La redazione di Universi ha avuto l’occasione di incontrare e conoscere due giovani studenti iracheni dell’Università Cattolica a Piacenza: Adad Alana Zaia Zaia e Maryam Benyameen Sryoka Kora.
Dall’anno accademico 2021-22 sono iscritti alla magistrale in Global Business Management dalla facoltà di Economia e Giurisprudenza, campus di Piacenza. L’accoglienza di Adad e Maryam rientra in un progetto di collaborazione fra l’ateneo fondato da padre Gemelli e la Catholic University di Erbil.
Micaela, Hassan, Chiara, Roberta e Alex, coordinati da Fabio, Mauro e Davide, hanno intervistato i due giovani rappresentanti della comunità cristiana caldea.
Siamo Adad e Maryam, abbiamo studiato all’Università Cattolica di Erbil, fondata nel 2015, siamo tra i primi laureati dell’ateneo. Abbiamo studiato entrambi Relazioni Internazionali, e qui a Piacenza stiamo proseguendo con la laurea magistrale nella Facoltà di Economia e Giurisprudenza.
Maryam: sono molto contenta di essere qui, potete chiamarmi Mimi. Amo leggere, sto molto in compagnia dei miei libri.
Come avete deciso di venire a studiare in Italia? Da quanto tempo siete qui a Piacenza? Come vi siete trovati?
Adad: siamo qui dal settembre dell’anno scorso. È la prima volta che veniamo in Italia. Personalmente, adoro la vita sociale qui, le persone sono molto amichevoli e l’ambiente è ottimo. Prima ho studiato “Relazioni Internazionali”, che si focalizzava in argomenti più politici, mentre qui sto frequentando un corso che si specializza maggiormente sul “business” e “management”. È una buona combinazione, studiare sia l’aspetto politico che quello economico, molto positivo per crearsi una carriera. Dopo la triennale, siamo stati entrambi proposti per il proseguimento degli studi qui in Italia all’Università Cattolica, e io ho voluto cogliere al volo l’occasione, perché mi avrebbe permesso anche di conoscere la cultura italiana e di visitare diverse località molto interessanti.
Dall’anno accademico 2021-22 sono iscritti alla magistrale in Global Business Management dalla facoltà di Economia e Giurisprudenza, campus di Piacenza. L’accoglienza di Adad e Maryam rientra in un progetto di collaborazione fra l’ateneo fondato da padre Gemelli e la Catholic University di Erbil.
Micaela, Hassan, Chiara, Roberta e Alex, coordinati da Fabio, Mauro e Davide, hanno intervistato i due giovani rappresentanti della comunità cristiana caldea.
Siamo Adad e Maryam, abbiamo studiato all’Università Cattolica di Erbil, fondata nel 2015, siamo tra i primi laureati dell’ateneo. Abbiamo studiato entrambi Relazioni Internazionali, e qui a Piacenza stiamo proseguendo con la laurea magistrale nella Facoltà di Economia e Giurisprudenza.
Maryam: sono molto contenta di essere qui, potete chiamarmi Mimi. Amo leggere, sto molto in compagnia dei miei libri.
Come avete deciso di venire a studiare in Italia? Da quanto tempo siete qui a Piacenza? Come vi siete trovati?
Adad: siamo qui dal settembre dell’anno scorso. È la prima volta che veniamo in Italia. Personalmente, adoro la vita sociale qui, le persone sono molto amichevoli e l’ambiente è ottimo. Prima ho studiato “Relazioni Internazionali”, che si focalizzava in argomenti più politici, mentre qui sto frequentando un corso che si specializza maggiormente sul “business” e “management”. È una buona combinazione, studiare sia l’aspetto politico che quello economico, molto positivo per crearsi una carriera. Dopo la triennale, siamo stati entrambi proposti per il proseguimento degli studi qui in Italia all’Università Cattolica, e io ho voluto cogliere al volo l’occasione, perché mi avrebbe permesso anche di conoscere la cultura italiana e di visitare diverse località molto interessanti.
