By Baghdadhope*
Si torna a parlare di un possibile viaggio in Iraq del pontefice romano. La storia del tentato pellegrinaggio papale nella terra di Abramo è vecchia. Il primo tentativo risale infatti al 1998 quando ad esprimere il desiderio di visitare Ur, la città di Abramo, fu Giovanni Paolo II. Quel viaggio fu annullato a causa di diversi impedimenti legati al particolare periodo storico in cui versava l’Iraq stretto nella doppia morsa del regime di Saddam Hussein e dell’embargo internazionale.
Nel 2009 a ritornare su un possibile viaggio, questa volta di Benedetto XVI, fu Mons. Mikhail Jamil, procuratore della chiesa siro cattolica presso la Santa Sede e visitatore apostolico in Europa, che ne aveva parlato nel corso di un’intervista radiofonica ad un emittente cristiana del nord dell’Iraq. L’ipotesi avanzata a marzo da Mons. Jamil, ignorata da quasi tutti i media, trovò conferma nell’autunno dello stesso anno quando a parlare di una visita papale a Ur fu Qusai al Abbadi, presidente della giunta regionale del governatorato di Dhi Qar che, reduce da una visita in Vaticano, riferì di aver consegnato al papa l’invito, e che una fonte dello stesso Vaticano gli avrebbe riferito la disponibilità del pontefice. Alle parole di al Abbadi si unirono poi quelle di Talib al Hassan, il governatore della provincia che affermò di aver esteso l’invito all’intera comunità irachena cristiana.
Adesso a rilasciare dichiarazioni che sembrerebbero confermare la possibilità del pellegrinaggio papale ad Ur è il vice presidente del consiglio provinciale di Dhi Qar, Abd Alhadi Mohan, che ha parlato di contatti tra il Vaticano e la provincia, rappresentanti della quale “si recheranno in Vaticano per mettere a punto i dettagli della visita che dovrebbe avvenire entro l’anno”.
Lo scopo della visita del papa, ha continuato Mohan, è “visitare il sito archeologico di Ur e la casa del profeta Abramo”, un viaggio la cui preparazione è iniziata già nel 2009.
Una visita del pontefice incoraggerebbe, secondo Mohan, le compagnie straniere ad investire nell’area, una possibilità che rappresenterebbe un punto di svolta per la stessa, oltre che servire a dimostrare al mondo come l’Iraq sia patria di tutte le religioni.
Che si tratterebbe di una visita importante lo ha affermato anche un parlamentare del Blocco del Popolo Caldeo Siro Assiro che l’ha definita “storica per l’Iraq e tutto il Medio Oriente”, e che ha sottolineato “il positivo impatto psicologico” che essa potrebbe avere sui cristiani che hanno lasciato l’Iraq a causa delle violenze ed ai quali potrebbe essere indirizzata una lettera che li invitasse a tornare in patria.
Per quanto riguarda invece, l’organizzazione della visita, non c'è chiarezza. Se la maggioranza delle fonti, infatti, riferisce l'opinione del parlamentare cristiano secondo la quale l’attuale situazione relativa alla sicurezza la rende ora possibile, secondo Radio Free Iraq lo stesso deputato avrebbe affermato che, proprio per ragioni di sicurezza, la visita papale sarà annunciata solo all’ultimo momento.
Baghdadhope ha parlato dell’eventualità di una visita di Benedetto XVI in Iraq con Mons. Shleimun Warduni, patriarca vicario caldeo di Baghdad.
Monsignore, cosa sa il Patriarcato caldeo della notizia data da molti siti iracheni?“Quando il Pontefice si reca in visita in un paese ci si prepara per accoglierlo ma qui non ci sono preparativi di sorta. Mercoledì scorso ero presente all’udienza generale con il pontefice a Roma ma nessuno in Vaticano mi ha parlato di una tale visita, né per confermarla né per smentirla.”
Poniamo che la notizia abbia fondamento e la visita si realizzi. Nella situazione che l’Iraq sta vivendo qual è il suo pensiero al riguardo?
“Certo mi auguro che il Santo Padre possa visitare l’Iraq, paese per il quale ha sempre pregato. Gli iracheni cristiani desiderano che tale visita si realizzi e penso che anche la maggioranza della popolazione lo accoglierebbe bene, non l’unanimità, certo, ma la maggioranza. “
Monsignore, c’è chi sostiene che una visita del Papa potrebbe convincere molti cristiani che sono fuggiti all’estero a tornare in patria. Pensa possa essere davvero così?
