By Baghdadhope*
All'incontro dei vescovi cattolici degli Stati Uniti che si terrà ad Atlanta dal 13 al 15 giugno si parlerà anche di libertà religiosa negli Stati Uniti ed all'estero.
A relazionare sulla situazione dei cristiani in Iraq sarà Mons. Shleimun Warduni, vicario patriarcale caldeo che, di passaggio a Roma dopo aver partecipato alle giornate mondiali di Milano dedicate alla famiglia, ha accennato a Baghdadhope i punti chiavi della sua relazione in programma ad Atlanta.
"Il mio intervento si concentrerà sulla chiesa caldea e sulla sua storia. Naturalmente parlerò anche della situazione dei cristiani in Iraq e sulle conseguenze della guerra. Dell'insicurezza in cui ancora viviamo, delle minacce e delle violenze che hanno quasi interamente svuotato alcune zone delle città dove vivevano molti cristiani, come a Dora, una zona di Baghdad dove ai cristiani sono state lasciate solo terribili alternative: abbandonare le case, convertirsi all'Islam, pagare la jizya, la tassa cioè chiesta dal Corano ai sudditi non-musulmani che vivono nella Umma islamica, dare in sposa le proprie figlie ai capi islamici della zona o essere uccisi. Ricorderò i nostri martiri, tutti i cristiani che hanno perso la vita in questi anni e tra essi Mons. Faraj Raho, l'arcivescovo di Mosul rapito ed ucciso e Padre Ragheed Ganni, il giovane sacerdote di Mosul ucciso a sangue freddo davanti la sua chiesa. Queste minacce e queste violenze sono alla base della piaga che maggiormente ci affligge: l'emigrazione che ha sparso i nostri fedeli in tutti i continenti e che ha ulteriormente ridotto il numero dei cristiani in Iraq. Per quelli che vivono ora negli Stati Uniti chiederò ai vescovi americani di far il possibile perchè possano essere garantiti loro i pieni diritti.
L'Iraq è un paese ancora pieno di problemi ma nonostante ciò quello che vogliamo, che io personalmente voglio con tutto il cuore, è un paese unito in cui tutti collaborino per il bene comune lasciando da parte gli interessi legati ai partiti ed alla religione."