Maryam: la decisione che mi ha portato a proseguire qui gli studi è la stessa di Adad. Non avrei mai pensato all’Italia come località in cui studiare, ma quando mi è stata proposta ho pensato anche a tutte le bellissime località da visitare, come le Cinque Terre, Roma, così come alla possibilità di imparare una nuova lingua e una nuova cultura. Inizialmente avevo fatto domanda di andare a studiare in un Paese dove si parla inglese, come l’America. Ma dopo aver parlato con un prete che lavora all’Università Cattolica di Erbil, mi sono immediatamente convinta di venire qui. Sono molto affascinata dalla cultura italiana e dalle differenze che vi sono persino da regione a regione e da quanto diverso è il carattere degli italiani provenienti dal Sud da quelli del Nord. Un altro aspetto importante di questa mia esperienza è il cibo: adoro il cibo qui e la sua varietà. Al momento non la sento ancora come casa, ma spero sinceramente che, al termine del mio percorso di studi, l’Italia sarà come una seconda casa.
A quale chiesa appartenete?
Maryam: facciamo parte della Chiesa caldea. I caldei sono una minoranza nella città di Erbil, così come in Iraq in generale. In seguito alla guerra contro Saddam Hussein il numero dei cristiani in quelle aree è decresciuto gradualmente, passando da circa un milione a 200mila Questo perché, in seguito all’invasione, siamo stati esclusi sempre di più dalla società e dalla partecipazione politica. La maggior parte quindi è emigrata verso l’Europa e il resto del mondo. Personalmente, preferirei che avessimo l’aiuto che ci serve a casa nostra per potervi rimanere, per poter mantenere le nostre radici cristiane irachene. Io vorrei tornare ad Erbil e viverci, sperando che diventi un luogo in cui cristiani e musulmani possano convivere in armonia.
Adad: i cristiani soffrono molto in Iraq, specialmente dopo il 2003, quando Saddam Hussein è stato sconfitto. Erano bersagliati e uccisi, così come molte chiese cristiane. L’ultima tragedia è stata causata dall’Isis, che di fatto ci ha ridotto a una minoranza di soli 200mila cristiani su una popolazione di 40 milioni di abitanti dell’Iraq, ovvero circa il 2%. La discriminazione, le persecuzioni e le ostilità hanno costretto tanti cristiani indigeni della zona ad abbandonare le proprie case.
Qual è la condizione dei cristiani ora in Iraq?
Maryam: la situazione è andata peggiorando dai tempi della guerra con l’Iran, quindi da molti anni. Dopo questa abbiamo avuto la guerra con il Kuwait, dopo quella con gli Usa. Questo ha peggiorato sempre di più la situazione degli iracheni e quindi anche dei cristiani. L’Iraq è un paese strategico, da sempre bersaglio di attacchi e pressioni internazionali, che inevitabilmente si ripercuotono in modo più duro sulle minoranze. Proprio per questo, è sempre più necessario preservarle e proteggerle, soprattutto perché rendono un paese più ricco di opinioni e culture. Adad: la situazione in Iraq al momento non è stabile ma è comunque migliore rispetto al passato, non essendo devastata da guerre in senso convenzionale. Per quanto riguarda i cristiani, sono concentrati nel Kurdistan iracheno, dove hanno una situazione più agevole e sicura di vita e possono ad esempio andare in chiesa. Quali differenze avete trovato tra l’Università di Erbil e quella Cattolica di Piacenza?
Adad e Maryam: le differenze sono principalmente dovute al fatto che la nostra Università è nuova, si sta ancora sviluppando. Ha circa 250 studenti che sono divisi in 9-10 dipartimenti, che vanno dagli studi economici, di legge e relazioni internazionali a ingegneria e chimica. Al contrario questa Università ha una lunga storia alle spalle ed è affermata come istituzione.
Avete avuto difficoltà ad inserirvi in questa Università?
Adad e Maryam: no, abbiamo trovato un ambiente molto inclusivo, sia dal punto di vista delle relazioni che della didattica, dei lavori di gruppo e dei professori. Quali sono i rapporti tra i cristiani e i curdi, insediati nella vostra stessa area?
