"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

13 dicembre 2024

Siria. Card. Sako: “Una grande sorpresa per tutto il Medio Oriente. Speriamo che i capi dell’opposizione siano sinceri”

12 dicembre 2024
Daniele Rocchi

“Una grande sorpresa. Non solo per i siriani ma per tutto il Medio Oriente. È stato un evento rapido che ha portato un grande cambiamento. Speriamo bene per la Siria”. Così il patriarca caldeo di Baghdad, card. Louis Raphael Sako, commenta la repentina caduta del regime di Bashar Al Assad per mano delle milizie di Tahrir al-Sham (Hts).
“Ho parlato con altri patriarchi, anche ortodossi, e con il nostro vescovo caldeo, mons. Antoine Audo, che si trova ad Aleppo: tutti sono concordi nel manifestare speranza per il futuro anche se non nascondono timori”, aggiunge il cardinale. “I capi dell’opposizione armata che hanno preso il potere parlano di un regime civile, di una Siria nuova, rispettosa dei diritti dell’uomo e con un Governo che dovrà vedere la partecipazione di tutte le componenti politiche e sociali. Speriamo che siano sinceri”.
Quanto potrebbe influire una Siria pacificata sull’Iraq e sul Medio Oriente?
Se le cose si svolgeranno in maniera pacifica tutta la regione ne avrà beneficio, non solo l’Iraq ma anche il Libano, Israele, la Turchia, la Giordania, lo stesso Iran. Ne sono certo.
In questo caso, crede che molti siriani, anche cristiani, fuggiti dalla guerra civile torneranno in patria?
Penso di sì. I cristiani siriani erano il 20% della popolazione, ora solo l’1%. Tanti sono in Turchia, in Giordania, in Libano e anche in Iraq. Perché tornino occorre che ci siano condizioni politiche, sociali ed economiche favorevoli. Che riabbiano indietro le loro case, il loro lavoro, le loro proprietà. In sintesi un futuro. E questo vale anche per altri Paesi della regione che, è bene dirlo, devono rivedere le loro posizioni. Non possono pensare di mantenere il loro potere per sempre. In Siria in pochissimi giorni è cambiato tutto.
La parola chiave è sempre più “cittadinanza” che, se applicata, elimina le diseguaglianze tra i cittadini, i settarismi. Siamo tutti uguali, non ci sono differenze tra persone di fedi politiche e credenze religiose diverse. Ognuno deve essere libero di credere o no. Dio rispetta la libertà dell’uomo e noi non dobbiamo forzare la gente a praticare la religione o trasformare la religione in una ideologia da imporre con la forza. La riconciliazione, la pacificazione e il dialogo sono strumenti per risolvere le controversie. A questo riguardo spero tanto che presto si possa arrivare ad un accordo per il cessate il fuoco a Gaza e per la liberazione degli ostaggi.
Com’è la situazione in Iraq adesso?
La situazione è un po’ tesa visto quanto accaduto in Siria. C’è un po’ di paura tra la gente e ci si chiede quali conseguenze questo cambio di regime dopo Assad potrà avere in Iraq. Crediamo che eserciti, milizie e armati debbano essere sotto il diretto comando dei Governi centrali. La pace e la guerra devono essere decisioni che solo i Governi possono prendere e non altri.
