di Paul De Maeyer
87 i cristiani iracheni uccisi nel 2010, secondo l'Assyria Council of Europe
Una pattuglia della polizia  irachena ha trovato lunedì 16 maggio a Kirkuk il corpo senza di vita di  un giovane cristiano, Ashur Issa Yaqub (scritto anche Jacob). Il  cadavere del ventinovenne, che era sposato ed aveva tre figli, era  orrendamente sfigurato.
Come ha dichiarato all'Agence France-Presse (16 maggio) il  capo della polizia della provincia di Kirkuk, il maggiore generale Jamal  Taher Bakr, gli autori dell'omicidio hanno staccato quasi completamente  la testa alla vittima. Il capo del dipartimento della Sanità della  provincia, Sadiq Omar Rasul, ha confermato il lugubre fatto ed ha  aggiunto che il corpo di Yacub presentava "segni di tortura e morsi di  cani". Dettagli ancora più raccapriccianti sono stati forniti dall'Assyrian  International News Agency (16 maggio). A Yacub sono infatti stati  strappati gli occhi dalle orbite e tagliati gli orecchi. Come se non  bastasse, la povera vittima è stata ritrovata con il volto scuoiato.
Yacub, che lavorava per una società edile, era stato rapito tre  giorni prima, cioè sabato 14 maggio, sempre a Kirkuk, capoluogo  dell'omonima provincia petrolifera situata in territorio curdo, a circa  250 chilometri a nord della capitale irachena Bagdad. I sequestratori,  che secondo la polizia appartengono forse ad una cellula della rete  terroristica di Al Qaeda, avevano chiesto alla famiglia della vittima un  riscatto di ben 100.000 dollari, ma secondo una fonte di AsiaNews (16  maggio) le trattative "non sono andate a buon fine". Infatti, 100.000  dollari è una cifra molto alta per un Paese dove, secondo l'agenzia AFP,  la retribuzione media giornaliera di un operaio edile è l'equivalente  di 21 dollari.
Come ha riferito a Compass Direct News (18 maggio) un  pastore evangelico, precedentemente al sequestro sconosciuti si  sarebbero rivolti al datore di lavoro di Yacub, intimandogli di  licenziare l'operaio "perché era un cristiano, ma lui ha rifiutato".  Trattandosi di un imprenditore ricco ma irraggiungibile - così ha  raccontato sempre il pastore, che per motivi di sicurezza ha voluto  mantenere l'anonimato - hanno rapito e purtroppo anche ucciso Yacub.
L'uccisione definita "bestiale" e "un crimine efferato contro la  religione, la nazione e l'umanità" dal segretario generale dell'Unione  degli studenti e dei giovani assiro-caldei, Kaldo Oghanna, ha scosso  profondamente la comunità cristiana. "E' una situazione molto grave, e  tutti, la gioventù, si sentono senza speranza", ha detto l'esponente  cristiano a Compass. Durissima è stata anche la condanna da  parte dell'arcivescovo caldeo di Kirkuk, monsignor Louis Sako. "Nessun  uomo che crede in Dio e ha un rispetto per la vita può commettere simili  atti", così ha dichiarato in una prima reazione il presule, che ha  parlato di un "gesto disumano" (AsiaNews).
L'arcivescovo è inoltre convinto che l'operaio sia stato sequestrato  per i soldi. "E' stato rapito per il denaro. Questo succede, ma  normalmente i rapinatori non torturano ed uccidono in questo modo", ha  spiegato Sako in una conversazione al telefono con Compass Direct  News. "E' come se fossero animali", ha continuato Sako. "Lo hanno  ucciso immediatamente per spaventare la gente di Kirkuk e mandare il  messaggio che se vengono rapiti devono pagare".
Invece per il deputato cristiano Imad Yohanna, anche lui di Kirkuk,  Yacub è stato rapito a causa della sua appartenenza alla comunità  cristiana. Secondo Yohanna -come ha riferito l'agenzia Associated  Press (14 maggio) -, i cristiani sono obiettivi "facili" perché di  norma pagano il riscatto senza opporsi, al contrario delle tribù arabe,  che non esitano a ricorrere alle armi per liberare le persone  sequestrate.
Anche se monsignor Sako dubita che si sia trattato di un gesto  anti-cristiano, teme tuttavia che il brutale assassinio del padre di  famiglia spingerà molti cristiani ad abbandonare la città. "A Kirkuk,  pochissime famiglie cristiane avevano lasciato la città, ma questo è  scioccante. Credo che dopo questo se ne andranno, perché questo è molto  serio", ha detto l'arcivescovo a Compass.
L'accaduto rischia dunque di alimentare l'incessante flusso  migratorio dall'Iraq dei cristiani o "assiri", come vengono anche  chiamati. Un nuovo rapporto (1) realizzato dall'Assyria Council of  Europe (ACE) - un organismo indipendente che mira ad aumentare  all'interno dell'Unione Europea la sensibilità per la situazione dei  cristiani iracheni - conferma infatti il drammatico calo del numero di  cristiani nel Paese.
Dal 2004 al 2010, più del 60% della comunità assira ha abbandonato  l'Iraq a causa del clima di terrore e i continui attacchi contro  obiettivi cristiani. Con una popolazione stimata intorno ai 2 milioni,  gli assiri - noti anche come siriaci e caldei - costituivano nel 2004  (ovvero il 1° anno dopo la caduta di Saddam Hussein) ancora il terzo più  numeroso gruppo etnico dell'Iraq. Oggi, così ribadisce il rapporto,  questo numero oscilla fra i 400.000 e i 600.000.
Secondo i dati dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i  Rifugiati (ACNUR o UNHCR), il 13% di tutti i profughi iracheni  registrati in Siria, Giordania, Libano, Turchia ed Egitto sono  cristiani. Da parte sua, l'agenzia AINA calcola che fino al 40% dei  rifugiati iracheni in Siria e Giordania è di origine assira. Inoltre,  gli sfollati interni in Iraq sono circa 2,8milioni, di cui il 5% sono  cristiani.
Il rapporto rivela inoltre che (almeno) 87 assiri sono stati uccisi  nel periodo che va da gennaio a dicembre dello scorso anno, un dato che  trasforma il 2010 nel secondo anno più sanguinoso dopo il 2004 (115  vittime). Mentre il maggior numero di singoli incidenti è stato  registrato nella terza città dell'Iraq, cioè Mosul, la città con il più  alto numero di cristiani uccisi è la capitale Bagdad, questo a causa  dell'attacco terroristico del 31 ottobre scorso contro la cattedrale  siro-cattolica di Nostra Signora della Salvezza.
Il clima di insicurezza e l'estremismo colpiscono in particolare le  donne e i bambini appartenenti alle varie minoranze, che secondo  l'organizzazione Minority Groups International rappresentano "la sezione  più vulnerabile della società irachena". Non portare il velo islamico  (hijab) o vestirsi all'occidentale significa guai per le donne. Come  indica il rapporto dell'Assyria Council of Europe, anche nei campi  profughi le donne e le ragazze cristiane non sono al sicuro: sono molto  esposte alla tratta di esseri umani e allo sfruttamento sessuale o sono  costrette a prostituirsi.
"Oggi la situazione in Iraq è complessa", ha dichiarato Oghanna (Compass  Direct News)."Noi temiamo - ha continuato il segretario generale  della Chaldo-Assyrian Student and Youth Union - che i giorni a venire  saranno duri per noi cristiani". C'è da sperare che si stia  sbagliando...
 