Maryam: cristiani e curdi vivono insieme, siamo abituati a questo. Però sono realtà sociali separate: io ad esempio mi sento irachena e la mia madrelingua è l’aramaico, e il curdo è la mia seconda lingua.
Adad: a livello sociale abbiamo buone relazioni. Siamo entrambi minoranze e, come spesso capita, siamo manipolati e fatti oggetto di discriminazione.
Avete frequentato un liceo cattolico ad Erbil?
Adad: alla scuola superiore che ho frequentato si parlava in lingua araba, ma non era una scuola confessionale. Eravamo solo in due cristiani nella mia classe, io e mio fratello. Ho poi studiato all’Università in inglese, quindi ho dovuto imparare una nuova lingua, e ora sto imparando l’italiano.
Maryam: ho studiato in una scuola cattolica in cui si parlava ufficialmente il curdo, frequentando qualche lezione in aramaico.
Avete scelto una Università Cattolica ad Erbil perché sareste stati discriminati in una statale oppure perché avete voluto mantenervi fedeli al vostro credo?
Adad: io ho cominciato a frequentare l’Università a Musul, poi per ragioni di sicurezza dovute alla guerra in corso mi sono spostato ad Erbil, così come per altre ragioni. Tra queste, l’offerta didattica di Erbil era particolarmente buona. Il corso che ho frequentato non solo mi interessava allora ma anche adesso.
Che lavoro fanno i vostri genitori?
Adad: mia madre è un’insegnante e mio padre è un freelance nell’arte pubblicitaria.
Mariam: mio padre ha un’attività, un cafè frequentato solo da uomini; mia madre è pensionata, lavorava prima in ospedale.
Qual è la vostra opinione rispetto ai conflitti che hanno martoriato le zone da cui provenite?
Adad: la guerra non è mai un bene, come stiamo vedendo purtroppo in questo periodo di conflitto tra Russia e Ucraina. La situazione in Iraq è ancora complicata, attraversata ancora oggi dalla distruzione della guerra. La situazione non era sicuramente buona nemmeno quando era al potere Saddam, però sarebbe stato possibile trovare delle soluzioni alternative alla guerra, che niente crea e tutto distrugge.
Maryam: al della guerra tempo eravamo comunque molto giovani, abbiamo entrambi 25 anni adesso, quindi ne avevamo circa 5-6, non possiamo fare delle comparazioni vere e proprie.
A quale chiesa appartenete?
Maryam: facciamo parte della Chiesa caldea. I caldei sono una minoranza nella città di Erbil, così come in Iraq in generale. In seguito alla guerra contro Saddam Hussein il numero dei cristiani in quelle aree è decresciuto gradualmente, passando da circa un milione a 200mila Questo perché, in seguito all’invasione, siamo stati esclusi sempre di più dalla società e dalla partecipazione politica. La maggior parte quindi è emigrata verso l’Europa e il resto del mondo. Personalmente, preferirei che avessimo l’aiuto che ci serve a casa nostra per potervi rimanere, per poter mantenere le nostre radici cristiane irachene. Io vorrei tornare ad Erbil e viverci, sperando che diventi un luogo in cui cristiani e musulmani possano convivere in armonia.
Adad: i cristiani soffrono molto in Iraq, specialmente dopo il 2003, quando Saddam Hussein è stato sconfitto. Erano bersagliati e uccisi, così come molte chiese cristiane. L’ultima tragedia è stata causata dall’Isis, che di fatto ci ha ridotto a una minoranza di soli 200mila cristiani su una popolazione di 40 milioni di abitanti dell’Iraq, ovvero circa il 2%. La discriminazione, le persecuzioni e le ostilità hanno costretto tanti cristiani indigeni della zona ad abbandonare le proprie case.
Qual è la condizione dei cristiani ora in Iraq?