A proposito di milizie, fa discutere in Iraq la presenza della Brigata Babilonia, comandata da Ryan “il caldeo”, che ha legami con l’Iran. Composta da cristiani e da musulmani sciiti del sud dell’Iraq, su questa milizia e il suo capo pendono accuse di corruzione e esproprio illegale di proprietà dei cristiani assiri nella piana di Ninive…
Questa brigata attua il proprio potere soprattutto nella Piana di Ninive che governa anche mettendo mano su tutto ciò che è cristiano. Questa situazione è destinata a finire. La volontà dei cristiani deve essere rispettata, come anche le loro proprietà. I membri di questa milizia facciano politica come gli altri e lascino liberi i cristiani. I loro miliziani non possono essere “usati” contro i cristiani, per scopi personali. Le nostre sono comunità pacifiche che cercano solo il bene dell’Iraq.
Non è lecito ottenere, con il denaro, l’appoggio di appartenenti al clero per portare avanti obiettivi che nulla hanno a che vedere con il bene comune. Questo “fenomeno della corruzione” confligge con la morale cristiana e deve spingere alcuni, anche nella Chiesa irachena, a rivedere il proprio atteggiamento: non si possono accettare soldi sottratti al bene comune.
Dobbiamo avere una voce pubblica, profetica, per difendere i diritti dell’uomo, i poveri e coloro che sono oppressi e non cercare i nostri interessi particolari.
Nel 2014 i terroristi dello Stato islamico invadevano la Piana di Ninive, luogo simbolo della cristianità irachena, costringendo 120mila cristiani a fuggire. Dopo 10 anni quanti sono i cristiani che vi hanno fatto ritorno?
Dopo la liberazione dallo Stato Islamico, il 60% dei cristiani sono ritornati, gli altri sono rimasti in Kurdistan dove hanno trovato una nuova casa e un nuovo lavoro. Ma ci sono tanti, in questo 60%, che hanno scelto di emigrare. Una forte spinta a partire è stata determinata dalla presenza di milizie armate che controllano tutto e anche dal tragico incendio, il 26 settembre 2023, in una sala durante un matrimonio a Qaraqosh. 133 morti, centinaia di feriti. Un numero doppio rispetto alla strage alla cattedrale siro cattolica di Nostra Signora del Soccorso, a Baghdad, nel 2010, dove si contarono una cinquantina di morti. Sono famiglie che hanno perso fiducia nella politica, nei Governi, temono per il futuro, non si sentono libere e non vedono stabilità e sicurezza. Tuttavia, spero che l’Iraq possa trarre una lezione benefica da quanto accaduto nel suo passato.
Nonostante le sue grandi risorse e ricchezze naturali, cosa impedisce all’Iraq di prosperare e garantire un futuro stabile ai suoi cittadini?
La corruzione. Incontrollabile. Milioni e milioni di dollari che vanno via. La corruzione è diventata cultura in Iraq.
Per sconfiggerla i Governi devono creare occupazione, servizi, infrastrutture, costruire strade, scuole, ospedali, centrali elettriche. A questo deve servire il denaro pubblico, per il bene comune, e non per gli interessi personali, di partito, di tribù, fazioni e di pochi altri. In Iraq il settarismo è ancora un problema grande anche se con questo Governo le cose sembrano andare un po’ meglio. Tutti i responsabili politici devono lavorare per dare al popolo, a tutto il popolo, una vita dignitosa, rispettosa dei diritti e un futuro di pace.
