"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

27 dicembre 2024

Cardinal Sako Celebrates Christmas mass in Presence Iraqi PM

December 25, 2024

Cardinal Sako
celebrated Christmas Mass in St. Joseph Cathedral; in Baghdad in presence of Iraqi prime minister Muhammad Shaya Alsoudani, Amar al Hakim and other muslim authorities.

Here is the homily of his Eminence

The Good News of Christmas: “Glory to God in the highest and on earth peace”
The great miracle of God is Jesus’ birth, through which we are born by the same God, our Creator and our Father.
The good news of Christmas is the revelation of the fatherhood of God, who calls us to reconcile ourselves with Him and with others, and to walk towards them with open and sincere hearts, imitating Christ in love and care for others.

Our celebration of Christ’s birth of Christ helps us to recall His message and to reflect on it carefully. In this way, we discover its true meaning so that it may be a support to us in our daily lives, not least in difficult times, filling our hearts with hope, especially this year since the occasion of Christmas brings us into the opening of the Holy Jubilee Year, when as pilgrims of hope we may be more humane and honest.
Christ’s birth offers us the possibility of a new birth within ourselves, in light, love, and truth, because the truth dwells within us – as Saint Augustine tells us (The True Religion 39/72). This is precisely the meaning of our celebration of Christmas.
Isaac of Qatar, also known to us as Bishop of Nineveh (7th century), informs us that Christmas Eve brings peace to mankind so that no one can be hurt.
Christ, our Light, teaches us to walk in the light of God: “I am the light of the world; whoever follows me will not walk in darkness” (John 8:12). We kindle this light through prayer: “Your word is a lamp to my feet and a light to my path” (Psalm 119:105). Those who believe in Him and hope in him walk tirelessly in His light.
We must try to deepen this awareness with constant wakefulness and a continuous effort to become true believers by embodying fraternal love with open-heartedness, freedom and generosity. 
Each of us has experienced painful moments in our lives, but that is not the end because Christmas gives us Christ’s hope to begin a new journey.
Being born again is the way to enter the circle of divine life and by this journey, to be in Jesus, with Him in us and, through Him, to be one with God. Jesus is the door through which we enter into true life: “I am the door; whoever enters by me will be saved” (John 1:9).
Christ’s birth requires of us a free, responsible personal choice and commitment. Thus, we must listen to the wonderful words of Jesus in the Gospel, meditate on them, discover their meaning and respond to them generously; thereby we will live in peace and harmony. Let us keep our eyes fixed on Him, especially in difficult times so that Christ may give our hearts the strength to move forward, freely and with no hesitation.

Let us ponder in our hearts the words of the Christmas hymn with which we began our Mass. It offers us a clear way to live the message of Christmas and to live as sisters and brothers in a new and authentic way, in utmost joy and happiness:
On Christmas Eve, hatred is wiped out; war is buried; the earth blossoms; Love sprouts…
When we give a thirsty person a cup of water, when we clothe the naked with a garment of love, when we dry the tears from the eyes, when we fill our hearts with hope, we are truly celebrating Christmas.
When I accept my companion as they are without deceit, when the spirit of revenge dies in me, when coldness disappears from my heart, when my soul dissolves in the being of God, I am truly celebrating Christmas.
Our world, exhausted by wars and conflicts, needs a new birth. What is happening in the region has created a state of fear and anxiety among people, but we should still have hope. The message of peace on Christmas Day is clear: “Glory to God in the highest and on earth peace.” This is a sign of great hope for the future of humanity. Let us think about it carefully and use money on projects that serve people instead of on weapons to kill people. Religious platforms were created to pray and direct people towards fraternity, peace, and the service of love and mercy.

As for the Iraqis:
Iraq is in a difficult situation due to the regional and international changes that have created a new situation in the region, so we call on everyone to shoulder their national and historical responsibilities, and work to solve the problems themselves, and not let others interfere in their affairs.
They must return to their Iraqi national identity, with full citizenship, true reconciliation and positive participation in all social, cultural, economic and political fields for the common good of all
They must return to the Nation State, the state of law and justice, a state that achieves the aspirations of its people and considers the religious and national diversity of society.
This reform will encourage our fellow countrymen who are émigrés to return to their country and contribute their skills for its construction and prosperity.
We ask God for safety and security for all.
Merry Christmas and a happy New Year that brings renewed hope, and may you, Iraq and the world find happiness and prosperity.

Il cardinale Sako: tenere accesa la fiamma della speranza in Medio Oriente

Francesco Ricupero
25 dicembre 2024

“Dobbiamo mantenere accesa la fiamma della speranza dentro di noi e portare la sua luce nell’oscurità di un mondo diviso e ferito”. Un mondo interessato da numerosi conflitti e che vede milioni di persone soffrire e morire. È tutta dedicata alla speranza la lettera pastorale sul Giubileo del patriarca di Baghdad dei Caldei, cardinale Louis Raphael Sako, che riprende il tema dell’Anno Santo 2025, “Pellegrini di Speranza” e spiega ai media vaticani in che modo l’Iraq e la comunità cristiana si sono preparati al Natale.

