By Baghdadhope*
La scorsa settimana un'ondata di attentati ha colpito l'Iraq causando decine di morti e feriti. Tra le città colpite c'è stata anche Kirkuk dove la coesistenza di diversi gruppi etnici, (arabi, curdi e turcomanni) sembra rendere più difficile il processo di democratizzazione e normalizzazione che molti consideravano sarebbe stato invece facile successivamente al ritiro delle truppe americane avvenuto a dicembre dello scorso anno.
Una delle prime personalità a commentare gli attentati del 19 aprile è stato, in un'intervista alla sezione araba della ADnkronos, Mons. Louis Sako, arcivescovo caldeo di Kirkuk e da sempre promotore di iniziative di dialogo a favore della pace sociale nella sua complicata città.
Il giorno dopo gli attentati, infatti, Mons. Sako aveva parlato di "ragioni politiche" alla luce della "" lotta di potere tra le diverse forze".
Una situazione che lo aveva portato ad esprimersi in termini pessimistici sulle possibilità di accordo tra esse ricordando come gli attentati avessero ridotto al minimo "" la speranza di trovare una soluzione comune che includa tutte le parti", una speranza compromessa anche dalle " cattive relazioni tra il governo centrale di Baghdad e quello regionale curdo" e le "" diverse richieste delle parti arabe, curde e turcomanne" .
Nella stessa intervista Mons. Sako aveva anche rivelato come proprio le tre parti in questione gli avessero chiesto di organizzare un " tavolo di confronto" per il quale aveva già steso un documento che avrebbero dovuto firmare, in caso di accordo, " le autorità cittadine, i capi dei partiti e dei consigli ed i diversi capi religiosi" ma che gli attentati avevano reso incerto l'incontro.
Una situazione che lo aveva portato ad esprimersi in termini pessimistici sulle possibilità di accordo tra esse ricordando come gli attentati avessero ridotto al minimo "" la speranza di trovare una soluzione comune che includa tutte le parti", una speranza compromessa anche dalle " cattive relazioni tra il governo centrale di Baghdad e quello regionale curdo" e le "" diverse richieste delle parti arabe, curde e turcomanne" .
Nella stessa intervista Mons. Sako aveva anche rivelato come proprio le tre parti in questione gli avessero chiesto di organizzare un " tavolo di confronto" per il quale aveva già steso un documento che avrebbero dovuto firmare, in caso di accordo, " le autorità cittadine, i capi dei partiti e dei consigli ed i diversi capi religiosi" ma che gli attentati avevano reso incerto l'incontro.
Una bella occasione che era sembrata sfumare, quindi.
Non è passata però neanche una settimana e la situazione è cambiata.
Domenica 22 il governatore della provincia di Kirkuk, Nağm Al-din Omar Karim, ha ricevuto Mons. Sako proprio per discutere - in termini positivi - dell'iniziativa di una conferenza che unisca i leader di tutte le componenti etniche di Kirkuk per aprire una nuova via al dialogo con lo slogan: "" costruire ponti per la pace."
Ora non resta che attendere che le parti in lotta per il potere prendano atto che il dialogo è l'unico mezzo per raggiungere non solo la pace, ma anche lo sviluppo. Fino ad ora il disaccordo non ha portato a risultati, americani o meno. E' ora di cambiare strada.