Non propriamente un compito facile se pensiamo anche all’influenza di Paesi stranieri, come l’Iran, sull’Iraq…
Ribadisco che bisogna rispettare la sovranità di ogni Paese e mantenere buone relazioni tra Governi e leader, anche religiosi. La collaborazione e l’amicizia fra le comunità religiose è importante perché, come disse Papa Francesco nella sua visita in Iraq, nel 2021, “coltivando il rispetto reciproco e il dialogo, si può contribuire al bene dell’Iraq, della regione e dell’intera umanità”.
Ricordando quel viaggio papale non possiamo dimenticare la visita a Najaf del Pontefice al grande ayatollah Sayyid Ali Al-Husayni Al-Sistani, leader della comunità sciita nel Paese. Da quell’incontro prese le mosse un cammino di dialogo che lei stesso ha cercato di sostenere in questi anni. Con quali esiti?
Il cammino e i legami interreligiosi sono molto vivi. Anche se non possiamo incontrarci molto, perché l’ambiente non lo facilita, ci sentiamo spesso. Noi cristiani abbiamo rapporti amichevoli con sciiti, sunniti e con altri gruppi religiosi. Il problema non sono i capi religiosi ma i politici. Tutto è legato alla politica del Paese che deve perseguire il buon governo dell’Iraq. Le religioni devono dare il loro contributo eliminando al loro interno divisioni e frammentazioni. Con l’unità si prepara l’avvenire del Paese.
Più volte lei ha auspicato un documento, analogo a quello sulla Fratellanza umana di Abu Dhabi, firmato con l’imam sunnita Al Tayyeb, con il mondo sciita. Sono maturi i tempi per un testo simile?
Penso di sì. Ricordo le parole di Al Sistani rivolte ai cristiani prima dell’arrivo del Papa e che campeggiavano in grandi poster a Najaf e a Baghdad: “Voi siete parte di noi e noi parte di voi”. Parole chiare di fratellanza.
Io credo che ci sia lo spazio per redigere un documento con il mondo sciita nel quale l’Iran ha un suo peso. Un documento che potrebbe educare i fedeli delle due religioni, rassicurarli sull’importanza del dialogo, sul fatto che siamo fratelli nell’umanità e nella fede abramitica. Bisogna accelerare il passo per trovare una strada per arrivarci.
Eminenza, siamo vicini al Natale e mai come quest’anno la festa si inserisce tra le pieghe di conflitti vecchi e nuovi, Gaza, Palestina, Israele, Libano. Che Natale sarà questo che sta per arrivare?
Il Natale non è solo per i cristiani ma è per tutta l’umanità. Gesù, Figlio di Dio, nasce per incarnare valori spirituali e umani di pace, di speranza, di dignità, di diritti, valori che sono espressione divina. Dio ha creato l’uomo perché vivesse felice. Tutti gli uomini sono chiamati a vivere da figli di Dio e quindi da fratelli. I leader politici devono sentire questa coscienza e questa responsabilità. Tutto ciò che Dio ha fatto è per l’uomo. Vivere negando questi valori vuol dire negare l’ordine internazionale nel quale l’uomo costruisce la sua vita e dignità di figlio di Dio.
Natale è una chiamata per tutti, cristiani e musulmani, per coloro che credono e che non credono. Noi come Chiesa non dobbiamo avere paura di parlare di questo, non essere timidi. Gesù ha preparato la strada alla vera felicità dell’umanità. Questo è l’annuncio.