Eminenza, quale speranza per le comunità cristiane in Iraq nel tempo del Natale e con il Giubileo alle porte?
Il Giubileo vuol dire cambiamento positivo dal passato. Un cambiamento personale, ecclesiale e sociale per una vita nuova con rapporti di fraternità, vicinanza, riconciliazione e solidarietà. È un’opportunità unica per raggiungere gli altri. Ma è anche un’opportunità per un’umanità più onesta, il che presuppone di abbandonare la fabbricazione di armi e di concentrarsi sull’eliminazione delle cause di conflitti distruttivi e tragedie di ingiustizia, avidità, corruzione e incuria, e creare equilibri, armonia stabile e sicurezza tra i popoli.
Come si è preparata la Chiesa Caldea in occasione della nascita di Nostro Signore Gesù?
Abbiamo organizzato numerosi incontri di preghiera, meditazioni sulle letture dell’Avvento e ritiri con sacerdoti, consacrati e fedeli laici. Il Patriarcato ha messo a disposizione dei preti caldei 80.000 dollari per aiutare i fratelli poveri e in difficoltà. La carità è la via di vivere il Natale. Inoltre, la notte della vigilia si sono celebrate in diverse chiese le messe. Baghdad e altre città sono state decorate con alberi di Natale e luci anche da parte dei musulmani che apprezzano Gesù poiché il Corano ne parla con tanto rispetto.
La guerra nella Striscia di Gaza e in particolare la caduta del regime in Siria sta creando qualche ripercussione nel vostro Paese?
È stata una grande sorpresa. Non solo per i siriani ma per tutto il Medio Oriente. È stato un evento così rapido che porterà a un cambiamento. Speriamo bene per la Siria. I capi dell’opposizione armata che hanno preso il potere del Paese parlano di un regime civile, di una Siria nuova, rispettosa dei diritti dell'uomo e con un governo che vedrà la partecipazione di tutte le componenti politiche e sociali. Speriamo che siano sinceri. In Iraq la situazione è un po’ tesa per quanto accaduto. C’è un po’ di paura tra la gente e ci si chiede quali conseguenze potrà avere in Iraq questo cambiamento. Speriamo che il nuovo governo siriano prenda le giuste decisioni per salvaguardare il Paese e i cittadini che hanno molto sofferto finora.
Lei di recente ha lanciato un appello all'unità agli eredi della Chiesa d'Oriente. Crede che questo Suo invito venga preso in seria considerazione da tutti a breve? Qualcuno ha dato seguito alle sue parole?
Ad oggi, non ho ricevuto riscontri da parte delle autorità ecclesiastiche. Ma un grande appoggio da parte dei fedeli.
Più di 10 anni fa vi è stata la cacciata dei cristiani dalla Piana di Ninive. Tra la comunità cristiana è ancora vivo quel ricordo o si sta piano piano dimenticando per iniziare un nuovo corso?
Ciò che i cristiani hanno vissuto è vivo nella loro memoria. Tante famiglie sono divise fra l’Iraq e la diaspora. È triste. Dopo la liberazione dallo Stato Islamico, il 60 per cento dei cristiani sono ritornati, gli altri sono rimasti in Kurdistan dove hanno trovato una nuova casa e un nuovo lavoro. Ma ce ne sono tanti, in questo 60 per cento, che hanno scelto di emigrare. Non ci sono le condizioni per la sicurezza e stabilità durevoli per vivere in libertà e nel rispetto dei diritti. Una forte spinta a partire è stata determinata dalla presenza di milizie armate che controllano tutto e anche dal tragico incendio del 26 settembre 2023, quando in una sala di ricevimenti a Qaraqosh, durante un matrimonio, sono morte 133 persone e centinaia rimasero ferite. Tuttavia, spero che l'Iraq possa trarre una lezione benefica da quanto accaduto nel suo passato.
Lei da sempre invoca l'armonia, la pace e il dialogo interreligioso. Può dirci se vi sono stati passi concreti in tal senso nel corso degli ultimi anni?
Il cammino e i legami interreligiosi sono molto vivi. Anche se non abbiamo la possibilità di incontrarci molto, perché l’ambiente non lo facilita, ma ci sentiamo spesso. Noi cristiani abbiamo rapporti amichevoli con sciiti, sunniti e con altri gruppi religiosi. Abbiamo lavorato per sconfiggere l’odio. Il problema non sono i capi religiosi ma i politici. Le religioni devono dare il loro contributo eliminando al loro interno divisioni e frammentazioni. Con l’unità si prepara l’avvenire del Paese.
Ritiene che la strada verso la pace e l'armonia sia ancora minacciata da gruppi fondamentalisti che potrebbero metterla a rischio?
Penso di sì. La religione diventa uno strumento politico e non un rapporto libero di amore con Dio. Perciò, chiedo sempre di separare la religione dallo Stato. Sono due realtà diverse. La religione è per gli individui e lo Stato è per tutti. Lo Stato non deve avere una religione.
Cosa auspica per questo Natale per il suo Paese e per il mondo intero interessato da una guerra a pezzi come ha più volte detto Papa Francesco?
Il Natale è per tutta l'umanità. Gesù, figlio di Dio, nasce per incarnare valori spirituali e umani di pace, di speranza, di dignità, di diritti, valori che sono espressione divina. Dio ha creato l'uomo perché vivesse felice. Tutti gli uomini sono chiamati a vivere da figli di Dio e quindi da fratelli. Il Natale è una chiamata per tutti, cristiani e musulmani, per coloro che credono e che non credono. Noi come Chiesa non dobbiamo avere paura di parlare dell’annuncio di Gloria a Dio nell’alto di cielo e pace sulla terra, tutta la terra. Nella liturgia caldea cominciamo tutte le preghiere con la frase del Vangelo di Luca (2-14) “Pace sulla terra”, io aggiungo “la terra d’Iraq”.

