"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

22 febbraio 2025

Iraq’s Christian heritage being forgotten, says Bishop of Leeds

Francis Martin
Febrauary 20, 2025

Christians in Iraqi Kurdistan are “not just twiddling their thumbs” but “getting on and building things”, the Bishop of Leeds, the Rt Revd Nick Baines, has said.
Bishop Baines was speaking shortly after returning from a six-day visit to the Kurdish Autonomous Region of Iraq (KRI), earlier this month.
Bishop Baines was accompanied by the Bishop of Stockport, the Rt Revd Sam Corley, and the Bishop of Tunsberg, in the Church of Norway, the Rt Revd Jan Otto Myrseth.
The group, which also included the international-affairs adviser for the Church of England, Dr Charles Reed, and the Church of Norway’s head of ecumenical, interfaith, and international affairs, the Revd Einar Tjelle, met politicians and church leaders in the KRI, as well as members of the local Christian community.
Iraqi Christians were sometimes asked why they were in the country, as if they were newcomers, Bishop Baines said. The reality — that there had been Christians in the region for 2000 years — was being forgotten because the education system did not teach Iraqis about the Christian heritage in their land, he said.
The Christian population of Iraq has fallen by about 90 per cent since 2003, from 1.5 million to just 140,000; people had left for a more secure life, Bishop Baines said, after decades of instability.
Emigration was among the subjects that arose in conversations with young Christians at meetings in Ankawa and Duhok.
Education and freedom of religion were discussed with members of the Kurdish Regional Government.
It was important, Bishop Baines said, for foreign delegations not to limit their engagement to taking photos with leaders. He pledged to use his position in the House of Lords to raise issues with the UK Government.
There was a line between supporting and meddling, Bishop Baines suggested: “We’ve meddled in Iraq rather a lot in recent decades, and it hasn’t ended well. They have to do it themselves, but we can be supportive.”
Making a visit in person was vital in being able to offer support, he said. “You have to be there to smell it, to understand it, to listen, and learn.”

Mosul ha ritrovato il suo minareto. Mons. Moussa: nuova cultura, il fanatismo non tornerà

Dario Salvi
19 febbraio 2025

“Un decennio dopo l’incubo terrorista di Daesh [acronimo arabo per lo Stato islamico], Mosul sta riprendendo fiato e tornando al suo ritmo abituale. Sono stati compiuti progressi significativi nell’istruzione, nella sanità e nelle infrastrutture della città”. È quanto racconta ad AsiaNews mons. Michael Najeeb Moussa, domenicano, dal gennaio 2019 arcivescovo caldeo di Mosul, metropoli nel nord dell’Iraq, considerata la “capitale” del califfato islamico durante gli anni del dominio jihadista. “L’università, esemplare nell’insegnamento e nel progresso, ha ottenuto un posto all’Unesco solo pochi anni dopo la liberazione” dall’Isis, prosegue il prelato. E la popolazione “rifiuta lo spirito fanatico e le pratiche terroristiche dei gruppi salafiti. Non vi è possibilità - afferma - che questi gruppi fanatici riemergano, per una nuova collaborazione tra popolazione, servizi di intelligence e il governo per combattere violenza e ideologia settaria”.
Da poco è tornata agli antichi fasti la Grande Moschea di al-Nuri a Mosul, famosa per il minareto pendente di Hadba con i suoi otto secoli, distrutta dai militanti dell’Isis nel 2017 e oggetto di un profondo lavoro di restauro in un quadro più ampio di rinascita della capitale del nord. Dal suo minbar, infatti, il 4 luglio 2014 il leader dello Stato islamico (SI) Abu Bakr al-Baghdadi ha dichiarato la nascita del sedicente “Califfato” che, nel periodo di massima estensione, è arrivato a comprendere metà dei territori di Iraq e Siria.
Tre anni dopo, il gruppo estremista ha demolito il luogo di culto nelle fasi finali della campagna lanciata dall’esercito iracheno, sostenuto dagli Stati Uniti, conclusa con la sconfitta - almeno sul piano militare - dei jihadisti e la loro cacciata dalla seconda città per importanza del Paese. Una vittoria al prezzo di una guerra urbana prolungata e feroce, che ha ridotto in macerie gran parte del patrimonio storico, artistico e culturale della città, già segnata dalle devastazioni degli uomini del “califfo” sotto il suo dominio.
Nel 2018 l’Unesco aveva lanciato il progetto “Revive the Spirit of Mosul”: l’obiettivo era ricostruire la Grande moschea di Al-Nouri, la chiesa di Al-Tahera e il convento di Al-Saa’a, trasformato dall’Isis in prigione. Tre patrimoni dell’umanità simbolo di storia e cultura, distrutti dai miliziani tra il 2014, anno dell’ascesa jihadista, e il 2017 che ha segnato la sconfitta - almeno sul piano militare - degli uomini di al-Baghdadi. Sono trascorsi sette anni e sono stati investiti 111 milioni di euro, ma ora il progetto è giunto al termine e i tesori salvati, anche se molto resta ancora da fare per il rilancio complessivo di quella che era la capitale economica e commerciale del Paese.
“L’Unesco - spiega mons. Moussa - ha selezionato una serie di monumenti di grande importanza simbolica, tra cui due moschee e due chiese, oltre a una serie di case tradizionali tipiche dell’arte di Mosul, demolite da Daesh”. Tra questi, prosegue, “la famosa moschea ‘gobba’ e la chiesa dell’Orologio, oltre alle dimore al Tetunchi, Sulaiman Sayegh e altre”. Analizzando il valore del patrimonio culturale e archeologico dell’Iraq, il vero “oro nero” come lo aveva a suo tempo definito il patriarca caldeo card. Louis Raphael Sako, il prelato ricorda che “non si misura in termini materiali, ma simbolici. Ogni monumento porta con sé una pagina di storia e diventa un linguaggio che racconta il passato di una comunità”.
I monumenti oggetto di ricostruzione sono “elementi unificanti per la città” sottolinea l’arcivescovo caldeo, perché “non è immaginabile Mosul senza la moschea di al-Nuri o la chiesa dell’Orologio dell’imperatrice Eugenia”. “Il patrimonio non conosce confini - avverte - e riflette un luogo e un popolo, non solo una religione. I grandi restauratori di questi monumenti - sottolinea - lavorano con lo stesso impegno per costruire una chiesa, una moschea o un santuario. È meraviglioso lavorare e collaborare insieme”, anche perché “l’arte stessa è sacra, poiché riflette i valori umani e la creatività di ogni comunità”.
Per quanto riguarda la comunità cristiana, la “priorità” è “assicurare il loro ritorno ripristinando le case, trovando posti di lavoro e garantendo l’istruzione attraverso scuole e centri per il catechismo” avverte mons. Moussa. “I cristiani - prosegue - devono essere considerati veri cittadini come gli altri e non minoranze marginali, la legge deve proteggere e preservare i loro siti storici e demografici”. Da ultimo dedica una riflessione su papa Francesco, in questi giorni ricoverato per problemi di salute, che quattro anni fa di questi tempi si apprestava a visitare l’Iraq nel primo viaggio apostolico all’estero in piena pandemia di Covid-19. La visita a Mosul il 7 marzo 2021, afferma il prelato, “è stata una vera e propria festa per tutta la città e i suoi echi risuonano ancora nella memoria della popolazione. Un uomo di pace che deplora la violenza e invita alla fratellanza umana. Grazie a questa storica visita ha focalizzato l’attenzione dei media sulla distruzione dell’uomo e della pietra, per accelerare la ricostruzione della città e della sua cultura. Nella chiesa caldea di San Paolo - conclude - è stato allestito un piccolo museo che ripercorre la visita del papa e a Mosul è stato fondato un centro culturale che porta il nome di Francesco”.

