17 gennaio 2014 
by F. Fed
Per un cristiano, andare in Iraq rappresenta  un ritorno alle radici, 
significa andare nei luoghi dove nacque e visse Abramo, Padre nella Fede
 di tutti i credenti nell' unico Dio. In particolare Ur, la città da cui
 partì , secondo la tradizione biblica, il lungo viaggio di Abramo e del
 "Popolo del libro",  rappresenta le comuni origini che uniscono Ebrei, 
Cristiani e Musulmani. 
Queste le premesse spirituali alla base del 
viaggio che mons. Liberio Andreatta, amministratore delegato e 
vicepresidente dell' Opera Romana Pellegrinaggi, l'Ente del Vicariato di
 Roma che da decenni si occupa appunto dell'organizzazione dei 
pellegrinaggi sui luoghi della fede e dell'assistenza ai pellegrini, ha 
compiuto ultimamente in Iraq alla testa di una delegazione di sacerdoti,
 giornalisti e personale dell' ORP. Un vero e proprio pellegrinaggio di 
pace, le cui "ricadute" spirituali, religiose, e socio-economiche, 
l’Agenzia Fuoritutto ha voluto esaminare direttamente col Vicepresidente
 dell' Opera. 
Monsignor Andreatta, qual è il significato primario di questo vostro pellegrinaggio in Iraq, e che bilancio è possibile farne? 
Ho
 voluto compiere anzitutto un gesto profetico: secondo una tradizione 
iniziata nel 1991, in pieno accordo con  Giovanni Paolo II, con 
l'accensione del "Cero della pace" a Gerusalemme, al termine della prima
 Intifada, e proseguita, sino al 2005, con altri viaggi, a Beirut (per 
la fine della guerra civile libanese), Nazareth, Serajevo (per la fine 
del conflitto jugoslavo), sino anche ai Poli Nord e Sud, e sul K2, una 
delle più alte vette del mondo. Si è trattato sempre di gesti 
"profetici" perché richiamanti i segni biblici, i segni tracciati da Dio
 per la salvezza dell'uomo, riproposti così  al mondo di oggi. Questo 
pellegrinaggio in Iraq era un vecchio desiderio di Papa Wojtyla, rimasto
 purtroppo irrealizzato, nel 1999-2000, per la tormentata  situazione  
di quell'area (pesò anche il veto degli USA, per motivi di sicurezza): 
non a caso, tra i doni che abbiamo portato al popolo iracheno c' era 
anche una reliquia del Papa polacco, una frammento della veste, intrisa 
di sangue, che portava il giorno dell'attentato del maggio 1981. E direi
 che è stato un pellegrinaggio positivo da piu' diversi punti di vista. 
Cioé? 
Abbiamo
 scoperto, in Iraq, un popolo gentile, paziente, e soprattutto molto 
accogliente, nei confronti di noi pellegrini cattolici; che esprimeva un
 senso di grande attesa del nuovo. Abbiamo constatato, poi, che il Sud 
del Paese oggi è davvero sicuro, con una situazione generale molto piu' 
tranquilla di quella del Nord; e sinceramente, dopo tanti viaggi di pace
 nei Paesi islamici e in Israele, per la prima volta ho sentito parlare 
esattamente d' una riconciliazione nazionale - dopo due terribili guerre
 e il crollo del regime di Saddam - all'insegna del perdono: concetto, 
questo, squisitamente cristiano, non mussulmano, ne ebraico.Tra le varie
 etnie del Paese, specie sunniti e sciti, noi pellegrini  potevamo 
essere il collante, insomma.
Come procede la 
ricostruzione materiale, civile, morale del Paese, sotto l'egida dell' 
ONU, a undici anni dalla fine della seconda Guerra del Golfo?     