Natale, patriarca caldeo: ‘Preoccupati’ da Siria e da indifferenza dell’Occidente

Dario Salvi
23 dicembre 2024

I cristiani iracheni si preparano ad un Natale di “attesa e preoccupazione” per la situazione regionale, dalla Siria al Libano passando per la Terra Santa in un crescendo di sangue e violenze che stanno incendiando ampie zone del Medio oriente. Il patriarca di Baghdad dei caldei, il card. Louis Raphael Sako, sta vivendo una vigilia caratterizzata da sensazioni alterne: da un lato i timori per quanto avviene oltre-confine, da Damasco ad Aleppo, da Homs ad Hama, dove “niente è sicuro” e sembrano mancare “una chiarezza di visione e una strategia lucida” per il futuro; a questo si aggiunge lo “scandalo” provocato dalla “indifferenza religiosa e umana” di un Occidente che sbandiera i “diritti” ma è “assente”. Al tempo stesso, racconta ad AsiaNews, è forte il desiderio di trascorrere “una giornata di gioia e normalità” godendo delle decorazioni in molte grandi città, dalla capitale Baghdad a Erbil, nel Kurdistan iracheno. Vie e piazze, aggiunge, sono state “decorate [anche] col contributo dei musulmani”, così come le case e le chiese “per un Natale di preghiera, speranza, pace e stabilità”.

Siria: sorpresa e timore
Uno dei fattori di maggiore criticità dell’ultimo periodo proviene dalla vicina Siria, che “per tutti è stata una sorpresa” racconta il porporato, per il crollo repentino del regime e i dubbi riguardo al futuro e alle rassicurazioni fornite dai vertici di Hay’at Tahrir al-Sham (Hts). “Le aspettative - prosegue - sono di vero cambiamento dopo anni di povertà, di settarismo, di tensione”. In questi giorni il card. Sako ha potuto parlare con il patriarca siro-ortodosso, col patriarca greco-cattolico e con lo stesso vescovo caldeo mons. Antoine Audo. “L’approccio prevalente è quello dell’attesa - afferma il primate caldeo - perché non vi è sicurezza in un’evoluzione seria e positiva: tutti aspettano le azioni e non le parole”.
Intanto vi è una sensazione diffusa di “timore” anche all’interno del Paese perché, spiega il patriarca caldeo, “la percezione è che anche l’Iraq sia un obiettivo. Io ho parlato con i responsabili di governo - aggiunge - e la volontà è di avviare un’iniziativa comune per trovare una soluzione interna ed eliminare il pericolo”. “Sono stati compiuti tanti passi [in questi anni] - afferma - ma il primo resta la sovranità dello Stato iracheno. A questo si deve aggiungere la lotta alla corruzione e il contrasto alle armi, che sono ancora diffuse. Serve collaborazione fra il capo dello Stato, il primo ministro e le forze di governo, non si possono lasciare le milizie da sole”. Il pensiero va poi a quanto successo 10 anni fa, fra l’estate e l’inverno del 2014, con l’ascesa dello Stato islamico (SI, ex Isis) che in poco tempo è giunto a conquistare fino a metà dei territori di Siria e Iraq. “Il pericolo - avverte - è che la storia si ripeta perché il background, lo ‘sfondo’ dal quale provengono questi gruppi è molto simile anche se l’evoluzione e i discorsi [finora] sono molto diversi, e questo ci dà speranza. Ma, ripeto, bisogna essere prudenti e aspettare i fatti”.

Cristiani e cittadinanza
Nel messaggio di Natale il patriarca caldeo ha ricordato la situazione “eccezionale” che stanno attraversando le nazioni della regione, con i loro cittadini che sperimentano un misto di “ansia e paura”. Ed è in questo clima che “si preparano a celebrare la nascita di Cristo, dei valori della fraternità, dell’amore, della pace, della sicurezza”. La Chiesa caldea, prosegue, esprime “la propria solidarietà a tutti coloro che vivono in circostanze difficili e ai bisogni umanitari a Gaza, in Libano, in Siria”. E rivolgendosi ai leader mondiali chiede loro di “mostrare responsabilità e coraggio nel trovare soluzioni pacifiche” per poter mettere fine ai conflitti nella regione.
Per quanto riguarda l’Iraq, la richiesta è di “mantenere un’identità nazionale” e di “costruire uno Stato fondato sulla cittadinanza” secondo “basi moderne” che sappiano garantire “l’uguaglianza di tutti gli iracheni, limitare le armi, combattere la corruzione e rifiutare settarismo e vendetta”. Parole che richiamano il monito lanciato dal leader sciita, il grande ayatollah Ali al-Sistani, per poi proseguire ricordando che i cristiani sono “fra i fondatori” dell’Iraq e fedeli alla nazione. Un legame che non è bastato a risparmiare loro loro due decenni di sofferenza a causa “dei conflitti, dell’aumento dei discorsi di odio” che imputa principalmente ad al-Qaeda e Isis, oltre al sequestro di proprietà ed emarginazione, che hanno provocato una massiccia migrazione.

Contro ogni settarismo
“La cittadinanza uguale per tutti, la fine del settarismo e del sogno di uno Stato islamico sono la soluzione” spiega il porporato, secondo cui “l’islam è una religione legata all’individuo e non deve prevalere a livello di ordinamento statale. E lo stesso - aggiunge - vale per il cristianesimo e l’ebraismo” secondo il principio per cui “non si mescolano fede e politica” pur salvaguardando “i valori delle religioni”. Il porporato attacca la logica “settaria e tribale” che porta a ragionare in termini di appartenenza: cristiani, musulmani sciiti, sunniti, curdi sono “diversità da rispettare” perché non costituiscono “una perdita dell’unità anzi, la rafforzano”. Da qui l’auspicio per una Costituzione “civile e non settaria: oggi - avverte - non si può parlare di uno Stato religioso come nel Medio evo” e gli stessi “Stati teocratici non hanno futuro”.
La logica di parte è presente anche fra i cristiani e, pure in questo caso, va contrastata così come il progetto “nazionalista” che non può essere paradigma della Chiesa, ma “compito dei laici. La Chiesa deve essere aperta a tutti e visibile a tutti, come avviene per le celebrazioni del Natale che saranno trasmesse dalla tv nazionale - sottolinea - e saranno seguite anche dai musulmani”. Vi è infine un richiamo al documento sulla “fratellanza umana” sottoscritto ad Abu Dhabi da papa Francesco e dall’imam di al-Azhar, che ha segnato una svolta col mondo sunnita. L’auspicio, avverte, è che si possa raggiungere una intesa analoga anche con l’universo sciita coinvolgendo “le autorità supreme di Iraq e Iran”. “Il messaggio ai cristiani nel mondo, e all’Occidente - conclude il primate caldeo - è che bisogna tornare ai valori umani e spirituali. L’ordine internazionale, per come lo abbiamo conosciuto, è finito. Ogni nazione persegue i propri interessi, senza pensare agli altri. Al contrario bisogna ritornare alle basi, al rispetto della vita, i diritti umani e la solidarietà fra nazioni, mettendo da parte egoismo e indifferenza, a partire da quella religiosa, che è fonte di scandalo”.

