"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

25 maggio 2020

Festa della discesa della Spirito Santo e la pandemia del coronavirus

Foto Patriarcato Caldeo
By Patriarcato Caldeo
Cardinale Louis Raffaele Sako

La parola “ʿanṣarah” in arabo deriva dalla parola ebraica “atzeret”, che significa riunione e festa, mentre la parola “Pentecoste” è una parola greca che significa cinquanta giorni e indica il periodo tra la risurrezione di Cristo e la domenica della discesa dello Spirito Santo sui discepoli. C’è una certa somiglianza tra la situazione dei discepoli dopo la morte di Gesù, bloccati in casa e la nostra situazione oggi, bloccati in casa per far fronte alla crisi del coronavirus. 
 Il Vangelo dice a proposito dei discepoli: “La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!» (Gv 20,19).
Dunque i discepoli hanno vissuto la reclusione in casa, per timore di un’aggressione da parte dei Giudei estremisti, come noi viviamo da circa due mesi, per timore di essere contagiati da questo virus che ha scosso la nostra vita; restiamo in casa per salvaguardare la nostra salute e la salute dei nostri famigliari.
I discepoli hanno continuato in genere, dopo l’Ascensione di Gesù al cielo, a rimanere in casa per lo stesso motivo, finché scese su di loro lo Spirito Santo: «Ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in un sabato. Entrati in città salirono al piano superiore dove abitavano» (Atti 1,12-13). Al cinquantesimo giorno tutto cambiò per loro: «Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo» (Atti 1,1-4).
Il periodo di cinquanta giorni (la reclusione) fu un periodo di meditazione e di revisione di quello che avevano udito da Gesù, di quello che avevano visto delle sue azioni, per essere assimilato, compreso, in modo da maturare per manifestare la loro fede e la loro vocazione. Vivevano come una sola famiglia, come ci dicono gli Atti: «Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa i comune» (Atti 2,44). E lo Spirito Santo, scendendo su di loro, li trasferì da una situazione di apprensione e di paura a una situazione di doni e di preparazione alla missione.
Noi pure sperimentiamo una segregazione in casa e una lontananza sociale, ansiosi e paurosi, a motivo della mancanza di spazi sicuri e di indicazioni rapide per eliminare questo virus. Ma c’è una cosa che dobbiamo capire, ossia che la crisi del coronavirus, benché sia violenta, è passeggera e transitoria, e che l’umanità, che ha vissuto altre crisi violente, uscendone più sana e più forte, sicuramente supererà questo coronavirus. Dal punto di vista della fede Osserviamo che molti tornano alla fede e ad aggrapparsi alla spiritualità cristiana, alla preghiera, al digiuno, al servizio della carità.
Ci accorgiamo dai centinaia di commenti nel Facebook del Patriarcato, da cui diffondiamo la Messa durante questo periodo difficile. Ci accorgiamo che c’è una chiesa domestica che matura, si radica nella fede e nell’impegno, e manifesta il desiderio di accedere alla comunione e alla riapertura delle chiese, come in passato. E noi, come Chiesa locale, ci prepariamo a questo passo con molta serietà.
Lo Spirito Santo ha un ruolo nella nostra vita, come aveva un ruolo nella vita dei primi discepoli. Con i suoi doni e le sue illuminazioni continua a manifestare Dio nelle nostre azioni e gli rende testimonianza (Gv 15,26). Lo Spirito Santo ci aiuta a sopportare e a resistere, ci conforta, rinfranca il nostro spirito, ci rassicura (Gv 14,16). Lo Spirito santo ci introduce nel mondo di Dio, se collaboriamo con Lui, affinché mettiamo nel nostro mondo qualcosa del mondo di Dio. Questo è il carisma e la missione.
Il nostro mondo non sarà più come era prima del coronavirus Il nostro mondo e il suo sistema non saranno come erano prima della pandemia del coronavirus, come gli Apostoli, dopo la discesa dello Spirito Santo, non furono come erano dopo la morte di Gesù. Si deve imparare dagli aspetti negativi del passato. Come fedeli cristiani, dobbiamo tornare con forza alla nostra fede, ai nostri valori, alle nostre sane relazioni famigliari, ai nostri impegni sociali. Lo Spirito Santo, se gli diamo spazio, ci aiuterà con i suoi doni a vedere le cose con occhio illuminato, in modo più completo e più profondo, ci aiuterà a superare le crisi con la nostra fede, i nostri valori, la nostra carità, la nostra solidarietà fraterna. Come società internazionale.
Occorre cercare di assicurare il cibo, le medicine e i servizi ai popoli, invece di cercare di fabbricare armi e di avere il controllo dell’economia mondiale. Il coronavirus e l’isolamento in casa sono un’occasione propizia per i governanti mondiali in vista di migliorare la solidarietà umana, e per creare un ordine mondiale nuovo, ove ci sia maggiore misericordia, amore, pace, rispetto, giustizia applicata, senza guardare al gender, al colore della pelle, alla religione, alla dottrina, alla maggioranza e minoranza. Tutti gli uomini sono fratelli nella creazione, uguali nei diritti e doveri.
Abbiamo bisogno di programmi scolastici nuovi per consolidare la fratellanza umana, come ci ha esortato il Papa Francesco e Ahmad al-Tayyib, sheikh dell’Azhar nel “documento della fratellanza umana”.
Il bene è una situazione e una posizione, stiamo bene quando facciamo il bene a ogni uomo, come merita. Come autorità religiose Le autorità religiose cristiane, islamiche, giudaiche, e le altre religioni devono prendere sul serio le sfide del coronavirus per un cambiamento culturale, economico e sociale, per fare un esame critico preciso, chiarire i punti di vista, curare l’estremismo e ogni pensiero che spinga all’avversione e alla violenza. Esse hanno ciò che ci unisce e ciò che le spinge ad andare avanti insieme portando la loro missione per diffondere l’amore, la tolleranza, le buone qualità, la convivenza e la difesa dei diritti dell’uomo.