10 dicembre 2024

Pastoral letter for the Holy Year 2025. The Jubilee is a spiritual opportunity for “new beginnings” for the Church and for all humanity

Cardinal Louis Raphael Sako 

 The motto of Hope
“For you have been my hope, Sovereign Lord, my confidence since my youth” Psalm 71:5. This verse from Psalms powerfully expresses the motto chosen by Pope Francis for the Holy Jubilee Year 2025, “Pilgrims of Hope,” which will begin in a few weeks.
Hope is a deep explanation of the Jubilee. Hope does not come from outside, but from the Lord, and it brings us consolation. Hope moves everything forward, so we must keep its flame burning within us, and carry its light into the darkness of a divided and wounded world.
We should not confuse hope, with an emotional feeling of optimism for positive results in the face of life’s difficulties, with hope, which is a great theological virtue and a faith-based attitude for living with confidence and stability.
The basic question posed to us in the Jubilee Year is: How do we firm hope in people? And how do we carry it to a world that seems to have withdrawn from it?

Reconciliation is at the heart of the Jubilee
The Jubilee is a long-standing tradition, with great spiritual value. The Catholic Church has lived it throughout its long history, making it a sacred time for believers. The Jubilee is a time of faith and spirituality, rooted in the Bible, aimed at purifying oneself and restoring one’s relationship with God, with others with whom we live, and with creation. This is what the Pope’s letter (we are all brothers – Fratelli tutti) calls for, and to be responsible for our common home (be praised – Laudato si’). The word “Jubilee” refers to the celebration of the joy of reconciliation and forgiveness that we receive from God and from others.
This change cannot be achieved without strengthening our trust in God and our obedience to Him, through prayer and listening to the Holy Spirit who guides us in times of sin, crises and fatigue, as the Synod of the Synodality of October 2024 confirmed.
We pastors are called first and foremost to examine ourselves and our fidelity to the mission entrusted to us as witnesses who listen to the Holy Spirit to guide our people to what God wants. We are pastors to bring the joy of the Gospel, the love of God, His mercy and forgiveness, and not to manage the affairs of the Church as businessmen!
I also invite the faithful to read carefully the Encyclical Letter “He loved us- Dilexit nos” of Pope Francis, which has a spiritual value for this Jubilee. It helps us to reflect on the theme of the Jubilee and to have the hope that leads us on an “inner spiritual pilgrimage and sharing love (God’s love for us) with others. This love frees us from self-aggrandizement, selfishness, corruption and the spirit of revenge.

Courageous reconciliation is the first step of the Jubilee
The Jubilee is an opportunity to begin a new phase that the Bible calls repentance, to get rid of the painful past and start better to live in peace, joy and happiness. The first step we take to awaken our truth is reconciliation and change through examining our conscience: events, self-truth, and relationships in a confused society.
The great change involves the way of living the faith and living relationships at all levels in society and the Church, with special attention to the dimension of behavioral change.
Reconciliation lies in addressing hostility, resentment, and the spirit of revenge through clear admission of wrongdoing, deep inner regret for what we have done wrong, the courage to ask for forgiveness, and the attempt to change our behavior so that we may live in peace and harmony. Just as God opens the door of mercy, grace, and forgiveness to those who truly repent, we too must forgive those who have wronged us and ask forgiveness for those whom we have wronged. Is it not to this repentance that the official opening of the doors of the major churches at the beginning of the Jubilee indicates?
Admitting mistakes and asking for forgiveness are essential steps to healing wounded memories. This is what Jesus Christ taught in Our father’s Prayer: “Forgive us our trespasses, as we forgive those who trespass against us” (Matthew 6:12). “If you do not forgive others their trespasses, neither will your father forgive your trespasses” (Matthew 6:15).
Thanks to this mercy that we receive from God and accept, we can forgive others for their wrongdoings against us and transform “forgiveness and reconciliation” into joy.
The Jubilee is a unique opportunity to reach out to others, towards mutual review and fraternal disclosure under the inspiration of the Holy Spirit. For the courage of mutual reconciliation, and the joy that flows from it, is incomparable to that of unchristian disputes and alignments.
The Church has an educational and pedagogical mission, which was emphasized by the Synod of Synodality. The sinodal-conciliar Church is a living Church with a mission. Here I think about the importance of Christian Formation according to the orientations proposed by the catechism documents decades ago, which I believe we Easterners have not benefited from! This is because the correct formation becomes a formation-transformation. Here I mention the issue of reviewing the role of language, terminology and style in transferring the faith, communicating with the needs and expecting’s of believers, and the necessity of training preachers and teachers of “catechism” on sustainable developments.