20 dicembre 2024

Patriarch Sako’s 2024 Christmas Message

December 18, 2024

His Beatitude Patriarch Cardinal Louis Raphael Sako sent the following Christmas and New Year message:

“Glory to God in the highest and peace on earth” (Luke 2/14)
It is nothing but words of hope from heaven for the future of fatigued humanity
In the midst of the current exceptional situation that the nations of our region are experiencing with anxiety and fear, Christians are preparing to celebrate the birth of Christ, the birth of hope, fraternity values, love, peace, security and goodness for all. The mission of Christ was and still is for humanity to be more honest living in an environment well-intentioned for human dignity. In other words, we should re-born from God to initiate a new journey.
While the Chaldean Church does not hide its concern and fears regarding what is happening, it confirms that Christmas prayers are for peace and security in the region and around the world. Also, it expresses its solidarity with all those living in difficult and apprehensive circumstances as well as the humanitarian needs in Gaza, Lebanon, Syria and elsewhere.
Based on the peaceful message of Christmas, the Chaldean Church calls upon all world LEADERS to show responsibility and courage in finding an enduring peaceful solutions to terminate the conflicts in the region. Solutions that rise to the aspirations of the regional nations in having a concrete security, comprehensive reform that restores their rights, dignity and sovereignty.
The East, historically known as the cradle of prophets, land of civilizations and glories, needs in these difficult circumstances rationality, wisdom, discernment and joined efforts to achieve national reconciliation and move towards a better future, rather than being dragged into more conflicts and divisions.
His Holiness Pope Francis addressed for the World Day of Peace, to be celebrated on January 1, 2025: “May 2025 be a year in which peace grows! A true and permanent peace, one that does not stop at the “tricky” agreements or at the table of half-measures of humanitarian solutions. Let us seek true peace, which God grants to a heart that has been disarmed, a heart that overcomes despair for a future full of hope, believing that every human being is a treasure for this world.”
Regarding Iraq
we call for holding onto a comprehensive national identity: building a state based on citizenship, according to modern foundations that guarantee equality for all Iraqis, restricting the use of weapons, fighting corruption, and rejecting both sectarianism and the spirit of revenge, same as stated by the Grand Ayatollah Sayyid Ali al-Sistani few weeks ago. The diversity of ethnic and religious identities as a richness in our societies, should be respected. Overall, we must join forces, and work together for the good of our country because we are sharing this land.
Christian Fears
we are a fundamental component of the Iraqi fabric, our presence is deeply rooted in the history of Iraq (Mesopotamia), we are the Chaldeans of the Kingdom of Babylon, Al-Mada’in (Baghdad), the “House of Wisdom”, the Assyrians of the Nineveh Kingdom and the Syriacs of Tikrit and the Monastery of St. Mattai. Christians are among the founders of Iraq, and their loyalty has always been to their country. However, in the last two decades Christians have suffered a lot from “conflicts”, the rise of hatred discourses (promoted by Al-Qaeda and ISIS elements), marginalization and the seizure of their competences and properties, which prompted two-thirds of them to emigrate, in spite of being the elite.
Our desire is to stay on our land, communicate and keep good relations with everyone. As long as we hold the same identity as all Iraqis. we are waiting eagerly to restore our rights and given a chance to play a role in building the new Iraq and consolidating coexistence. We hope that the government will do us justice with actions and not word. We will never ever submit to any armed faction!
Finally
in Christmas and the Holy Jubilee Year 2025, the Year of Hope, we raise our prayers to God so that peace, security and safety may triumph for all as God wants.

Merry Christmas and Happy New Year to Iraq and the whole world

Chaldean Patriarchate in Iraq declares independence from council of Christian sects

December 16, 2024

On Monday, the Chaldean Patriarchate in Iraq announced its disassociation from the Council of Christian Sects in Iraq, affirming its commitment to independence and spiritual principles.
"Regarding the so-called Council of Christian Sects in Iraq, we know who is behind this council. We, the Chaldeans, who represent 80% of Iraqi Christians, are not part of it and will not engage with it," the Patriarchate's media office stated.
The statement continued, "None of the participants in this council are heads of sects; they are bishops or priests, and their sect leaders reside in other countries, except for the venerable head of the Assyrian Church of the East, whose center is in Erbil."
"We have called for the formation of the Council of Iraqi Churches, which is more acceptable because we are churches, not sects. The term 'sect' or 'millet' was introduced by the Ottoman Empire. This council has not achieved a single thing for Christians and has not taken a clear stance for Iraqis since its establishment."
The statement further highlighted, "To some of them, we say: those who buy you today will sell you tomorrow. Christianity is about nobility, elevation, principles, and ethics. We, the Chaldeans, remain committed to our independence, spiritual principles, and patriotism. We stand by all our fellow citizens and support them in good times and bad."

