By Asia News
17 maggio 2023
I cristiani “hanno dato un segnale di forza” scendendo in piazza “per la prima volta” nella loro storia recente “a manifestare: oltre mille persone fra uomini e donne, laici e sacerdoti, con bandiere, ramoscelli di ulivo, canti”. Davanti alla nuova minaccia che ha colpito in prima persona lo stesso card. Louis Raphael Sako, patriarca di Baghdad dei caldei, il porporato lancia messaggi di ottimismo e un rinnovato entusiasmo - pur a fronte delle difficoltà - che trae origine anche dalla visita di papa Francesco di due anni fa. “Il pontefice - afferma - ha dato voce alla nostra comunità, che ora cammina a testa alta e, pur essendo minoranza, dimostra tutta la sua vitalità e la voglia di affermare i propri diritti”.
Il riferimento del leader della Chiesa caldea e irachena, è al recente attacco lanciato contro la sua persona e contro i vertici ecclesiastici del Paese dal capo del Movimento Babilonia Rayan al-Kaldani. Il sedicente leader cristiano, spalleggiato da movimenti sciiti collegati a potenze straniere, vuole formare un’enclave nella piana di Ninive sfruttando la posizione di forza e disponendo di quattro parlamentari [su cinque riservati per quota alla minoranza, sebbene la loro scelta non sia esercitata in via esclusiva da cristiani, ndr] e un ministero da lui controllati. “Vi è un’unica famiglia - spiega ad AsiaNews il cardinale - implicata: quella di Rayan, con i tre fratelli e due generi, che vuole impossessarsi di tutto”.
La manifestazione popolare di sostegno al card. Sako e alla Chiesa caldea che si è tenuta nei giorni scorsi ha registrato un momento di tensione, quando elementi legati al “movimento” hanno contestato il porporato. Immediata la replica dei presenti in piazza Tahrir, a Baghdad, che hanno risposto con slogan e canti di solidarietà, facendo sentire la loro “voce” come ha sottolineato lo stesso patriarca. “Abbiamo - sottolinea - una grande forza spirituale, morale e patriottica che loro non hanno. Loro, al contrario, contano sui soldi e sulle armi. Invece le persone solidarizzano con noi, non solo cristiani ma gli stessi musulmani che condannano questi attacchi e le bugie”.
Una testimonianza di solidarietà giunta “da 11 ambasciatori dell’Unione europea, dagli Stati Uniti, da personalità cristiane fra cui il vescovo siro-cattolico di Mosul e una lettera dei vescovi ortodossi”. Tutto questo, aggiunge, “è fonte di coraggio e di voglia di resistere”. “Ci troviamo a lottare contro una milizia - afferma - che si presenta come uno Stato potendo contare su denaro, soldati e armi. E questo, da 20 anni, è il punto debole dell’Iraq”, che non ha governi autorevoli e istituzioni salde che garantiscano il rispetto della legge e del diritto. “Qualcuno - commenta amaro il porporato - ha anche pensato a un conflitto interno ai cristiani, ma non è così”.
Nelle ultime settimane si è riacceso lo scontro fra i vertici della Chiesa caldea e il movimento capeggiato da Rayan “il caldeo”, già in passato protagonista di episodi controversi oltre a proporsi come leader (armato) della componente cristiana. La fazione “Brigate Babilonia” è nata al tempo della lotta contro lo Stato islamico (SI, ex Isis) nel nord dell’Iraq nel decennio scorso e si è andato affermando nel tempo sul piano economico e politico. “Vuole una regione autonoma - spiega - con lui a capo. La cosiddetta mobilitazione popolare è in realtà una milizia sciita e adesso si trova in una posizione di forza con quattro deputati e il ministero [dell’Immigrazione]”.
Dai soldi e dalle armi, continua il porporato, “è passato ora alle bugie, accusandomi di aver venduto beni della Chiesa e di aver trasferito milioni di dollari su un conto corrente in Canada. Una assurdità, ma la gente semplice può cadere nell’inganno per questo ho promosso una campagna e mi sono speso in prima persona per affermare la verità dei fatti”. La sua è una mentalità poco educata e votata alla conquisa, che gli ha permesso oggi di “dominare Ninive” da Qaraqosh ad Alqosh ed è una posizione pericolosa perché rischia di innescare tensioni e conflitti con l’area curda. Nelle scorse settimane ha anche accusato il porporato di “interferire in politica e di danneggiare la reputazione della chiesa in Iraq”, oltre ad aver “simpatizzato con Israele e aver già visitato il Paese”.
Una battuta finale il card. Sako la riserva all’esecutivo, al capo del governo e a tutta la “debolezza” che mostrano in questa vicenda, contro la quale la componente cristiana non esclude il boicottaggio delle prossime elezioni. “Non vedo una reazione forte” dalle istituzioni, ma “io non mi aspetto nulla in questo senso. Siamo noi che continuiamo questa battaglia” che, ed è questo il lato positivo: una battaglia che finisce per infondere “maggiore consapevolezza e un coraggio” che rappresentano un “elemento di novità” per i cristiani d’Iraq.