affermato da Muhammad Al Khuzay, portavoce della Mezza Luna Rossa irachena, sarebbero già 7000 gli iracheni che hanno fatto ritorno in patria a causa della difficile e pericolosa situazione siriana.
Tra essi si sospetta possano rientrare anche gruppi armati ed è per questa ragione che il governo iracheno sta cercando di controllare l’identità di tutti coloro che varcano le frontiere dello stato provenienti dalla Siria.
Sempre più difficile è comunque la situazione dei cristiani siriani ed iracheni come confermato ad Aid to the Church in Need dal vescovo caldeo di Aleppo, Mons. Antoine Audo, che ha dichiarato come i cristiani che vivono in Siria siano terrorizzati dal possibile ripetersi della tragedia di Homs dove, nella scorsa primavera, i quartieri cristiani sono stati attaccati causando l’esodo dei loro abitanti, più di 120.000 persone.
Se ciò che è avvenuto ad Homs dovesse ripetersi in altre città, ha affermato Mons. Audo: “sarebbe disastroso.”
In una situazione pericolosa e volatile come quella siriana comprensibile è la prudenza con cui si è espresso il vescovo caldeo che, pur avvertendo del pericolo che potrebbero correre i cristiani, non si è sbilanciato nell’indicare una ragione per la quale la comunità potrebbe essere fatta oggetto di attacchi ma ha solo sottolineato come essa non abbia nessuna possibilità di difendersi in quanto minoranza sempre minacciata.
Non si può fare a meno, leggendo l’intervista concessa da Mons. Audo, di pensare a come la sorte dei cristiani in Siria sia uguale a quella dei loro fratelli in Iraq.
Minoranza in pericolo, indifesa, e soprattutto costretta dalla situazione a non schierarsi da una parte o dall’altra per provare a sopravvivere. La Siria sarà il prossimo paese che vedrà la sua comunità cristiana ridursi ad un lumicino? Per ora niente è certo, ma intanto il parlamento iracheno ha chiesto al governo di provvedere non solo ai suoi concittadini che fuggono dalla Siria ma anche agli eventuali profughi siriani.
Secondo quanto affermato da Muhammad Al Khuzay, portavoce della Mezza Luna Rossa irachena, sarebbero già 7000 gli iracheni che hanno fatto ritorno in patria a causa della difficile e pericolosa situazione siriana.
Tra essi si sospetta possano rientrare anche gruppi armati ed è per questa ragione che il governo iracheno sta cercando di controllare l’identità di tutti coloro che varcano le frontiere dello stato provenienti dalla Siria.
Sempre più difficile è comunque la situazione dei cristiani siriani ed iracheni come confermato ad Aid to the Church in Need dal vescovo caldeo di Aleppo, Mons. Antoine Audo, che ha dichiarato come i cristiani che vivono in Siria siano terrorizzati dal possibile ripetersi della tragedia di Homs dove, nella scorsa primavera, i quartieri cristiani sono stati attaccati causando l’esodo dei loro abitanti, più di 120.000 persone.
Se ciò che è avvenuto ad Homs dovesse ripetersi in altre città, ha affermato Mons. Audo: “sarebbe disastroso.”
In una situazione pericolosa e volatile come quella siriana comprensibile è la prudenza con cui si è espresso il vescovo caldeo che, pur avvertendo del pericolo che potrebbero correre i cristiani, non si è sbilanciato nell’indicare una ragione per la quale la comunità potrebbe essere fatta oggetto di attacchi ma ha solo sottolineato come essa non abbia nessuna possibilità di difendersi in quanto minoranza sempre minacciata.
Non si può fare a meno, leggendo l’intervista concessa da Mons. Audo, di pensare a come la sorte dei cristiani in Siria sia uguale a quella dei loro fratelli in Iraq.
Minoranza in pericolo, indifesa, e soprattutto costretta dalla situazione a non schierarsi da una parte o dall’altra per provare a sopravvivere. La Siria sarà il prossimo paese che vedrà la sua comunità cristiana ridursi ad un lumicino? Per ora niente è certo, ma intanto il parlamento iracheno ha chiesto al governo di provvedere non solo ai suoi concittadini che fuggono dalla Siria ma anche agli eventuali profughi siriani.