13 dicembre 2024

Siria. Card. Sako: “Una grande sorpresa per tutto il Medio Oriente. Speriamo che i capi dell’opposizione siano sinceri”

12 dicembre 2024
Daniele Rocchi

“Una grande sorpresa. Non solo per i siriani ma per tutto il Medio Oriente. È stato un evento rapido che ha portato un grande cambiamento. Speriamo bene per la Siria”. Così il patriarca caldeo di Baghdad, card. Louis Raphael Sako, commenta la repentina caduta del regime di Bashar Al Assad per mano delle milizie di Tahrir al-Sham (Hts).
“Ho parlato con altri patriarchi, anche ortodossi, e con il nostro vescovo caldeo, mons. Antoine Audo, che si trova ad Aleppo: tutti sono concordi nel manifestare speranza per il futuro anche se non nascondono timori”, aggiunge il cardinale. “I capi dell’opposizione armata che hanno preso il potere parlano di un regime civile, di una Siria nuova, rispettosa dei diritti dell’uomo e con un Governo che dovrà vedere la partecipazione di tutte le componenti politiche e sociali. Speriamo che siano sinceri”.
Quanto potrebbe influire una Siria pacificata sull’Iraq e sul Medio Oriente?
Se le cose si svolgeranno in maniera pacifica tutta la regione ne avrà beneficio, non solo l’Iraq ma anche il Libano, Israele, la Turchia, la Giordania, lo stesso Iran. Ne sono certo.
In questo caso, crede che molti siriani, anche cristiani, fuggiti dalla guerra civile torneranno in patria?
Penso di sì. I cristiani siriani erano il 20% della popolazione, ora solo l’1%. Tanti sono in Turchia, in Giordania, in Libano e anche in Iraq. Perché tornino occorre che ci siano condizioni politiche, sociali ed economiche favorevoli. Che riabbiano indietro le loro case, il loro lavoro, le loro proprietà. In sintesi un futuro. E questo vale anche per altri Paesi della regione che, è bene dirlo, devono rivedere le loro posizioni. Non possono pensare di mantenere il loro potere per sempre. In Siria in pochissimi giorni è cambiato tutto.
La parola chiave è sempre più “cittadinanza” che, se applicata, elimina le diseguaglianze tra i cittadini, i settarismi. Siamo tutti uguali, non ci sono differenze tra persone di fedi politiche e credenze religiose diverse. Ognuno deve essere libero di credere o no. Dio rispetta la libertà dell’uomo e noi non dobbiamo forzare la gente a praticare la religione o trasformare la religione in una ideologia da imporre con la forza. La riconciliazione, la pacificazione e il dialogo sono strumenti per risolvere le controversie. A questo riguardo spero tanto che presto si possa arrivare ad un accordo per il cessate il fuoco a Gaza e per la liberazione degli ostaggi.
Com’è la situazione in Iraq adesso?
La situazione è un po’ tesa visto quanto accaduto in Siria. C’è un po’ di paura tra la gente e ci si chiede quali conseguenze questo cambio di regime dopo Assad potrà avere in Iraq. Crediamo che eserciti, milizie e armati debbano essere sotto il diretto comando dei Governi centrali. La pace e la guerra devono essere decisioni che solo i Governi possono prendere e non altri.
A proposito di milizie, fa discutere in Iraq la presenza della Brigata Babilonia, comandata da Ryan “il caldeo”, che ha legami con l’Iran. Composta da cristiani e da musulmani sciiti del sud dell’Iraq, su questa milizia e il suo capo pendono accuse di corruzione e esproprio illegale di proprietà dei cristiani assiri nella piana di Ninive…
Questa brigata attua il proprio potere soprattutto nella Piana di Ninive che governa anche mettendo mano su tutto ciò che è cristiano. Questa situazione è destinata a finire. La volontà dei cristiani deve essere rispettata, come anche le loro proprietà. I membri di questa milizia facciano politica come gli altri e lascino liberi i cristiani. I loro miliziani non possono essere “usati” contro i cristiani, per scopi personali. Le nostre sono comunità pacifiche che cercano solo il bene dell’Iraq.
Non è lecito ottenere, con il denaro, l’appoggio di appartenenti al clero per portare avanti obiettivi che nulla hanno a che vedere con il bene comune. Questo “fenomeno della corruzione” confligge con la morale cristiana e deve spingere alcuni, anche nella Chiesa irachena, a rivedere il proprio atteggiamento: non si possono accettare soldi sottratti al bene comune.
Dobbiamo avere una voce pubblica, profetica, per difendere i diritti dell’uomo, i poveri e coloro che sono oppressi e non cercare i nostri interessi particolari.
Nel 2014 i terroristi dello Stato islamico invadevano la Piana di Ninive, luogo simbolo della cristianità irachena, costringendo 120mila cristiani a fuggire. Dopo 10 anni quanti sono i cristiani che vi hanno fatto ritorno?