Maryam: la situazione è andata peggiorando dai tempi della guerra con l’Iran, quindi da molti anni. Dopo questa abbiamo avuto la guerra con il Kuwait, dopo quella con gli Usa. Questo ha peggiorato sempre di più la situazione degli iracheni e quindi anche dei cristiani. L’Iraq è un paese strategico, da sempre bersaglio di attacchi e pressioni internazionali, che inevitabilmente si ripercuotono in modo più duro sulle minoranze. Proprio per questo, è sempre più necessario preservarle e proteggerle, soprattutto perché rendono un paese più ricco di opinioni e culture. Adad: la situazione in Iraq al momento non è stabile ma è comunque migliore rispetto al passato, non essendo devastata da guerre in senso convenzionale. Per quanto riguarda i cristiani, sono concentrati nel Kurdistan iracheno, dove hanno una situazione più agevole e sicura di vita e possono ad esempio andare in chiesa. Quali differenze avete trovato tra l’Università di Erbil e quella Cattolica di Piacenza?
Adad e Maryam: le differenze sono principalmente dovute al fatto che la nostra Università è nuova, si sta ancora sviluppando. Ha circa 250 studenti che sono divisi in 9-10 dipartimenti, che vanno dagli studi economici, di legge e relazioni internazionali a ingegneria e chimica. Al contrario questa Università ha una lunga storia alle spalle ed è affermata come istituzione.
Avete avuto difficoltà ad inserirvi in questa Università?
Adad e Maryam: no, abbiamo trovato un ambiente molto inclusivo, sia dal punto di vista delle relazioni che della didattica, dei lavori di gruppo e dei professori. Quali sono i rapporti tra i cristiani e i curdi, insediati nella vostra stessa area?
Maryam: cristiani e curdi vivono insieme, siamo abituati a questo. Però sono realtà sociali separate: io ad esempio mi sento irachena e la mia madrelingua è l’aramaico, e il curdo è la mia seconda lingua.
Adad: a livello sociale abbiamo buone relazioni. Siamo entrambi minoranze e, come spesso capita, siamo manipolati e fatti oggetto di discriminazione.
Avete frequentato un liceo cattolico ad Erbil?
Adad: alla scuola superiore che ho frequentato si parlava in lingua araba, ma non era una scuola confessionale. Eravamo solo in due cristiani nella mia classe, io e mio fratello. Ho poi studiato all’Università in inglese, quindi ho dovuto imparare una nuova lingua, e ora sto imparando l’italiano.
Maryam: ho studiato in una scuola cattolica in cui si parlava ufficialmente il curdo, frequentando qualche lezione in aramaico.
Avete scelto una Università Cattolica ad Erbil perché sareste stati discriminati in una statale oppure perché avete voluto mantenervi fedeli al vostro credo?
Adad: io ho cominciato a frequentare l’Università a Musul, poi per ragioni di sicurezza dovute alla guerra in corso mi sono spostato ad Erbil, così come per altre ragioni. Tra queste, l’offerta didattica di Erbil era particolarmente buona. Il corso che ho frequentato non solo mi interessava allora ma anche adesso.
Che lavoro fanno i vostri genitori?
Adad: mia madre è un’insegnante e mio padre è un freelance nell’arte pubblicitaria.
Mariam: mio padre ha un’attività, un cafè frequentato solo da uomini; mia madre è pensionata, lavorava prima in ospedale.
Qual è la vostra opinione rispetto ai conflitti che hanno martoriato le zone da cui provenite?
Adad: la guerra non è mai un bene, come stiamo vedendo purtroppo in questo periodo di conflitto tra Russia e Ucraina. La situazione in Iraq è ancora complicata, attraversata ancora oggi dalla distruzione della guerra. La situazione non era sicuramente buona nemmeno quando era al potere Saddam, però sarebbe stato possibile trovare delle soluzioni alternative alla guerra, che niente crea e tutto distrugge.
Maryam: al della guerra tempo eravamo comunque molto giovani, abbiamo entrambi 25 anni adesso, quindi ne avevamo circa 5-6, non possiamo fare delle comparazioni vere e proprie.