By Fides
L’Ufficio di Presidenza della Regione autonoma del Kurdistan iracheno ha indicato al governo regionale di disporre la creazione di una Commissione ad hoc incaricata di verificare, documentare e perseguire i sistematici espropri illegali di terreni e beni immobiliari subiti negli ultimi anni da proprietari cristiani, soprattutto nel Governatorato (Provincia) di Dohuk.
La decisione è maturata anche grazie alla mobilitazione del Comitato indipendente per i diritti umani, che alla fine di luglio aveva presentato alle autorità della Regione autonoma del Kurdistan una istanza in cui si chiedeva la creazione di un organismo ad hoc, comprendente anche rappresentanti di vari ministeri, con il mandato di affrontare il problema.
Il 12 agosto – riferisce il sito d’informazioni ankawa.com - l’Ufficio della Presidenza regionale ha dato seguito all’istanza, inviando al Consiglio dei ministri regionale la richiesta di istituire la Commissione istruttoria incaricata di raccogliere documentazione, ascoltando le richieste e le giustificazioni delle parti coinvolte.
La Commissione sarà anche chiamata a disegnare una cera e propria mappa delle proprietà dei cristiani fatte oggetto di esproprio abusivo negli anni in cui tutta l’area nord-irachena viveva la drammatica esperienza connessa alle conquiste delle milizie jihadiste di Daesh e alla creazione dell’auto-proclamato Stato Islamico.
Il lavoro della Commissione punterà a sanzionare i soprusi subiti da proprietari cristiani, e a porre le condizioni per garantire che il fenomeno non si ripeta. Gli espropri su vasta scala di terreni e beni immobiliari appartenenti a famiglie cristiane sire, assire e caldee della regione del Kurdistan iracheno, come riferito dalla Agenzia Fides furono denunciati con particolare veemenza nel 2016.
Secondo le denunce presentate, gli espropri illegali venivano messi in atto da concittadini curdi, che operavano singolarmente o in maniera coordinata con altri membri del proprio clan tribale.
Già a quel tempo il dottor Michael Benjamin, direttore del Centro Studi Ninive, riferiva che nel solo governatorato di Dohuk esisteva una lista di 56 villaggi in cui l'area di terreno sottratto illegalmente a famiglie cristiane era pari a 47.000 acri.
Il 13 aprile 2016, alcune centinaia di cristiani siri, caldei e assiri, provenienti dalla regione di Nahla (Governatorato di Dohuk) avevano organizzato una manifestazione davanti al Parlamento della Regione autonoma del Kurdistan iracheno (vedi foto) per protestare contro le espropriazioni illegali dei propri beni immobiliari subite negli anni precedenti ad opera di influenti notabili curdi, già più volte denunciate senza esito presso i tribunali competenti.
I manifestanti esponevano cartelli e striscioni, compreso uno in inglese con la scritta “Gli Usa e i Paesi occidentali sono responsabili di ciò che accade e viene perpetrato contro il nostro popolo in Iraq”.
Negli ultimi anni, gli espropri illegali hanno preso di mira in maggior parte terre e case appartenenti a cristiani che hanno lasciato l'area soprattutto a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, per sfuggire ai conflitti regionali e alle violenze settarie e tribali esplose con maggior virulenza dopo gli interventi militari delle coalizioni internazionali.
La decisione è maturata anche grazie alla mobilitazione del Comitato indipendente per i diritti umani, che alla fine di luglio aveva presentato alle autorità della Regione autonoma del Kurdistan una istanza in cui si chiedeva la creazione di un organismo ad hoc, comprendente anche rappresentanti di vari ministeri, con il mandato di affrontare il problema.
Il 12 agosto – riferisce il sito d’informazioni ankawa.com - l’Ufficio della Presidenza regionale ha dato seguito all’istanza, inviando al Consiglio dei ministri regionale la richiesta di istituire la Commissione istruttoria incaricata di raccogliere documentazione, ascoltando le richieste e le giustificazioni delle parti coinvolte.
La Commissione sarà anche chiamata a disegnare una cera e propria mappa delle proprietà dei cristiani fatte oggetto di esproprio abusivo negli anni in cui tutta l’area nord-irachena viveva la drammatica esperienza connessa alle conquiste delle milizie jihadiste di Daesh e alla creazione dell’auto-proclamato Stato Islamico.
Il lavoro della Commissione punterà a sanzionare i soprusi subiti da proprietari cristiani, e a porre le condizioni per garantire che il fenomeno non si ripeta. Gli espropri su vasta scala di terreni e beni immobiliari appartenenti a famiglie cristiane sire, assire e caldee della regione del Kurdistan iracheno, come riferito dalla Agenzia Fides furono denunciati con particolare veemenza nel 2016.
Secondo le denunce presentate, gli espropri illegali venivano messi in atto da concittadini curdi, che operavano singolarmente o in maniera coordinata con altri membri del proprio clan tribale.
Già a quel tempo il dottor Michael Benjamin, direttore del Centro Studi Ninive, riferiva che nel solo governatorato di Dohuk esisteva una lista di 56 villaggi in cui l'area di terreno sottratto illegalmente a famiglie cristiane era pari a 47.000 acri.
Il 13 aprile 2016, alcune centinaia di cristiani siri, caldei e assiri, provenienti dalla regione di Nahla (Governatorato di Dohuk) avevano organizzato una manifestazione davanti al Parlamento della Regione autonoma del Kurdistan iracheno (vedi foto) per protestare contro le espropriazioni illegali dei propri beni immobiliari subite negli anni precedenti ad opera di influenti notabili curdi, già più volte denunciate senza esito presso i tribunali competenti.
I manifestanti esponevano cartelli e striscioni, compreso uno in inglese con la scritta “Gli Usa e i Paesi occidentali sono responsabili di ciò che accade e viene perpetrato contro il nostro popolo in Iraq”.
Negli ultimi anni, gli espropri illegali hanno preso di mira in maggior parte terre e case appartenenti a cristiani che hanno lasciato l'area soprattutto a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, per sfuggire ai conflitti regionali e alle violenze settarie e tribali esplose con maggior virulenza dopo gli interventi militari delle coalizioni internazionali.