Dopo la liberazione dallo Stato Islamico, il 60% dei cristiani sono ritornati, gli altri sono rimasti in Kurdistan dove hanno trovato una nuova casa e un nuovo lavoro. Ma ci sono tanti, in questo 60%, che hanno scelto di emigrare. Una forte spinta a partire è stata determinata dalla presenza di milizie armate che controllano tutto e anche dal tragico incendio, il 26 settembre 2023, in una sala durante un matrimonio a Qaraqosh. 133 morti, centinaia di feriti. Un numero doppio rispetto alla strage alla cattedrale siro cattolica di Nostra Signora del Soccorso, a Baghdad, nel 2010, dove si contarono una cinquantina di morti. Sono famiglie che hanno perso fiducia nella politica, nei Governi, temono per il futuro, non si sentono libere e non vedono stabilità e sicurezza. Tuttavia, spero che l’Iraq possa trarre una lezione benefica da quanto accaduto nel suo passato.
Nonostante le sue grandi risorse e ricchezze naturali, cosa impedisce all’Iraq di prosperare e garantire un futuro stabile ai suoi cittadini?
La corruzione. Incontrollabile. Milioni e milioni di dollari che vanno via. La corruzione è diventata cultura in Iraq.
Per sconfiggerla i Governi devono creare occupazione, servizi, infrastrutture, costruire strade, scuole, ospedali, centrali elettriche. A questo deve servire il denaro pubblico, per il bene comune, e non per gli interessi personali, di partito, di tribù, fazioni e di pochi altri. In Iraq il settarismo è ancora un problema grande anche se con questo Governo le cose sembrano andare un po’ meglio. Tutti i responsabili politici devono lavorare per dare al popolo, a tutto il popolo, una vita dignitosa, rispettosa dei diritti e un futuro di pace.
Non propriamente un compito facile se pensiamo anche all’influenza di Paesi stranieri, come l’Iran, sull’Iraq…
Ribadisco che bisogna rispettare la sovranità di ogni Paese e mantenere buone relazioni tra Governi e leader, anche religiosi. La collaborazione e l’amicizia fra le comunità religiose è importante perché, come disse Papa Francesco nella sua visita in Iraq, nel 2021, “coltivando il rispetto reciproco e il dialogo, si può contribuire al bene dell’Iraq, della regione e dell’intera umanità”.
Ricordando quel viaggio papale non possiamo dimenticare la visita a Najaf del Pontefice al grande ayatollah Sayyid Ali Al-Husayni Al-Sistani, leader della comunità sciita nel Paese. Da quell’incontro prese le mosse un cammino di dialogo che lei stesso ha cercato di sostenere in questi anni. Con quali esiti?
Il cammino e i legami interreligiosi sono molto vivi. Anche se non possiamo incontrarci molto, perché l’ambiente non lo facilita, ci sentiamo spesso. Noi cristiani abbiamo rapporti amichevoli con sciiti, sunniti e con altri gruppi religiosi. Il problema non sono i capi religiosi ma i politici. Tutto è legato alla politica del Paese che deve perseguire il buon governo dell’Iraq. Le religioni devono dare il loro contributo eliminando al loro interno divisioni e frammentazioni. Con l’unità si prepara l’avvenire del Paese.
Più volte lei ha auspicato un documento, analogo a quello sulla Fratellanza umana di Abu Dhabi, firmato con l’imam sunnita Al Tayyeb, con il mondo sciita. Sono maturi i tempi per un testo simile?
Penso di sì. Ricordo le parole di Al Sistani rivolte ai cristiani prima dell’arrivo del Papa e che campeggiavano in grandi poster a Najaf e a Baghdad: “Voi siete parte di noi e noi parte di voi”. Parole chiare di fratellanza.
Io credo che ci sia lo spazio per redigere un documento con il mondo sciita nel quale l’Iran ha un suo peso. Un documento che potrebbe educare i fedeli delle due religioni, rassicurarli sull’importanza del dialogo, sul fatto che siamo fratelli nell’umanità e nella fede abramitica. Bisogna accelerare il passo per trovare una strada per arrivarci.
Eminenza, siamo vicini al Natale e mai come quest’anno la festa si inserisce tra le pieghe di conflitti vecchi e nuovi, Gaza, Palestina, Israele, Libano. Che Natale sarà questo che sta per arrivare?
Il Natale non è solo per i cristiani ma è per tutta l’umanità. Gesù, Figlio di Dio, nasce per incarnare valori spirituali e umani di pace, di speranza, di dignità, di diritti, valori che sono espressione divina. Dio ha creato l’uomo perché vivesse felice. Tutti gli uomini sono chiamati a vivere da figli di Dio e quindi da fratelli. I leader politici devono sentire questa coscienza e questa responsabilità. Tutto ciò che Dio ha fatto è per l’uomo. Vivere negando questi valori vuol dire negare l’ordine internazionale nel quale l’uomo costruisce la sua vita e dignità di figlio di Dio.
Natale è una chiamata per tutti, cristiani e musulmani, per coloro che credono e che non credono. Noi come Chiesa non dobbiamo avere paura di parlare di questo, non essere timidi. Gesù ha preparato la strada alla vera felicità dell’umanità. Questo è l’annuncio.

