«Questa è la nostra patria e non vogliamo andarcene. Per sopravvivere
e prosperare abbiamo bisogno del sostegno della comunità
internazionale. Un Iraq senza Cristianesimo sarebbe un disastro per
tutti». L’arcivescovo caldeo di Erbil, monsignor Bashar Warda esprime ad
Aiuto alla Chiesa che Soffre tutta la sua preoccupazione a seguito
delle tensioni tra Iran e Stati Uniti. Il presule afferma come l’attuale
situazione stia minacciando il delicato equilibrio in cui vive il
popolo iracheno, stanco delle sofferenze causate da decenni di guerra e
preoccupato per il futuro.
Dopo l’uccisione del generale Soleimani
da parte degli statunitensi, la comunità cristiana d’Iraq teme
fortemente quell’equazione subita ormai da molti anni: cristiani uguale
Occidente, uguale Stati Uniti. «Temiamo ritorsioni, specie a causa di un
sistema di governo predica la disuguaglianza e giustifica la
persecuzione. Siamo un bersaglio facile ed è molto probabile che chi ci
attacca resterà impunito. Agli appartenenti alla maggioranza viene
insegnato che sono superiori e dunque legalmente autorizzati a
considerare gli altri inferiori sulla sola base della loro religione».
Dall’inizio
della guerra nel 2003 la comunità cristiana irachena è diminuita del
90% e le attuali tensioni potrebbero portare ad un nuovo esodo. «I
fedeli hanno già lasciato il Paese in gran numero dopo l’invasione del
2003 e l’arrivo dell’Isis nel 2014. Non c’è da stupirsi se la nostra
comunità sta velocemente scomparendo», afferma il presule chiedendo alla
«comunità internazionale di intervenire, usando la propria influenza
per calmare le tensioni in atto» tra Iran e Statti Uniti.
Nonostante
le difficoltà, la Chiesa irachena continua a sperare in una visita di
Papa Francesco. «Accadrà sicuramente anche se non so quando. Lascio
questo alla preghiera e alla volontà dello Spirito Santo. Confidiamo in
Gesù».