“Sarebbe bello, ma non è facile. Non nego che la presenza del Papa in Iraq possa avere un’influenza positiva in questo senso ma direi che è ottimistico collegare le due cose. Perché i cristiani che sono fuggiti all’estero tornino c’è bisogno di garantire loro la pace, la sicurezza ed il lavoro che per ora ancora non ci sono.”
In Iraq coesistono molte confessioni cristiane ma non tutte sono cattoliche. Oltre a ciò è noto che i rapporti tra la chiesa caldea e quella assira dell’est (non cattolica) non sono tra i migliori. Il sostenere, come ha fatto ultimamente anche il Cardinale Delly, che i caldei siano etnicamente tali perché discendenti degli omonimi abitanti di Babilonia non è gradito a chi, come gli assiri, sostiene invece che il termine caldeo si riferisca non ad una “caldeità etnica” ma solo a coloro che, appartenenti originariamente alla chiesa dell’est divisa da quella di Roma a causa delle dispute cristologiche, tornarono successivamente in seno alla chiesa cattolica. Lei pensa che la visita del Santo Padre potrebbe esacerbare tali tensioni o creare fratture tra le diverse componenti cristiane del paese?
“ Per quanto sia prematuro parlare di eventuali tensioni visto che la visita è per ora, e per quanto ne so, solo un’ipotesi, non posso però escluderle. Alcuni gruppi che tendono ad estremizzare i punti di contrasto potrebbero approfittare di tale visita per creare divisioni. Certo le differenze esistono, noi ribadiamo il nostro essere etnicamente caldei ma ciò non ci ha mai impedito di accogliere con affetto i patriarchi delle altre chiese. Anche Mar Dinkha IV, patriarca della chiesa assira dell’est, quando ha visitato il nord dell’Iraq è stato accolto con calore dai fedeli caldei nei loro villaggi. Ci aspettiamo che simile accoglienza venga riservata anche al nostro Santo Padre.
Assiri, caldei, siri, armeni, siamo tutti diversi ma siamo anche tutti cristiani. Per questa ragione noi amiamo tutti e vogliamo che ognuno viva le proprie tradizioni nel nome dell’amore che Gesù ha insegnato. Seguire i fanatici vuol solo dire smarrire lo spirito di Cristo Salvatore e la speranza di salvezza che viene dall’amore e dal sacrificio gli uni per gli altri in nome dell’unità.”
Tornando al possibile arrivo del Papa in Iraq: le notizie parlano di una visita ad Ur, nel governatorato di Dhi Qar, dove però risiedono davvero pochi cristiani. Lei pensa che il viaggio potrebbe includere anche Baghdad, sede della Nunziatura Apostolica, della chiesa latina e di quella caldea che, tra le chiese cattoliche, raccoglie il maggior numero di fedeli in Iraq?
Assiri, caldei, siri, armeni, siamo tutti diversi ma siamo anche tutti cristiani. Per questa ragione noi amiamo tutti e vogliamo che ognuno viva le proprie tradizioni nel nome dell’amore che Gesù ha insegnato. Seguire i fanatici vuol solo dire smarrire lo spirito di Cristo Salvatore e la speranza di salvezza che viene dall’amore e dal sacrificio gli uni per gli altri in nome dell’unità.”
Tornando al possibile arrivo del Papa in Iraq: le notizie parlano di una visita ad Ur, nel governatorato di Dhi Qar, dove però risiedono davvero pochi cristiani. Lei pensa che il viaggio potrebbe includere anche Baghdad, sede della Nunziatura Apostolica, della chiesa latina e di quella caldea che, tra le chiese cattoliche, raccoglie il maggior numero di fedeli in Iraq?
“Penso sia impossibile pensare al Papa in Iraq e non pensare che visiti Baghdad. Anche in occasione della progettata visita poi annullata di Papa Giovanni Paolo II nel 1998 erano stati progettati diversi incontri nella capitale tra cui addirittura la celebrazione della Santa Messa alla stadio. Il Papa non viaggia per il mondo per vedere i luoghi, per quanto importanti siano per la storia della chiesa. Egli viaggia per incontrare i popoli, i fedeli, e soprattutto i giovani che, sono certo, qui in Iraq lo accoglierebbero a braccia aperte.”