10 dicembre 2024

Pastoral letter for the Holy Year 2025. The Jubilee is a spiritual opportunity for “new beginnings” for the Church and for all humanity

Cardinal Louis Raphael Sako 

 The motto of Hope
“For you have been my hope, Sovereign Lord, my confidence since my youth” Psalm 71:5. This verse from Psalms powerfully expresses the motto chosen by Pope Francis for the Holy Jubilee Year 2025, “Pilgrims of Hope,” which will begin in a few weeks.
Hope is a deep explanation of the Jubilee. Hope does not come from outside, but from the Lord, and it brings us consolation. Hope moves everything forward, so we must keep its flame burning within us, and carry its light into the darkness of a divided and wounded world.
We should not confuse hope, with an emotional feeling of optimism for positive results in the face of life’s difficulties, with hope, which is a great theological virtue and a faith-based attitude for living with confidence and stability.
The basic question posed to us in the Jubilee Year is: How do we firm hope in people? And how do we carry it to a world that seems to have withdrawn from it?

Reconciliation is at the heart of the Jubilee
The Jubilee is a long-standing tradition, with great spiritual value. The Catholic Church has lived it throughout its long history, making it a sacred time for believers. The Jubilee is a time of faith and spirituality, rooted in the Bible, aimed at purifying oneself and restoring one’s relationship with God, with others with whom we live, and with creation. This is what the Pope’s letter (we are all brothers – Fratelli tutti) calls for, and to be responsible for our common home (be praised – Laudato si’). The word “Jubilee” refers to the celebration of the joy of reconciliation and forgiveness that we receive from God and from others.
This change cannot be achieved without strengthening our trust in God and our obedience to Him, through prayer and listening to the Holy Spirit who guides us in times of sin, crises and fatigue, as the Synod of the Synodality of October 2024 confirmed.
We pastors are called first and foremost to examine ourselves and our fidelity to the mission entrusted to us as witnesses who listen to the Holy Spirit to guide our people to what God wants. We are pastors to bring the joy of the Gospel, the love of God, His mercy and forgiveness, and not to manage the affairs of the Church as businessmen!
I also invite the faithful to read carefully the Encyclical Letter “He loved us- Dilexit nos” of Pope Francis, which has a spiritual value for this Jubilee. It helps us to reflect on the theme of the Jubilee and to have the hope that leads us on an “inner spiritual pilgrimage and sharing love (God’s love for us) with others. This love frees us from self-aggrandizement, selfishness, corruption and the spirit of revenge.

Courageous reconciliation is the first step of the Jubilee
The Jubilee is an opportunity to begin a new phase that the Bible calls repentance, to get rid of the painful past and start better to live in peace, joy and happiness. The first step we take to awaken our truth is reconciliation and change through examining our conscience: events, self-truth, and relationships in a confused society.
The great change involves the way of living the faith and living relationships at all levels in society and the Church, with special attention to the dimension of behavioral change.
Reconciliation lies in addressing hostility, resentment, and the spirit of revenge through clear admission of wrongdoing, deep inner regret for what we have done wrong, the courage to ask for forgiveness, and the attempt to change our behavior so that we may live in peace and harmony. Just as God opens the door of mercy, grace, and forgiveness to those who truly repent, we too must forgive those who have wronged us and ask forgiveness for those whom we have wronged. Is it not to this repentance that the official opening of the doors of the major churches at the beginning of the Jubilee indicates?
Admitting mistakes and asking for forgiveness are essential steps to healing wounded memories. This is what Jesus Christ taught in Our father’s Prayer: “Forgive us our trespasses, as we forgive those who trespass against us” (Matthew 6:12). “If you do not forgive others their trespasses, neither will your father forgive your trespasses” (Matthew 6:15).
Thanks to this mercy that we receive from God and accept, we can forgive others for their wrongdoings against us and transform “forgiveness and reconciliation” into joy.
The Jubilee is a unique opportunity to reach out to others, towards mutual review and fraternal disclosure under the inspiration of the Holy Spirit. For the courage of mutual reconciliation, and the joy that flows from it, is incomparable to that of unchristian disputes and alignments.
The Church has an educational and pedagogical mission, which was emphasized by the Synod of Synodality. The sinodal-conciliar Church is a living Church with a mission. Here I think about the importance of Christian Formation according to the orientations proposed by the catechism documents decades ago, which I believe we Easterners have not benefited from! This is because the correct formation becomes a formation-transformation. Here I mention the issue of reviewing the role of language, terminology and style in transferring the faith, communicating with the needs and expecting’s of believers, and the necessity of training preachers and teachers of “catechism” on sustainable developments.

The Jubilee and Human Tragedies are an Opportunity for a More Honest Humanity
How can we nurture hope for peace in the face of the families of those who lost their lives in conflicts, wars and terrorism, or people who lost their homes, properties and jobs and live in camps dominated by fear, poverty and need for everything?
The future of a better world requires abandoning the manufacture of advanced and deadly weapons and focusing on eliminating the causes of destructive conflicts and tragedies of injustice, greed, corruption and carelessness, and creating balances, stable harmony and security between peoples and countries.
As Christian, Muslim and Jewish believers, we must realize that God is for all and wants good for all. The injustice that is happening in our world is completely contrary to the will of God, who created man and loves him and created the universe: “God saw that it was good ” (Genesis 1:12) and sustains it.
The Church (and other religious authorities) has a great commitment to raise its prophetic voice loudly in support of tangible solutions, in changing the way of living fraternal relations, in peace, stability and equality, in freedom, dignity and respect.
This approach to current issues is based on Christ’s announcement of his Jubilee program in the Nazareth Council, based on the text of the Prophet Isaiah (61/1-2): “The Spirit of the Lord is upon me, because he has anointed me to preach good news to the poor. He has sent me to proclaim freedom to the captives and recovery of sight to the blind, to set at liberty the oppressed, to proclaim a year of the Lord’s favor” (Luke 4/18-19).
Yes, the Church needs a new strategy to link these humanitarian and social issues with faith. The Church can draw on all people of good will, and there are many who want to do something for peace and stability. Pope Francis said: “I hope that the Jubilee will be an opportunity for a ceasefire in all the ongoing conflicts” (in his introduction to the book entitled “The Jubilee of Hope, December 4, 2024”). This is hope.

Activities

On the common level:
The Patriarchate and the dioceses inside and outside the country will certainly organize various activities, including:
Organizing a spiritual and liturgical service for the Jubilee: common prayers and special masses, meditation sessions on the Word of God and common penitential services.
Volunteer generously in the service of charity: serving the poor, the sick and the disabled. Pope Francis says that every act of mercy is a sign of hope (Sunday Mass homily 11/17/2024 on the Day of the Poor).
It is preferable for each diocese to organize a group or more for pilgrimage to the holy places, with the number limited to 30-40 to continue throughout the year. This organization ensures the continuity of our church’s presence in these church gatherings of high spiritual value.
Visiting four churches in the diocese, and the global shrines in Rome, Assisi, Cascia and Lourdes in France, and Our Lady of Fatima in Portugal or the Basilica of Saint Theresa in Cairo where the statue of Our Lady of Fatima stands. I also emphasize pilgrimage to our roots in Iraq and the ancient monasteries and churches: the Monastery of Rabban Hormizd, Mar Oraha, the Church of the Immaculate Conception in Mosul, Mar Isaiah and Miskanta, and the Church of Kokhi and Our Lady of Sorrows in Baghdad and the new Church of Abraham al-Khalil in Ur al-Nasiriyah.
In Baghdad, we have formed a committee to organize the pilgrimage inside and outside Iraq.
The faithful lesson of the Jubilee and of Christmas, which is approaching: to learn from the experience of Mary, Joseph, the shepherds and the Magi: to deepen our faith and trust amid many changes and difficult challenges, and to listen to the Word of God through events-signs, and deep contemplation. When we let His voice speak to our hearts, then we will clearly find everything that God wants to say to us, so that we can embody it with joy and pass it on with hope to others.
Let us place this journey under the protection of our Mother Mary, so that she may accompany us in the Jubilee Year and in our entire journey of faith, as she accompanied her Son Jesus.

