"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

16 agosto 2012

A Baghdad si prega per Maria ma anche per la Siria

 
By Baghdadhope*

Il 14 di agosto nella chiesa caldea di Mar Eliya al Hiri a Baghdad si è svolta una grande celebrazione per la vigila della festa dell’Assunzione di Maria. La Santa Messa però, come ha spiegato a Baghdadhope il parroco, Padre Douglas Al Bazi, non è stata dedicata solo alla Vergine Maria ma anche all’intera popolazione siriana sofferente a causa della guerra civile in corso.
“Abbiamo pregato” ha detto Padre Al Bazi, “per tutti i nostri fratelli siriani perché noi iracheni sappiamo bene cosa vuol dire vivere in guerra, soffrire, temere per il futuro.”
“Con le nostre preghiere abbiamo espresso la nostra solidarietà e vicinanza”.
Solidarietà e vicinanza che commuovono considerando quanto ancora gli iracheni stiano soffrendo a causa dell’instabilità del paese e che non hanno mancato di suscitare gratitudine espressa alla chiesa di Mar Eliya al Hiri attraverso tre messaggi inviati dal vescovo siriano Mons. John Battah, dalla Diocesi Maronita di Aleppo e da Padre Joseph Tobji sempre di Aleppo.
Interrogato se qualcuna delle famiglie della sua parrocchia fuggite in Siria nel corso degli ultimi anni a causa della pericolosa situazione irachena abbia fatto ritorno a Baghdad Padre Al Bazi ha affermato di non avere notizie a proposito ma ha anche ribadito come è probabile che a frenare il ritorno di molti possa essere il desiderio di non perdere il posto faticosamente conquistato nelle liste dell’’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite per la ricollocazione dalla Siria in paesi terzi.

Una decisione che fa riflettere: se gli iracheni, ed in questo caso gli iracheni cristiani, accettano di rimanere nell’attuale situazione siriana pur di poter eventualmente emigrare in occidente vuol dire che tutto, ma proprio tutto, è meglio di tornare nell’Iraq da cui sono fuggiti, a dimostrazione che per loro non è ancora finito il tempo del dolore.