6 febbraio 2025

Tra un mese ad Ur la celebrazione per ricordare la visita del Papa in Iraq. Pronta la chiesa di Abramo.

By Baghdadhope* - Patriarcato caldeo

Secondo quanto riferisce il sito del patriarcato caldeo, nell'imminenza del quarto anniversario dell'arrivo in Iraq per la visita apostolica di Papa Francesco il patriarca della chiesa caldea, Cardinale Mar Louis Raphel Sako, accompagnato dal vicario patriarcale Monsignor Baeel Yaldo, ha visitato la chiesa che sarà dedicata al profeta Abramo ad Ur, proprio dove anche il Santo Padre celebrò la santa messa.
La chiesa che è stata costruita grazie alla generosità di un fedele, il dottor Edward Fatouhi Qatalma, ospiterà un centro per il dialogo tra le diverse fedi che è stato intitolato nel marzo 2024 a Papa Francesco


5 febbraio 2025

Lutto nella chiesa caldea: muore a San Diego il Vescovo Emerito Sarhad Yawsip Jammo

By Baghdadhope* - Patriarcato caldeo

Il sito del patriarcato caldeo riporta la notizia della morte in California, in un ospedale di San Diego, del vescovo emerito della diocesi di San Pietro Apostolo, una delle due diocesi caldee negli Stati Uniti, Monsignor Sarhad Yawsip Jammo, e ne pubblica la biografia:

Monsignor Jammo nacque il 14 marzo del 1941 a Baghdad e lì completò gli studi primari nella chiesa di San Giuseppe per poi entrare nell'istituto patriarcale di Mosul nel 1952 e terminare gli studi medi e secondari. Nel 1958 si trasferì a Roma dove nel 1964 ottenne il Master in Teologia presso la Pontificia Università Urbaniana. Quattro anni dopo con una tesi intitolata "La struttura della messa caldea" ottenne il dottorato preso il Pontificio Istituto Orientale. Nel frattempo, il 19 dicembre del 1964, era stato ordinato sacerdote e tornato da Roma nel 1968 fu nominato parroco della chiesa di San Giovanni Battista nel quartiere di Dora, a Baghdad. Nel 1974 fu nominato direttore del seminario patriarcale e mantenne la carica fino al 1977. 
Arrivato negli Stati Uniti fu nominato vice parroco della chiesa della Madre di Dio a Southfield nel Michigan guidata da Monsignor Korkis Garmo e nel 1980 ne fu nominato parroco. Nel 1983 divenne parroco della chiesa di St. Joseph a Troy, sempre nel Michigan. Nel 1991 fu nominato Vicario episcopale generale della Diocesi di San Tommaso Apostolo, in California e il 21 maggio del 2002 Papa Giovanni Paolo II approvò la sua nomina a vescovo. 
L'ordinazione episcopale avvenne il 18 luglio 2002 nella chiesa di St. Joseph a Troy per mano dell'allora patriarca caldeo, Mar Raphael Bidaweed e con la presenza dell'allora patriarca della chiesa Assira d'Oriente Mar Dinkha IV. L'intronizzazione nella diocesi californiana avvenne invece nella chiesa dedicata a San Pietro a San Diego, California. Guidò la diocesi californiana fino al 14 marzo del 2016 quando raggiunse l'età della pensione e nell'anno precedente fu protagonista di un aspro scontro con il patriarca caldeo, Cardinale Mar Louis Raphael Sako, sul destino di alcuni sacerdoti che avevano lasciato l'Iraq senza un permesso valido nell'ultimo periodo di vita del precedente patriarca Mar Emmanuel III Delly, ed avevano trovato accoglienza presso la diocesi da lui guidata. 
Scontro per il quale si rimanda a:    

Iraq: card. Sako su legge sullo stato delle persone, “scioccante. La modifica penalizza i diritti delle donne”

22 gennaio 2025

Il parlamento e il governo iracheno sono chiamati a “tenere conto della diversità culturale, etnica e religiosa dell’Iraq e a lavorare con la comunità internazionale in conformità con le leggi irachene, con le leggi internazionali e con i diritti umani in modo che la legislazione sia solida, mantenga gli equilibri, rafforzi le relazioni e crei riavvicinamento e soddisfazione tra le diverse componenti”.
È quanto ribadisce il patriarca caldeo di Baghdad, card. Louis Raphael Sako, che interviene così sulla recentissima approvazione, in parlamento, di tre leggi, tra cui emendamenti alla legge sullo status personale del Paese che, secondo gli oppositori, legalizzerebbero di fatto il matrimonio infantile, anche di bambine di soli nove anni di età. 
Secondo quanto riportato dai media, gli emendamenti conferiscono alle corti islamiche maggiore autorità sulle questioni familiari, tra cui matrimonio, divorzio ed eredità. 
Gli attivisti sostengono che ciò indebolisce la legge irachena sullo status personale del 1959, che ha unificato il diritto di famiglia e stabilito tutele per le donne. La legge irachena attualmente stabilisce i 18 anni come età minima per il matrimonio nella maggior parte dei casi. 
I sostenitori di queste modifiche, auspicate principalmente dai legislatori sciiti conservatori, le difendono come un mezzo per allineare la legge ai principi islamici e ridurre l’influenza occidentale sulla cultura irachena.
Per Mar Sako “uno Stato laico rappresenta l’opzione migliore perché non contrasta con i valori religiosi e non si sostituisce ai chierici. La Costituzione civile – aggiunge il patriarca – equipara tutti i cittadini di diverse religioni e sette. Allo stesso modo, le autorità religiose non dovrebbero imporre la loro legislazione alla società. La religione è al servizio delle persone. Pertanto, lo Stato dovrebbe adottare la legge sullo stato personale in vigore nella maggior parte dei paesi del mondo, compresi i paesi arabi, e lasciare la pratica religiosa agli individui in base alla loro appartenenza religiosa o settaria. La religione appartiene agli individui, non allo Stato”.
Il cardinale non usa mezzi termini: “È scioccante che la modifica della legge sullo status personale torni indietro in questioni relative alle libertà, ai diritti delle donne, ai matrimoni precoci che sono una violazione della sacralità dell’infanzia, al divorzio e alle questioni relative all’eredità, alla custodia dei figli e ai diritti delle minoranze. Questa modifica smantella il tessuto nazionale”.
Da Mar Sako anche critiche al divieto di bevande alcoliche definito “una violazione della libertà personale”. Piuttosto che vietare sarebbe più opportuno limitarne l’uso agli adulti sopra i 21 anni di età, consentirne il consumo all’interno di locali e ristoranti, ma soprattutto “educare alla moderazione nel mangiare e nel bere” anche per non danneggiare la salute. Il patriarca caldeo chiede al parlamento e al governo di impegnarsi per affrontare la corruzione e l’illegalità morale ed etica, per costruire uno Stato di diritto, rispettabile e giusto che si prenda cura di tutti i suoi cittadini, uno Stato che educhi generazioni civili alla convivenza armoniosa. Ultima richiesta da parte di Mar Sako riguarda il sistema delle quote delle minoranze rappresentate in Parlamento: “Il governo e l’Alta Commissione elettorale indipendente dovrebbero limitare il voto per i seggi delle quote cristiane solo alla componente cristiana” evitando così l’interferenza di altri partiti che portano avanti una propria agenda politica che nulla ha a che vedere con quella dei cristiani. “I cristiani devono votare per chi effettivamente li rappresenta”.