A Holy Jubilee Year for All

1 dicembre 2024

Proposed amendments to Iraqi law undermines women’s dignity, says human rights expert

Georgena Habbaba
November 29, 2024

Recent attempts to amend Iraq's Personal Status Law — a civil set of laws regarding family life — have sparked significant controversy.
The proposed amendments pertain to issues such as the minimum marriage age for females, registering marriages in courts, divorce rights, and child custody and would have “no positive outcomes,” according to Dr. Muna Yaqo, Chairperson of the Independent Human Rights Commission in the Kurdistan Region.
“The amendment deprives women of their rights, such as pension,” Yaqo told ACI MENA, CNA’s Arabic-language news partner. “For instance, any wife whose husband does not derive physical pleasure from her, whether due to illness or old age, is denied a pension. This is a grave human rights injustice.”
It is not the first time attempts have been made to amend the Personal Status Law. The earliest attempts date back to 2003 when Abdul Aziz Alhakim, who had assumed the rotating presidency of the Transitional Governing Council, issued a decree repealing the law and reverting to Sharia law.
However, this decision was later rescinded.
Yaqo, an expert in international law and minority issues, clarified that the proposed amendment does not directly concern Christians, noting that “the first article specifies its scope of application for Muslims, granting Iraqis the right to choose between Sunni and Shia doctrines when contracting marriage.”
However, she pointed out, “As an Iraqi, it is disheartening to discuss a law that permits child marriages in 2024.”

A call for a unified Christian Personal Status Law

As a Christian, Yaqo sees an opportunity in the proposed amendment.
“If passed, it would strengthen the case for presenting a draft Personal Status Law specific to Christians.”
She urged Iraq’s churches to reach a consensus on issues like marriage, divorce, and inheritance to prepare a unified draft law.
Nevertheless, Yaqo expressed grave concern over the mere attempt to amend the law. “Iraq has been a party to the Convention on the Elimination of All Forms of Discrimination Against Women (CEDAW) and the Convention on the Rights of the Child for decades.
Enacting a law that contravenes these treaties would create a glaring contradiction in Iraq’s official stance.
Should the Parliament insist on passing the amendment, Iraq will face embarrassment as a country failing to honor its international commitments,” Yago said, adding: “By signing the Convention on the Rights of the Child, Iraq committed to prioritizing children’s welfare, focusing on education and health — not marrying off minors.”

A step backwards for women’s rights 
Yaqo called the proposed amendment a regression for women’s rights, undermining the dignity safeguarded by Iraq's Personal Status Law No. 188 of 1959.
“This is a significant setback,” she said.
“Instead of progressing, we are regressing. Legally, marriage is a consensual contract between two competent adults. How can a 9-year-old girl be deemed capable of entering such a contract?”
She further referenced jurisprudential sources.
“The Ja’fari school not only permits marriage for 9-year-old girls, but also allows infant betrothals and certain sexual practices with minors, such as fondling,” she said.
 
Constitutional challenges and contradictions 
Yaqo highlighted the complex political circumstances under which Iraq’s constitution was drafted.
“Unfortunately, compromises resulted in Article 41 of the Iraqi Constitution, which states: ‘Iraqis are free to adhere to their personal status laws according to their religions, sects, beliefs, or choices, to be regulated by law.’”
She also noted that Article 2 of the Constitution requires laws to align with the immutable principles of Islam. However, since there is no consensus between Sunni and Shia sects on issues like marriage and divorce, the Federal Supreme Court’s Decision No. 147 of 2023 — which defines Islamic principles as those unanimously agreed upon across all sects — renders reliance on Article 2 inapplicable. >
Yaqo argued that the recent amendment proposal was cleverly crafted by focusing on only two articles. However, modifying these would effectively dismantle the entire Personal Status Law, replacing it with sect-based jurisprudence.
Iraq’s Personal Status Law is considered one of the region’s most progressive.
Yaqo commended the Federal Supreme Court’s acknowledgment that Article 41 requires amending, stating, “This means it cannot serve as a basis for amending the Personal Status Law, as no law can be issued without a constitutional foundation.”

A unified civil law: Patriarch Sako’s vision
Chaldean Patriarch Louis Raphael Sako has also addressed the proposed amendments.
In a prior interview with an Iraqi TV channel, he reiterated his call for a unified civil law applicable to all citizens, regardless of religion — similar to the practices of advanced nations.
“Today’s reality differs from decades ago,” he said. “Women now hold leadership roles and occupy high positions in society.”
He drew attention to Biblical teachings affirming equality and complementarity between men and women, adding, “In Christianity, inheritance laws are equal for men and women. We do not consider women deficient in reason or faith.”
He also stressed that Iraqi churches do not permit marriage under the age of 18. Regarding divorce, the Patriarch explained that in Christianity, marriage is not a contract but an eternal covenant. Exceptions apply only when a marriage is deemed null due to “improper foundations.”

This article was originally published by ACI MENA, CNA's Arabic news partner, and has been translated and adapted by CNA.