Abbiamo
 visitato, chiaramente, solo la parte meridionale dell' Iraq, perché al 
Nord c'è ancora un clima di tensione, per  possibili attentati e per i 
forti contrasti etnici e politici: anche se, in  complesso, mi sembra 
che il terrorismo islamico, in  Iraq, ora sia più un fenomeno "d' 
importazione", non autoctono come in altri Paesi mussulmani ( nella 
stessa Baghdad, ora c'è un altro grado di sicurezza, con molti 
controlli, e barriere di cemento armato davanti alle chiese). Al Sud, la
 ricostruzione prosegue senz'altro, anche se il livello di vita resta 
ancora molto basso ( gli sciti, che abitano soprattutto quest'area, 
erano trattati davvero come schiavi da Saddam, che era sunnita). Ma l' 
Iraq, in realtà, sarebbe un Paese ricco: non parlo solo degli storici 
proventi del petrolio, ma di tutto il suo enorme patrimonio 
archeologico, derivante da un incredibile incrocio di civiltà ( caldea, 
assiro-babilonese,ebraico-cristiana, mussulmana). Patrimonio di cui il 
nuovo governo ha capito le forti potenzialità turistiche, e di 
complessivo volano dell'economia.
Qual è lo stato della libertà di culto? 
Nel
 Paese oggi c'è una piena libertà di culto, e si può accedere 
tranquillamente ai luoghi sacri alle varie fedi. Abbiamo visitato così, 
ad Ur, i luoghi di Abramo e la celebre Ziggurat, edificio religioso , ma
 anche osservatorio astronomico, costruito più di 4.000 anni fa (evento,
 questo,  ripreso anche dalla tv irachena); nell'area di Babilonia, il 
santuario del profeta Ezechiele ( citato anche nel Corano);  e poi le 
due città di Najaf e Karbala, ambedue sacre per l' Islam, specie quello 
scita, coi santuari degli Imam Alì  (cugino e genero di Maometto) e 
Hussain. A Nassirya abbiamo piantato un ulivo, là dove avvenne, alla 
base dei carabinieri, il sacrificio dei nostri militari, e alla Camera 
di Commercio abbiamo potuto incontrare esponenti di tutte le religioni. A
 Baghdad, infine, l'incontro con le comunità cristiane; e siamo stati 
ricevuti dai vari ministri del Governo per i Culti, parlando anche dei 
risultati del lavoro della Commissione vaticana per il dialogo tra 
cristiani e mussulmani.
E qual è la situazione dei cristiani in Iraq? 
Su
 una popolazione di circa 33 milioni di persone, i cristiani sono 
senz'altro una minoranza, però consistente e articolata (ci sono, 
infatti, cattolici e cristiani caldei, nestoriani, siriani, armeni, 
ortodossi, protestanti). Mi ha accompagnato, nel viaggio, il vescovo di 
Baghdad; e abbiamo agito in piena sintonia con Papa Francesco, la 
Segreteria di Stato e il nunzio apostolico in Iraq, l'arcivescovo 
Giorgio Lingua. 
Quali iniziative seguiranno a questo  viaggio, Monsignore? 
Sul
 piano più strettamente religioso, l' Opera Pellegrinaggi è felice di 
poter dire che, se tutto procede bene, già dal prossimo autunno, 
speriamo dal 22 ottobre, festa del beato Giovanni Paolo II, potranno 
iniziare regolari pellegrinaggi in Iraq, partendo da Amman, in 
Giordania, con voli per Bassora e Babilonia. Mentre questo viaggio è 
stato importante anche ai fini della ricostruzione e della futura 
crescita economica dell' Iraq: abbiamo avviato contatti - che io sto 
proseguendo  da qui - con gruppi di nostri imprenditori che potrebbero 
investire nel Paese, per la ricostruzione di scuole, ospedali, alberghi,
 e per il recupero  di vari siti archeologici.  
Prossime mete? 
Un
 mio futuro sogno è poter andare anche in Siria (dove si recò, in 
situazione diversissima da quella di oggi, Giovanni Paolo II nel 2000): 
sperando che, come già accaduto in Libano, in Israele e a Serajevo, l' 
Opera Pellegrinaggi possa contribuire a una soluzione pacifica della 
grave crisi in atto.