By Asia News
La decisione della Corte suprema turca, avallata dal presidente Recep Tayyip Erdogan, di cambiare lo status di Santa Sofia a Istanbul da museo a moschea “è triste e dolorosa” per “tutti noi e per il mondo intero”. Come papa Francesco, anche il patriarca caldeo, card. Louis Raphael Sako, attacca la decisione delle autorità turche di modificare lo status dell’antica basilica cristiana:
La decisione della Corte suprema turca, avallata dal presidente Recep Tayyip Erdogan, di cambiare lo status di Santa Sofia a Istanbul da museo a moschea “è triste e dolorosa” per “tutti noi e per il mondo intero”. Come papa Francesco, anche il patriarca caldeo, card. Louis Raphael Sako, attacca la decisione delle autorità turche di modificare lo status dell’antica basilica cristiana:
“In questi tempi di coronavirus - sottolinea ad AsiaNews il porporato - il mondo ha bisogno di solidarietà umana per affrontare la pandemia, non di ulteriori conflitti e tensioni in una regione dove ogni giorno muoiono tante persone”. Con un messaggio alla nazione nel fine settimana, il presidente turco ha annunciato che il 24 luglio si terrà la prima preghiera islamica nella moschea di Santa Sofia, che segnerà la conversione a luogo di culto musulmano di quella che, in origine, era una basilica dell’epoca di Costantino.
Poche ore prima, i giudici avevano annullato l’atto del 1934 con cui Kemal Ataturk, il fondatore della Turchia moderna e laica sconfessata dal “sultano Erdogan”, aveva trasformato la moschea in museo.
Lo stesso Erdogan ha precisato che Santa Sofia (Aya Sofia, in turco) manterrà il suo nome storico e potrà essere visitata anche da tutti i cristiani, senza pagare un biglietto d’ingresso.
“La decisione di Ataturk, all’epoca era stata coraggiosa” commenta il patriarca Sako, perché “dopo il genocidio armeno era stato un segnale forte in un’ottica di convivenza e di salvaguardia del patrimonio comune” di cristiani e musulmani.
“È grave - prosegue il primate caldeo - che il presidente turco non abbia considerato il rispetto dei sentimenti di due miliardi di cristiani nel mondo, dimenticando ciò che essi hanno fatto per i musulmani. Concedere quella che era una chiesa alla sola preghiera islamica è un atto grave”. Santa Sofia, aggiunge il porporato, è “un simbolo di convivenza islamo-cristiana. È la storia di una chiesa diventata moschea e poi, fino ad oggi, un museo per tutti. Questa decisione va contro la tolleranza fra le religioni, mentre è imperativo ricercare il dialogo per diffondere tolleranza e convivenza fra fedi diverse”.
Il primate caldeo non risparmia critiche a un Occidente “politico e cristiano” che si è mostrato “debole e non ha fatto sentire la sua voce”. Un atteggiamento timido che favorisce conflitti e violenze “in Iraq, in Siria, in Libano e nello Yemen”, dove si fanno sempre più lontani gli ideali di pace e giustizia. Questo significa “che siamo deboli”. Inoltre è “grave e disdicevole politicizzare la religione per i propri fini”, considerando che lo stesso Maometto nel patto con i cristiani aveva sancito che “non bisogna trasformare una chiesa in moschea”.
La decisione di Erdogan ha sollevato reazioni critiche anche “nel mondo musulmano irakeno”, dove diverse personalità “religiose e laiche” hanno mostrato “la loro posizione contraria”, come riferisce il card. Sako: “Dicono che non è il momento. Poi la scelta di renderlo un museo, diventato nel tempo patrimonio Unesco, aveva permesso di salvaguardare gli elementi cristiani e musulmani, valorizzando quello che deve essere un bene comune”. Quello lanciato ieri da papa Francesco “è un appello morale forte” per il patriarca caldeo, che “la televisione irakena ha ripreso e rilanciato a più riprese”.
Non dobbiamo annullare la storia di un bene prezioso, conclude il primate caldeo, sconfessando quanto di importante “aveva fatto Ataturk mostrando una apertura e una lungimiranza ben maggiori, in un’ottica di conservazione e valorizzazione di entrambi i patrimoni”.
Poche ore prima, i giudici avevano annullato l’atto del 1934 con cui Kemal Ataturk, il fondatore della Turchia moderna e laica sconfessata dal “sultano Erdogan”, aveva trasformato la moschea in museo.
Lo stesso Erdogan ha precisato che Santa Sofia (Aya Sofia, in turco) manterrà il suo nome storico e potrà essere visitata anche da tutti i cristiani, senza pagare un biglietto d’ingresso.
“La decisione di Ataturk, all’epoca era stata coraggiosa” commenta il patriarca Sako, perché “dopo il genocidio armeno era stato un segnale forte in un’ottica di convivenza e di salvaguardia del patrimonio comune” di cristiani e musulmani.
“È grave - prosegue il primate caldeo - che il presidente turco non abbia considerato il rispetto dei sentimenti di due miliardi di cristiani nel mondo, dimenticando ciò che essi hanno fatto per i musulmani. Concedere quella che era una chiesa alla sola preghiera islamica è un atto grave”. Santa Sofia, aggiunge il porporato, è “un simbolo di convivenza islamo-cristiana. È la storia di una chiesa diventata moschea e poi, fino ad oggi, un museo per tutti. Questa decisione va contro la tolleranza fra le religioni, mentre è imperativo ricercare il dialogo per diffondere tolleranza e convivenza fra fedi diverse”.
Il primate caldeo non risparmia critiche a un Occidente “politico e cristiano” che si è mostrato “debole e non ha fatto sentire la sua voce”. Un atteggiamento timido che favorisce conflitti e violenze “in Iraq, in Siria, in Libano e nello Yemen”, dove si fanno sempre più lontani gli ideali di pace e giustizia. Questo significa “che siamo deboli”. Inoltre è “grave e disdicevole politicizzare la religione per i propri fini”, considerando che lo stesso Maometto nel patto con i cristiani aveva sancito che “non bisogna trasformare una chiesa in moschea”.
La decisione di Erdogan ha sollevato reazioni critiche anche “nel mondo musulmano irakeno”, dove diverse personalità “religiose e laiche” hanno mostrato “la loro posizione contraria”, come riferisce il card. Sako: “Dicono che non è il momento. Poi la scelta di renderlo un museo, diventato nel tempo patrimonio Unesco, aveva permesso di salvaguardare gli elementi cristiani e musulmani, valorizzando quello che deve essere un bene comune”. Quello lanciato ieri da papa Francesco “è un appello morale forte” per il patriarca caldeo, che “la televisione irakena ha ripreso e rilanciato a più riprese”.
Non dobbiamo annullare la storia di un bene prezioso, conclude il primate caldeo, sconfessando quanto di importante “aveva fatto Ataturk mostrando una apertura e una lungimiranza ben maggiori, in un’ottica di conservazione e valorizzazione di entrambi i patrimoni”.