Cristiani "non abbiate paura". Questo, in Iraq, il tema della preparazione dei cristiani di Kirkuk alla prossima Pasqua, in un momento in cui il Paese del Golfo non appare ancora pacificato definitivamente. Al microfono di Giada Aquilino, l’arcivescovo caldeo della città, mons. Louis Sako:
R. – Per noi tutto è provvisorio e precario. Oggi prepariamo qualcosa ma magari domani questo qualcosa si deve cambiare. Siamo comunque in attesa, anche se in questi giorni stiamo preparando la settimana sacra. Abbiamo scelto un tema che viene ripetuto molte volte nel Vangelo, sia prima della Resurrezione del Signore e sia dopo: “Non abbiate paura”. Noi abbiamo paura, siamo preoccupati del futuro perchè non sappiamo che cosa accadrà domani. L’unica cosa che ci dà davvero tanta speranza – ed anche forza – è la nostra fede e la fiducia nel Signore.
D. – Quali celebrazioni state preparando, pur nelle difficoltà?
R. – Oggi ci stiamo preparando per la Domenica delle Palme. Bisogna essere fedeli all’impegno cristiano, qualsiasi sia il prezzo da pagare per questo impegno. Ci sono delle difficoltà e dei sacrifici da fare, ma la nostra vita eterna è basata su quello che viviamo nel concreto. Il Giovedì Santo, celebriamo la Messa con un gruppo di preti libanesi, di religiose ed anche dei laici, e tutta la diocesi rinnova il suo impegno per il servizio e per il sacerdozio. C’è, inoltre, il lavaggio dei piedi dei 12 discepoli. Il Giovedì Santo, per noi, è una delle grandi cinque feste della Chiesa caldea, e celebriamo la terza Messa in modo solenne, nella lingua caldea. Il Venerdì Santo c’è la Via Crucis, ma l’ultima parola non è per la morte o per il dolore: è per la Resurrezione. Il Sabato – che definiamo “Sabato della luce” – è prevista la veglia della Resurrezione: vengono battezzati molti bambini e alle 21 celebriamo la Messa per la notte della Resurrezione. All’inizio il celebrante proclama tre volte, solennemente, “Gesù è risorto” in lingua caldea e la gente risponde “E’ veramente risorto”. Poi c’è la Messa, la festa, ed abbiamo anche delle uova colorate secondo la tradizione orientale - anche caldea -: i molti colori simboleggiano, tra l’altro, il “sì” alla vita, alla pace tra le persone ed il “no” alla violenza, alla morte ed alla divisione tra gli uomini. La Domenica ci sono le Messe in tutte le parrocchie e si può notare quanta gioia ci sia per la Risurrezione. Inoltre le persone, se possibile, si scambiano l’una con l’altra l’augurio: “il Signore è risorto” e gli altri rispondono “è veramente risorto”.
D. – Ci sono ancora violenze sul territorio. I cristiani subiscono ancora delle minacce?
R. – A Kirkuk finora no, la situazione è piuttosto calma. A Mossul ed a Baghdad, però, non è esattamente così: un parroco di Baghdad mi ha chiamato e mi ha detto che era molto triste perchè le persone lasciano la città, se ne vanno. Concretamente non è stato fatto niente, finora, per tranquillizzare la gente. Si inizia a perdere la fiducia, e la situazione nella regione siriana – come quella di altri Paesi – di certo non aiuta, anzi: è ragione di preoccupazione per molti cristiani.
D. – Ci sono segni di solidarietà nei confronti dei cristiani iracheni?
R. – Sì. In tutte le nostre parrocchie c’è un rifugio per i poveri, e sia i cristiani sia i non cristiani aiutano chi si trova in difficoltà ed in una situazione di bisogno. In questi giorni, a Kirkuk, vengono a farci visita dei musulmani per offrirci la loro solidarietà ed il loro appoggio. La scorsa settimana alcuni arabi sono venuti all’arcivescovado a chiedermi se potevo organizzare una riunione ed invitare tutti i gruppi etnici e religiosi per poter intavolare un dialogo ed analizzare, insieme, la situazione della città per poter anche progettare il futuro.
D. – Qual è l’augurio dei cristiani, dall’Iraq, per questa Pasqua?
R. – L’augurio è quello della pace e della stabilità, ed è un augurio che fa parte anche della nostra fede.