The Jubilee and Human Tragedies are an Opportunity for a More Honest Humanity
How can we nurture hope for peace in the face of the families of those who lost their lives in conflicts, wars and terrorism, or people who lost their homes, properties and jobs and live in camps dominated by fear, poverty and need for everything?
The future of a better world requires abandoning the manufacture of advanced and deadly weapons and focusing on eliminating the causes of destructive conflicts and tragedies of injustice, greed, corruption and carelessness, and creating balances, stable harmony and security between peoples and countries.
As Christian, Muslim and Jewish believers, we must realize that God is for all and wants good for all. The injustice that is happening in our world is completely contrary to the will of God, who created man and loves him and created the universe: “God saw that it was good ” (Genesis 1:12) and sustains it.
The Church (and other religious authorities) has a great commitment to raise its prophetic voice loudly in support of tangible solutions, in changing the way of living fraternal relations, in peace, stability and equality, in freedom, dignity and respect.
This approach to current issues is based on Christ’s announcement of his Jubilee program in the Nazareth Council, based on the text of the Prophet Isaiah (61/1-2): “The Spirit of the Lord is upon me, because he has anointed me to preach good news to the poor. He has sent me to proclaim freedom to the captives and recovery of sight to the blind, to set at liberty the oppressed, to proclaim a year of the Lord’s favor” (Luke 4/18-19).
Yes, the Church needs a new strategy to link these humanitarian and social issues with faith. The Church can draw on all people of good will, and there are many who want to do something for peace and stability. Pope Francis said: “I hope that the Jubilee will be an opportunity for a ceasefire in all the ongoing conflicts” (in his introduction to the book entitled “The Jubilee of Hope, December 4, 2024”). This is hope.

Activities

On the common level:
The Patriarchate and the dioceses inside and outside the country will certainly organize various activities, including:
Organizing a spiritual and liturgical service for the Jubilee: common prayers and special masses, meditation sessions on the Word of God and common penitential services.
Volunteer generously in the service of charity: serving the poor, the sick and the disabled. Pope Francis says that every act of mercy is a sign of hope (Sunday Mass homily 11/17/2024 on the Day of the Poor).
It is preferable for each diocese to organize a group or more for pilgrimage to the holy places, with the number limited to 30-40 to continue throughout the year. This organization ensures the continuity of our church’s presence in these church gatherings of high spiritual value.
Visiting four churches in the diocese, and the global shrines in Rome, Assisi, Cascia and Lourdes in France, and Our Lady of Fatima in Portugal or the Basilica of Saint Theresa in Cairo where the statue of Our Lady of Fatima stands. I also emphasize pilgrimage to our roots in Iraq and the ancient monasteries and churches: the Monastery of Rabban Hormizd, Mar Oraha, the Church of the Immaculate Conception in Mosul, Mar Isaiah and Miskanta, and the Church of Kokhi and Our Lady of Sorrows in Baghdad and the new Church of Abraham al-Khalil in Ur al-Nasiriyah.
In Baghdad, we have formed a committee to organize the pilgrimage inside and outside Iraq.
The faithful lesson of the Jubilee and of Christmas, which is approaching: to learn from the experience of Mary, Joseph, the shepherds and the Magi: to deepen our faith and trust amid many changes and difficult challenges, and to listen to the Word of God through events-signs, and deep contemplation. When we let His voice speak to our hearts, then we will clearly find everything that God wants to say to us, so that we can embody it with joy and pass it on with hope to others.
Let us place this journey under the protection of our Mother Mary, so that she may accompany us in the Jubilee Year and in our entire journey of faith, as she accompanied her Son Jesus.

A Holy Jubilee Year for All

1 dicembre 2024

Proposed amendments to Iraqi law undermines women’s dignity, says human rights expert

Georgena Habbaba
November 29, 2024

Recent attempts to amend Iraq's Personal Status Law — a civil set of laws regarding family life — have sparked significant controversy.
The proposed amendments pertain to issues such as the minimum marriage age for females, registering marriages in courts, divorce rights, and child custody and would have “no positive outcomes,” according to Dr. Muna Yaqo, Chairperson of the Independent Human Rights Commission in the Kurdistan Region.
“The amendment deprives women of their rights, such as pension,” Yaqo told ACI MENA, CNA’s Arabic-language news partner. “For instance, any wife whose husband does not derive physical pleasure from her, whether due to illness or old age, is denied a pension. This is a grave human rights injustice.”
It is not the first time attempts have been made to amend the Personal Status Law. The earliest attempts date back to 2003 when Abdul Aziz Alhakim, who had assumed the rotating presidency of the Transitional Governing Council, issued a decree repealing the law and reverting to Sharia law.
However, this decision was later rescinded.
Yaqo, an expert in international law and minority issues, clarified that the proposed amendment does not directly concern Christians, noting that “the first article specifies its scope of application for Muslims, granting Iraqis the right to choose between Sunni and Shia doctrines when contracting marriage.”
However, she pointed out, “As an Iraqi, it is disheartening to discuss a law that permits child marriages in 2024.”

