by Gianni Valente
All'inizio grande era stato l'ìmpegno della autorità civili e religiose, poi il progressivo abbandono o il rimpatrio con le sole associazioni rimaste a far fronte alle esigenze dei profughi ha svelato uno scenario molto diverso dai primi giorni di emergenza. Quando arrivarono a Roma da Baghdad, sofferenti nel corpo e nello spirito, la gara di solidarietà che si era sviluppata intorno a loro li aveva commossi e consolati. Era il 12 novembre dello scorso anno: ventisei cristiani iracheni, rimasti feriti nella strage consumata alla fine di ottobre 2010 da un commando terrorista nella cattedrale siro-cattolica di Nostra del Perpetuo, avevano trovato ricovero al Policlinico Gemelli, nel quadro di un’operazione di soccorso solidale sponsorizzata dal Ministero degli Affari esteri italiano su sollecitazione del Segretario di Stato Vaticano, il cardinale Tarcisio Bertone. Ad accompagnare gli scampati al massacro – 16 donne, 3 bambini e 7 uomini – c’erano anche 21 parenti.
Secondo il racconto fornito dall’organizzazione presieduta da Elisabetta Valgiusti - e da sempre in prima linea nel sostegno alle comunità cristiane dell’ex Jugoslavia, del Medio Oriente e dell’Asia - la carica di ospitalità esibita ai profughi cristiani iracheni al loro arrivo sarebbe durata poco. Nel comunicato diffuso da Salvaimonasteri si legge che già il 7 dicembre 2010 «venne inaspettatamente comunicato dall'Ufficio Task Force Iraq del Ministero degli Esteri che la maggior parte del gruppo iracheno doveva essere rimpatriato immediatamente». Davanti alle scontate resistenze degli iracheni, al Gemelli si venne a creare una situazione di «pesante emergenza». Secondo la denuncia di Salvaimonasteri, gli uffici ministeriali e lo stesso Policlinico Gemelli («fruitore di una convenzione con il Ministero per l'intervento») in quel frangente avrebbero dato prova di gravi carenze operative e strategiche.
L’emergenza fu tamponata anche grazie al coinvolgimento di altri soggetti: oltre a Salvaimonasteri, la congregazione religiosa dei padri rogazionisti e la Procura della Chiesa siro-cattolica a Roma. Tali organismi, in diretto rapporto con l'ufficio Task Force Iraq della Farnesina, per nove mesi hanno fornito assistenza e ospitalità a gran parte dei profughi iracheni, superando - così lamenta il comunicato - il continuo rimpallo di competenze e responsabilità.
Venerdì scorso l'ultimo nucleo familiare di iracheni della Cattedrale di Baghdad presente a Roma è partito per la destinazione da loro richiesta. Ma adesso i costi materiali un’iniziativa solidale realizzata sotto il patrocinio di eminenti istanze istituzionali rischiano di pagarli per buona parte gli enti intervenuti solo di rincalzo, ispirati dal semplice istinto di carità cristiana, senza ricadute di visibilità “umanitaria”.
In particolare la casa dei rogazionisti a Morlupo avrebbe sostenuto spese vive per più di 30mila euro. Salvaimonasteri denuncia senza indugi «le inadempienze del Ministero riguardo alle collaborazioni effettuate» e parla di fondi promessi e mai arrivati. Secondo l’associazione, la Farnesina avrebbe garantito al Policlinico Gemelli i 400mila euro previsti dalla convenzione bilaterale, ma sarebbe intenzionata a escludere le altre strutture dalle procedure di rimborso per i servizi effettuati.