Presso le istituzioni continentali la Chiesa cattolica intende «dare il suo positivo contributo al dibattito europeo, portando la voce della gente, raccogliendo le attese delle comunità territoriali, seguendo da vicino il processo istituzionale e legislativo, e incoraggiando la riflessione politica in vista di decisioni da ricondurre al bene comune». Questa sintesi viene fatta da un interlocutore privilegiato della Chiesa cattolica per Bruxelles, padre Olivier Poquillon, classe 1966, che alla fine di agosto ha concluso il suo servizio triennale come segretario generale della Commissione degli episcopati dell’Unione europea (Comece), mentre lo attende ora un nuovo compito in Iraq, a Erbil.
In un’intervista rilasciata all’agenzia Sir, il domenicano — che viene sostituito dallo spagnolo don Manuel Barrios Prieto — spiega che «il rapporto tra le istituzioni e i cittadini e, di conseguenza, la capacità di rispondere alle grandi attese delle persone» costituisce una delle principali sfide che l’Ue ha di fronte oggi. «È importante che le istituzioni decidano non per conto dei cittadini, ma con i cittadini», sottolinea padre Poquillon, soprattutto se si vuole lottare contro i populismi che si nutrono di una perdita di legittimità delle istituzioni nazionali e europee.
Purtroppo il
dialogo tra le religioni presenti nel vecchio continente e le
istituzioni europee — rimpiange il domenicano — è ostacolato da
«attacchi di varie lobby e correnti politiche di destra e di sinistra,
le quali non hanno però compreso il ruolo costruttivo e propositivo che
possono giocare le Chiese e le comunità religiose all’interno della
società europea, soprattutto per la costruzione di solide relazioni
sociali e per dare voce a chi non ne ha». Inoltre, sottolinea, tali
lobby attaccano un diritto fondamentale, ovvero la libertà religiosa,
«componente essenziale della vita umana». Eppure, le istituzioni Ue non
hanno nulla da temere, insiste il sacerdote, perché le religioni «non
intendono affatto invadere il campo della politica né tanto meno
sostituirsi ai decisori politici». Possono invece «arricchire il
dibattito pubblico, provocando riflessioni a partire dall’impegno
concreto che esse svolgono sul campo a favore delle famiglie, dei
giovani, delle persone più fragili».
Sulla
Chiesa cattolica, e in particolare sulla sua identità, padre Poquillon
non manca di fare un parallelo con l’Unione europea, che possiede lo
stesso dna. «Le nostre comunità sono un esempio di “unità nella
diversità”», spiega, riprendendo il motto ufficiale dell’Europa, «non
sono un cenacolo di puri ma assemblee di peccatori in cammino che hanno a
cuore la costruzione del bene comune a partire da valori universali:
pace, rispetto reciproco, dedizione agli altri, apertura al mondo». Ed è
qui che interviene la Comece, che cerca di formare cristiani
«competenti e impegnati nella società, nell’economia, nella politica».
Il religioso francese attende anche da parte dell’Europa «una rinnovata e
puntuale attenzione» sul tema dell’ambiente. «Esso — precisa il
domenicano — ha a che fare con la tutela del Creato, con il territorio
nel quale viviamo, con le risorse della natura, con l’economia e i
sistemi di produzione e di consumo, e richiede necessari cambiamenti nei
nostri stili di vita, come ha indicato Papa Francesco nella Laudato si’».
Ora padre Poquillon andrà nel Kurdistan iracheno, a Erbil. Non è la prima volta che presterà servizio nella regione, perché in passato ha insegnato all’università di Mosul. Il suo prossimo lavoro «sarà anzitutto tra la gente — molti poveri e rifugiati — della parrocchia latina a Erbil e, inoltre, sarà indirizzato alla ricostruzione del convento domenicano di Mosul», distrutto dal sedicente Stato islamico nell’aprile 2016. Oggi, confida il sacerdote, una delle grande sfide nel Medio Oriente è proprio il ritorno dei cristiani, che negli ultimi anni hanno dovuto lasciare le proprie case. In Iraq la comunità è stata forzatamente dispersa e costretta ad abbandonare la piana di Ninive. «Eppure la presenza cristiana in quei territori ha una funzione importante, di riconciliazione e di dialogo» tra le diverse componenti del Paese e tra le religioni.
Ora padre Poquillon andrà nel Kurdistan iracheno, a Erbil. Non è la prima volta che presterà servizio nella regione, perché in passato ha insegnato all’università di Mosul. Il suo prossimo lavoro «sarà anzitutto tra la gente — molti poveri e rifugiati — della parrocchia latina a Erbil e, inoltre, sarà indirizzato alla ricostruzione del convento domenicano di Mosul», distrutto dal sedicente Stato islamico nell’aprile 2016. Oggi, confida il sacerdote, una delle grande sfide nel Medio Oriente è proprio il ritorno dei cristiani, che negli ultimi anni hanno dovuto lasciare le proprie case. In Iraq la comunità è stata forzatamente dispersa e costretta ad abbandonare la piana di Ninive. «Eppure la presenza cristiana in quei territori ha una funzione importante, di riconciliazione e di dialogo» tra le diverse componenti del Paese e tra le religioni.
Il successore di Poquillon, don Barrios Prieto, ha iniziato il suo mandato il 1° settembre, per un periodo di quattro anni, secondo il nuovo statuto della Comece. Finora era impegnato come come direttore del Segretariato per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Conferenza episcopale spagnola.