A call for a unified Christian Personal Status Law

As a Christian, Yaqo sees an opportunity in the proposed amendment.
“If passed, it would strengthen the case for presenting a draft Personal Status Law specific to Christians.”
She urged Iraq’s churches to reach a consensus on issues like marriage, divorce, and inheritance to prepare a unified draft law.
Nevertheless, Yaqo expressed grave concern over the mere attempt to amend the law. “Iraq has been a party to the Convention on the Elimination of All Forms of Discrimination Against Women (CEDAW) and the Convention on the Rights of the Child for decades.
Enacting a law that contravenes these treaties would create a glaring contradiction in Iraq’s official stance.
Should the Parliament insist on passing the amendment, Iraq will face embarrassment as a country failing to honor its international commitments,” Yago said, adding: “By signing the Convention on the Rights of the Child, Iraq committed to prioritizing children’s welfare, focusing on education and health — not marrying off minors.”

A step backwards for women’s rights 
Yaqo called the proposed amendment a regression for women’s rights, undermining the dignity safeguarded by Iraq's Personal Status Law No. 188 of 1959.
“This is a significant setback,” she said.
“Instead of progressing, we are regressing. Legally, marriage is a consensual contract between two competent adults. How can a 9-year-old girl be deemed capable of entering such a contract?”
She further referenced jurisprudential sources.
“The Ja’fari school not only permits marriage for 9-year-old girls, but also allows infant betrothals and certain sexual practices with minors, such as fondling,” she said.
 
Constitutional challenges and contradictions 
Yaqo highlighted the complex political circumstances under which Iraq’s constitution was drafted.
“Unfortunately, compromises resulted in Article 41 of the Iraqi Constitution, which states: ‘Iraqis are free to adhere to their personal status laws according to their religions, sects, beliefs, or choices, to be regulated by law.’”
She also noted that Article 2 of the Constitution requires laws to align with the immutable principles of Islam. However, since there is no consensus between Sunni and Shia sects on issues like marriage and divorce, the Federal Supreme Court’s Decision No. 147 of 2023 — which defines Islamic principles as those unanimously agreed upon across all sects — renders reliance on Article 2 inapplicable. >
Yaqo argued that the recent amendment proposal was cleverly crafted by focusing on only two articles. However, modifying these would effectively dismantle the entire Personal Status Law, replacing it with sect-based jurisprudence.
Iraq’s Personal Status Law is considered one of the region’s most progressive.
Yaqo commended the Federal Supreme Court’s acknowledgment that Article 41 requires amending, stating, “This means it cannot serve as a basis for amending the Personal Status Law, as no law can be issued without a constitutional foundation.”

A unified civil law: Patriarch Sako’s vision
Chaldean Patriarch Louis Raphael Sako has also addressed the proposed amendments.
In a prior interview with an Iraqi TV channel, he reiterated his call for a unified civil law applicable to all citizens, regardless of religion — similar to the practices of advanced nations.
“Today’s reality differs from decades ago,” he said. “Women now hold leadership roles and occupy high positions in society.”
He drew attention to Biblical teachings affirming equality and complementarity between men and women, adding, “In Christianity, inheritance laws are equal for men and women. We do not consider women deficient in reason or faith.”
He also stressed that Iraqi churches do not permit marriage under the age of 18. Regarding divorce, the Patriarch explained that in Christianity, marriage is not a contract but an eternal covenant. Exceptions apply only when a marriage is deemed null due to “improper foundations.”

This article was originally published by ACI MENA, CNA's Arabic news partner, and has been translated and adapted by CNA.